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 2013  ottobre 17 Giovedì calendario

RE CARLO


[Carlo Ancelotti]

«Nessuno potrà dire che occupo la stanza di Mourinho. L’hotel riservato alla prima squadra è stato inaugurato ad agosto». Carlo Ancelotti è in vena di distinguo. Pianta subito un bel po’ di paletti tra sé e il passato prossimo. La camera 204 nell’edificio dalle linee essenziali del centro sportivo di Valdebebas, cuore operativo del Real Madrid, è in realtà una suite a cinque stelle (abbondanti) e un po’ la fotografia della dimensione sultanesca assunta da Carletto nostro, chiamato a vellicare la grandeur di un club radicato nella grande storia del calcio.
Signor Ancelotti che cos’ha di diverso il Real rispetto a Juve e Milan, gli altri due club di grande tradizione che lei ha allenato?
«Ad assomigliarsi sono soprattutto Milan e Real. Il Milan è il club più titolato al mondo, il Real quello che ha vinto più Coppe dei Campioni. Entrambi hanno storia e tradizione, che poi è quello che fa la differenza. Ed entrambi hanno un pubblico molto esigente. Non a caso il motto del Milan è da sempre vincere e convincere».
Però, con lei in panchina, di gioco al Real non è che se ne sia visto molto.
«Ho cercato di cambiare qualcosa sfruttando di più il possesso palla e se cambi serve tempo. In effetti finora abbiamo giocato brutte partite e le nostre difficoltà sono state amplificate dal fatto che Barcellona e Atletico Madrid hanno sempre vinto. Dobbiamo fare meglio, le critiche che ci sono piovute addosso hanno un fondamento».
Il pubblico sembra diffidente nei suoi confronti.
«Qui i tifosi pretendono e non lo mandano a dire. Però, se come allenatore non farò danni, già dalle prossime partite, Malaga e Juve in casa, il Barcellona al Camp Nou, faremo meglio. Anche perché non si può giocare peggio di come abbiamo fatto con Elche e Levante».
Ma Bale, il vostro botto di mercato, che cos’ha esattamente?
«Nulla. Semplicemente non ha fatto la preparazione. Ora, sfruttando la sosta, si è rimesso in forma e tornerà a giocare».
Non le pare scandaloso averlo pagato più di 100 milioni di euro?
«In linea teorica può sembrare, ma questo è il mercato. E poi il Real ha incassato un sacco di soldi dalle cessioni di Higuain, Ozil e Callejon».
Franco Carraro nel lontano ’78 si dimise dalla presidenza della Lega perché Giussi Farina, all’epoca presidente del Vicenza, aveva valutato 5 miliardi di vecchie lire Paolo Rossi. Come dovrebbe reagire oggi Carraro di fronte alla quotazione di Bale?
«Andandosi a nascondere su un’isola deserta».
Tra Casillas e Diego Lopez non è che lei si sta incartando sui portieri come un tempo Sacchi?
(ridacchia) «La rotazione in porta è un’anomalia ma qui la situazione è particolare. Ho due grandi portieri: uno con meno esperienza e l’altro che è un’icona del Real e del calcio spagnolo. Diego Lopez ha iniziato la preparazione prima di Casillas così sono partito con lui, poi ho deciso di dare a Casillas la possibilità di giocare in Champions perché comunque è affidabile».
L’hanno accusata di nepotismo: suo figlio, preparatore atletico, e il fidanzato di sua figlia, nutrizionista, lavorano con lei.
«Un allenatore nel suo staff vuole competenza e gente fidata. Mio figlio ha competenza, soprattutto entusiasmo e io mi fido di lui. Quanto al nutrizionista che colpa ne ho se mia figlia si è fidanzata con lui?».
La Juve, che settimana prossima incrocerete in Champions, non sembra più la macchina perfetta di un anno fa. Concorda?
«Non so se la Juve sia calata di intensità oppure no. So soltanto che nel campionato italiano è aumentata la concorrenza».
La forza dei bianconeri è...
«Mi sembrano una squadra solida, con un gioco ben definito».
Al Milan si saranno pentiti di avere regalato Pirlo alla Juve?
«Credo proprio di si. Pirlo è sempre una garanzia e lo sarà per molto ancora. Lo volevo con me al Chelsea ma non è stato possibile. Che si prepari, Andrea: lo farò marcare da due mastini».
Quale sarà la chiave della sfida con i bianconeri?
«In partite di questo tipo la cosa più importante è la voglia di avere coraggio, di comandare il gioco. Nel calcio di oggi non ci sono più segreti da scoprire».
Perché i suoi rapporti con la tifoseria juventina sono stati pessimi?
«Precisiamo: con una parte della tifoseria juventina... Perché mi hanno sempre considerato un avversario. Mi hanno sempre visto con la maglia del Milan o della Roma».
Lei ha avuto presidenti/azionisti come Tanzi, Agnelli, Berlusconi, Abramovich, Al Thani, Florentino Perez. Alla sua collezione manca Zamparini.
«In effetti mi manca proprio lui. Ho avuto tante esperienze ma credo che il top sia Zamparini. A tutti i presidenti piace fare la formazione però hanno il pudore di non dirlo. Lui invece lo dice».
Veniamo a qualche scampolo di ricordi parigini. Sente ancora Ibrahimovic?
«Sì. Ibra ha fatto crescere il calcio francese. Io con Ibra ho avuto un rapporto spettacolare. Giocatori come lui ti rendono la vita più facile, non più difficile. Chi sostiene il contrario non sa quello che dice».
E Leonardo?
«Il rapporto è rimasto ottimo. Hanno scritto che non mi avrebbe invitato al suo matrimonio. Balle. Avevo un altro impegno».
Perché ha lasciato partire Kakà per Milano? Gatta ci cova...
«Ma quale gatta! Kakà voleva giocare di più e qui lo spazio era quello che era. Chiaro, il tempo passa per tutti, e lui non ha più lo strapotere fisico di 10 anni fa, ma resta un riferimento sicuro. Questo è un incontro che farà bene al Milan e a Kakà. Il Milan ha bisogno di qualità e lui ha bisogno del Milan».
Un tempo il Milan acquistava Van Basten ora prende Birsa. Traduzione?
«I tempi sono cambiati e il Milan si sta adattando al momento di austerity. Ci sono i periodi in cui si mangia caviale e si beve champagne e altri in cui ti devi accontentare della bruschetta».
Ha letto? Massimo Moratti ha ceduto l’Inter all’indonesiano.
«Appunto. I tempi non sono più quelli di una volta. È l’alternanza tra il caviale e la bruschetta. Moratti ha fatto cose straordinarie per l’Inter, sarà per sempre nella storia».
Se il Milan in difficoltà dovesse lanciarle un SOS, lei tornerebbe?
«Nel ’95, quando iniziai ad allenare alla Reggiana, mi sono detto: nel 2000 smetto. Ora siamo nel 2013. Devo dire che avere avuto la possibilità di lavorare all’estero ha contribuito a restituirmi voglia e passione. L’estero mi ha ricaricato alla grande. Probabilmente se fossi rimasto in Italia avrei già smesso».
Non ha risposto alla domanda sul Milan. Tornerebbe?
«Il Milan è una famiglia per me. Sento spesso Galliani, del Milan so tutto. Io e Galliani siamo rimasti fidanzati».
Ma non voleva appendere la panchina al chiodo?
«Mai detto che voglio smettere. Ho detto: vediamo che succede dopo il Real. Non è la stessa cosa».
Alberto Costa