Simonetta Scarane, ItaliaOggi 17/10/2013, 17 ottobre 2013
PRESTO SI CONSUMERÀ PIÙ IL CARBONE CHE IL PETROLIO
Incredibile ma vero. L’ultimo rapporto dell’Onu sui cambiamenti climatici, che ha rafforzato l’allerta sull’incremento dei gas serra, ha indicato che il secondo decennio del XXI secolo sarà caratterizzato dalla supremazia del carbone sul petrolio. E questo nonostante le energie rinnovabili si siano ben sviluppate nei cinque continenti.
Il più inquinante dei combustibili fossili dovrà soppiantare il petrolio di qui al 2020 secondo lo studio del dipartimento di Wood Mackenzie, presentato in occasione del congresso mondiale dell’energia cominciato lunedì a Daegu nella Corea del Sud. La notizia può suonare strana, soprattutto in Francia dove è il nucleare che dovrebbe avere la predominanza. Ma la tesi del rapporto Onu non è peregrina perchè è stata confermata anche da molti altri rapporti, tra i quali anche quello dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) che nel dicembre scorso annunciava l’inesorabile progressione del carbone. La Cina, primo consumatore mondiale di carbone, spiega l’avvenire radioso del carbon fossile, combustibile del XIX secolo. Proprio dal mercato cinese deriveranno i due terzi della crescita globale della domanda nei prossimi dieci anni. La metà delle nuove centrali elettriche che saranno costruite in Cina tra il 2012 e il 2020 andranno a carbone, secondo quanto ha precisato Wood Mackenzie. E l’India non sarà da meno. Di certo, dalla sua il carbone non ha la penuria di riserve, che secondo l’Aia sono sufficienti per soddisfare il consumo dei prossimi 130 anni. Inoltre, la produzione dell’Indonesia, del Sudafrica e dell’Australia contribuiranno ad accrescerle del 20% rispetto ai volumi che saranno estratti di qui al 2020. Il principale atout del carbone resta il prezzo. Attualmente è tre volte meno caro del gas naturale liquefatto (trasportato per mare) e due volte meno caro del gas in Europa. Negli Stati Uniti l’estrazione del gas dagli sciristi ha prodotto negli ultimi cinque anni una riduzione dei prezzi del gas naturale che si è sostituito al carbone nelle centrali termiche americane. Il risultato è che il surplus del carbone statunitense, più competitivo rispetto al gas russo, norvegese o del Qatar, si è riversato sul Vecchio continente.