Sebastiano Vassalli, Corriere della Sera 17/10/2013, 17 ottobre 2013
CONTRO I MAESTRI DI VITA
Non ho figli in età scolare. Se ne avessi uno (maschio o femmina non ha importanza) e se mi dicesse che nel primo giorno di scuola il prof di italiano o la prof di matematica hanno scritto sulla lavagna il loro numero di cellulare: «Chiamatemi in qualsiasi momento», farei di tutto per fargli cambiare sezione. Si è parlato tanto, nelle scorse settimane, del professore di Saluzzo e del suo scandalo, si sono tirate in ballo presunte sette sataniche; l’unica cosa certa, al momento, è che come parecchi suoi colleghi, a nord e a sud del Paese, anche lui apparteneva alla setta, considerata benefica, dei «maestri di vita». Una setta nata negli anni Sessanta per ragioni ideologiche e poi cresciuta nel decennio successivo, quando salirono in cattedra insegnanti arrivati alla laurea attraverso le assemblee, le contestazioni e le occupazioni di quegli anni. La caratteristica del maestro di vita è che considera la propria materia secondaria rispetto alle vite degli allievi, in cui finisce per immedesimarsi ben al di là di quanto prevede il suo ruolo. Nonostante ciò, ci sono film e romanzi che lo celebrano; i presidi e l’istituzione scolastica lo difendono; la gente (si è visto anche a Saluzzo) lo ama. Io invece credo che sia l’esatto contrario di un buon insegnante, anche se non va a letto con le allieve: cosa posso farci?