P.NEG., La Stampa 17/10/2013, 17 ottobre 2013
“SENZA SAPERLO ABBIAMO SCRITTO LA COLONNA SONORA DELL’ERA POSTSOVIETICA”
[Pupo]
Sabato scorso Enzo Ghinazzi, per tutti Pupo, ha cantato a Erevan, Armenia, davanti al presidente della Repubblica e a centomila spettatori. «E’ stato incredibile - racconta - al palco non riuscivo a vedere fin dove arrivava la gente. Era una di quelle piazze gigantesche di epoca sovietica e io ero l’ospite d’onore per il 2795esimo anniversario della fondazione della città. Il balletto nazionale armeno ha danzato sull’aria di Gelato al cioccolato e poi ho cantato altre sei canzoni per quel mare di gente. Niente male, vero?».
Niente male davvero: ma come è potuto succedere tutto ciò?
«Non sa quante volte ho provato a chiederlo a tante persone dell’Europa dell’Est senza avere risposte convincenti Anzi, senza riuscire neppure a far capire la domanda. So solo che i miei dischi uscivano in Unione Sovietica con la casa discografica di Stato, ma è dopo la fine della guerra fredda che noi siamo esplosi».
Mi sta dicendo che la canzone italiana è la colonna sonora della nuova Russia?
«Sì, è così. La musica che noi abbiamo prodotto negli Anni Ottanta per loro è tradizione italiana. E per questo la amano. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica è diventata di moda: abbiamo cominciato cantando alle feste private dei super ricchi e oggi siamo arrivati alla gente comune, al grande pubblico».
Cosa trovano in quelle canzoni, secondo lei?
«Trovano una miscela di melodia italiana e di Schlager Music. Sa cos’è?».
Non proprio…
«E’ la musica pop dell’Europa centrale, molto semplice e ritmata, che in genere trionfa all’Eurofestival, e che appartiene anche ai Paesi dell’Est».
Quindi voi facevate Schlager Music all’italiana senza volerlo?
«E’ incredibile, ma è così. Facevamo gia trent’anni fa, senza saperlo, qualcosa di unico che sarebbe piaciuto da pazzi alla gente della nuova Europa dell’Est. Certo, allora non avrei scommesso un centesimo che il mio destino professionale sarebbe cambiato grazie all’ex Unione Sovietica, e tutti sanno quanto mi piace scommettere».
Oggi il pubblico russo è il più importante per lei?
«I russi mi hanno permesso di sopravvivere quando la mia carriera di cantante era ferma e quella di conduttore televisivo non era ancora decollata. Mi hanno permesso di non finire nel circuito squallido del revival, che tra l’altro è squallido in Italia e altrove no, mi hanno concesso libertà economica e professionale e oggi mi permettono di girare il mondo. Ho cantato per i russi in Canada, in Israele, in Turchia, e ho impegni fino alla fine dell’anno. E’ un pubblico fantastico, che mi tratta come una grande star, che sa quello che vuole e non bada a spese».
E noi in Italia non ce ne rendiamo conto.
«Questo è incredibile. L’ho detto a Fabio Fazio, all’ultimo Sanremo: tu inviti Toto Cutugno con il coro dell’Armata Rossa come se fosse una stranezza un po’ folkloristica, come se noi andassimo a cantare tra gli zulù, mentre questa è una cosa assolutamente seria, potrebbe essere il futuro della nostra canzone. Ogni anno al Festival dovrebbero esserci un paio di cantanti giovani che fanno il nostro genere, canzone italiana melodica e ritmata per il mercato dell’Est. E’ assurdo che dopo trent’anni qui vogliano ancora me, mi chiedo chi prenderà il nostro posto. Ho 58 anni, fino a quando avrò voglia di salire su un aereo un paio di volte la settimana?».
E’ vero che ai concerti di Mosca lei farà anche da conduttore?
«Certo che è vero, con una celebrità locale, Evgenia Koveshnikova. Serviva un conduttore italiano, forse per farne uno speciale televisivo da trasmettere anche in Italia. Poi con Al Bano canterò Su di noi, che qui è un grande successo, e da solo farò Vita da artista, una canzone in minore che piace molto ai russi e alla loro anima malinconica. In Italia nessuno lo sa, ma io qui canto anche in russo».
[P.NEG.]