Roberto Giardina, ItaliaOggi 17/10/2013, 17 ottobre 2013
IL MINISTERO ESTERI VALE POCO
Le trattative per il nuovo governo sono una sorta di poker a tre, con Frau Angela, maestra del gioco, pronta a vedere le carte di chi siede al tavolo, i socialdemocratici e i verdi. Paradossalmente vince chi pretende di meno. E le regole stanno cambiando. Appena ieri, in Germania, era il ministero degli Esteri il più ambito.
Toccava quasi per diritto, al partner di minoranza, e il ministro era anche vicecancelliere. Oggi, occuparsi del ruolo della Germania sul palcoscenico mondiale non attrae. E si discute per chi debba occupare la poltrona alle Finanze, considerata la più importante per il futuro lavoro della coalizione.
Quando nel ’69, Willy Brandt riportò al governo i socialdemocratici, rimasti fuori dai tempi della Repubblica di Weimar, il suo ministro degli esteri fu il liberale Walter Scheel. All’estero conobbero un politico affascinante che insieme a Brandt contribuì a cambiare l’immagine della Germania. E Scheel divenne, in seguito, presidente della Repubblica.
Dopo di lui, al fianco del cancelliere Helmut Schmidt, e poi di Helmut Kohl, la politica estera fu gestita da Hans-Dietrich Genscher, che si ritirò solo dopo la crisi nei Balcani (dove commise degli errori). Il ministero degli esteri dà (o dava) prestigio senza insidie: quel che compie il ministro non ricade immediatamente sui cittadini. Con Gerhard Schröder, ministro degli esteri fu Joschka Fischer, il leader carismatico dei verdi. Riuscì a sfruttare la carica per acquistare un enorme prestigio in Germania e all’estero, anche se, di fatto, non svolse una politica coerente. In preda all’ambizione personale, cambiò spesso linea, per conquistare il favore di Madeleine Albright e degli americani, necessario per essere scelto come successore di Kofi Annan alle Nazioni Unite. Tanto, che l’amico Schröder fu costretto a tirargli spesso le briglie sul collo.
La politica estera sempre più è compito del cancelliere, come è avvenuto anche con il liberale Guido Westerwelle, schiacciato dalla personalità di Angela Merkel. Nella Grosse Koalition del 2005, i socialdemocratici ottennero sia il ministero degli esteri con Frank- Walter Steinmaier, che svolse il suo lavoro senza infamia e senza lode, e quello delle finanze con Peer Steinbrück, lo sfidante battuto dalla Merkel lo scorso settembre. Ma allora i due grandi partiti erano quasi alla pari, oggi la situazione è ben differente con una Cdu/Csu che ha quasi conquistato la maggioranza assoluta.
I socialdemocratici sono pronti a lasciare gli Esteri ad Angela purché abbiano le finanze. Ma è molto improbabile che l’attuale ministro Wolfgang Schaüble, sia disposto a tirarsi indietro. Per la Merkel, economia e finanze sono anche una scelta morale, e si fida del ministro per le scelte tecniche. Difficile che l’Spd la spunti. I verdi sarebbero più malleabili, e la politica estera li gratificherebbe anche se poi fossero costretti a eseguire gli ordini della cancelliera. La partita si sta giocando tra due poltrone.