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 2013  ottobre 17 Giovedì calendario

VINCE OBAMA, PERDE LA POLITICA


Il volto nuovo e problematico della democrazia americana è quello di Michael Needham, un giovane di 31 anni che ha tenuto per settimane sotto scacco Washington e i mercati mondiali. È lui, capo della Heritage Action, a controllare dall’esterno, con FreedomWorks, il voto di 24 irriducibili teapartisti. È lui che ha formato un partito ombra “pesante” contro la tradizionale leggerezza dei due grandi partiti americani; che ha organizzato una resistenza dell’ultima ora contro un voto che doveva salvare l’America dal default. Alla fine è stato sconfitto. Con l’accordo di ieri al Senato, hanno vinto Obama e la “democrazia illuminata".

Ma dopo lo scampato pericolo "insolvenza", il problema politico americano resta. La farsa, come l’ha chiamata Warren Buffett, è solo a fine primo tempo perché le lancette della crisi sono spostate in avanti, ai primi di febbraio. E una democrazia che rimanda invece di concludere non rassicura. Per questo oggi sulla questione economica, sui costi dello shutdown, sui pericoli per un mercato che non ha mai perso i controllo dei nervi, prevale la questione politica: quanto è forte l’America se la sua democrazia può cadere in ostaggio di una banda di irriducibili estremisti?
Vladimir Putin ha già dato una risposta provocatoria sul New York Times l’11 settembre scorso: ci sono «molte strade per la democrazia», scrisse quando volle impartire una lezione sull’eccezionalismo americano. Alla sua voce si è aggiunta nei giorni scorsi quella della Cina: basta con l’americocentrismo economico, rischiamo tutti troppo da queste incertezze politiche.
Ma guai a confondere l’instabilità con la libertà. Noi sappiamo che la democrazia americana resta forte. Non c’è dubbio che la volatilità politica a Washington faciliterà l’”American bashing”, l’attacco a un’America debole. Washington soffre per lo scandalo Nsa, per l’ingarbugliata gestione della crisi siriana, per la chiusura del governo e lo scampato pericolo di un default. Una caduta di immagine di leadership internazionale c’è. Ma i passaggi da una caduta d’immagine alla fine dell’influenza americana sono troppo rapidi e poco informati.
La volatilità americana fa parte di un confronto dialettico che conosciamo da decenni. Non ci fu forse la destra religiosa che si infiltrò nel partito repubblicano e che influenzava dall’esterno il voto in Parlamento a cavallo degli anni 80/90? Le tattiche erano simili a quelle di Michael Needham: nel 1995 ci fu un’altra serrata del governo americano. Ma la destra estrema ne uscì con le ossa rotte. Si dice che il rinnovo della Camera ogni due anni è deleterio. Che porta i deputati a una campagna elettorale continua. Possibile, ma il sistema non cambierà.
Ma bisogna anche concludere oltre che rimandare. Richard Haas, capo del Council on Foreign Relations, repubblicano centrista, ha scritto un libro in cui raccomanda di recuperare la forza economica a casa per poter esercitare l’influenza all’estero. L’America ci sta provando: è su un buon sentiero di crescita, ha rimesso a posto il settore bancario e quello immobiliare, poggia su un mandato doppio della Fed, che può rilanciare l’occupazione a scapito della stabilità dei prezzi. Ma la sfida dei partiti "ombra" andrà seguita. Perché se invece di indebolirsi Needham e il suo manipolo di irriducibili si rafforzerà, concludere sarà sempre più difficile. Intanto ieri in America abbiamo visto un esercizio di democrazia sconosciuto sia a Mosca ne a Pechino.