Marco Berchi; M. B., Il Messaggero 17/10/2013, 17 ottobre 2013
ESCHER, L’ARTE DELLA MATEMATICA
[due pezzi]
LA MOSTRA
Sei “portato” per l’arte? Puoi ignorare la matematica. Sei bravo a disegnare? Tieniti distante dall’aridità della geometria. Quanti luoghi comuni, quante stupidaggini e quanti errori tragici sulla pelle di ragazzi e bambini in età scolare in nome della presunta dicotomia tra fantasia e rigore, tra disciplina e genialità.
Vien da pensarlo — e il pensiero lascia quasi senza fiato — accostandosi alla figura e alle opere di Maurits Cornelis Escher, lo straordinario incisore e grafico olandese protagonista di una mostra che aprirà sabato prossimo alla Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia. Architetti, matematici, intellettuali sono stati affascinati per decenni dai lavori di questo meraviglioso artista che, proprio perché tale, ha sempre saputo parlare anche alle persone comuni, al “grande pubblico” grazie alla più importante caratteristica della sua arte: mostrare che la realtà ha dentro di sé un mistero che sfugge da tutte le parti e che richiama a un “oltre”.
I COORDINATORI
Marco Bussagli, docente all’Accademia di Belle Arti di Roma, Federico Giudiceandrea, collezionista e studioso, e Luigi Grasselli, ordinario di Geometria e pro-rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, con il coordinamento di Piergiorgio Odifreddi — logico e matematico di prestigio internazionale — hanno raccolto 130 opere, tra xilografie e mezzetinte, che illustrano il percorso di Escher tra tassellature ubriacanti, costruzioni impossibili, prospettive vertiginose e geometrie in costante metamorfosi. Oltre ai capolavori, saranno in mostra disegni, filmati e interviste all’artista che si inserisce in una visione che parte dal Medioevo e da Dürer per giungere sino al Surrealismo.
Nato in Olanda a Leeuwarden nel 1898, cresciuto ad Arnhem, Escher dovette molto all’Italia, conosciuta dapprima in una serie di viaggi e diventata poi sua patria di elezione e terra di ispirazione grazie a lunghi percorsi — anche a dorso di mulo — a caccia di soggetti per le sue incisioni. Fortissimo il legame con Siena e di grande interesse i rimandi tra la sua opera e, ad esempio, lo straordinario tappeto di marmo del Duomo o lo stesso stemma bianco e nero della città. Abbandonata la Penisola nel 1935 a causa del clima irrespirabile creato dal fascismo, lontano dalle suggestioni naturalistiche tanto amate della nostra terra, letteralmente orfano del paesaggio e dell’architettura italiani, Escher cambia prospettiva e si dedica esclusivamente alle “visioni interiori” con uno stupefacente campionario di giochi ottici, prospettive invertite e veri e propri paesaggi illusionistici che lo renderanno universalmente famoso.
«Con le mie stampe» scrisse l’artista olandese «cerco di testimoniare che viviamo in un mondo bello e ordinato e non in un caos senza forma, come sembra talvolta. I miei soggetti sono spesso anche giocosi: non posso esimermi dallo scherzare con le nostre inconfutabili certezze. Per esempio, è assai piacevole mescolare sapientemente la bidimensionalità con la tridimensionalità, la superficie piana con lo spazio, e divertirsi con la gravità. È piacevole osservare che parecchie persone sembrano gradire questo tipo di giocosità, senza paura di cambiare opinione su realtà solide come rocce».
IL GIOCO
E proprio la giocosità sarà in campo a Reggio Emilia, con suggestive installazioni che permetteranno ai visitatori di immergersi nel mondo di Escher; un mondo in cui la geometria e la matematica entrano in rapporto con la mano dell’artista e con la sua ricerca sullo spazio reale e su quello virtuale. Inoltre, due conferenze — una terza si è già svolta l’11 ottobre — offriranno ulteriori spunti di conoscenza sull’artista; di particolare interesse si annuncia quella del prossimo 8 novembre, con Odifreddi e Bussagli a parlare delle due facce del genio di Escher, fra matematica e storia dell’arte. Naturalmente, non mancherà lo spazio per approfondimenti sugli aspetti psicologici e percettivi dei lavori dell’incisore olandese. Ma, in ogni caso, non servirà essere degli esperti per guardare con ammirazione lavori come “Mani che disegnano” o “Concavo e convesso” e, nel piccolo spazio di un’incisione, per affacciarsi a bocca aperta sul mistero che l’arte, la matematica e tutto lo sguardo e la ragione dell’uomo non finiranno mai di scandagliare.
Marco Berchi
LO STUDIOSO: «ERA UN GENIO A DUE FACCE»–
IL CURATORE
Matematico, studioso di logica, divulgatore, polemista, star mediatica e fresco di corrispondenza pubblica con Benedetto XVI, Piergiorgio Odifreddi è coordinatore scientifico della mostra di Reggio Emilia.
Perché Escher è un genio a due facce?
«Le sue due facce erano l’arte e la matematica, e lui ha trovato un ottimo metodo per coniugarle».
Utilizzava in modo diretto la matematica nelle sue composizioni?
«Sì, anzitutto inserendo nelle sue opere artistiche idee e tecniche di una matematica intuitiva, che in parte aveva intuito e sviluppato da solo. E poi, illustrando in maniera artistica idee di matematica tecnica, quali la geometria non euclidea, che gli erano state suggerite o fatte conoscere da matematici professionisti, quali Coxeter e Penrose».
Escher muore prima del boom dell’informatica. Cosa farebbe oggi, ad esempio con le applicazioni di realtà virtuale?
«Con i mezzi informatici, Escher avrebbe potuto concentrarsi di più sulla concezione delle proprie opere, lasciando al computer la loro realizzazione. Lo dimostra la profusione di opere "alla Escher" che si trovano in rete, che utilizzano in maniera quasi automatica le sue idee. Ovviamente, però, per un artista la realizzazione pratica e manuale di un’opera è un aspetto fondamentale del proprio lavoro, e dunque probabilmente avrebbe continuato a fare quello che faceva, senza preoccuparsi troppo delle novità tecnologiche.
M. B.