Roberta Maresci, Il Tempo 15/10/2013, 15 ottobre 2013
VILLAGGIO: «IL MIO APERITIVO IMPERTINENTE E PERFIDO»
Due cani Labrador, una moglie, la stessa conosciuta nel ‘54, e un’immediata disponibilità alla mia richiesta di farci una fotografia insieme. Paolo Villaggio è nel giardino di casa, in caftano. Giovedì debutta al Brancaccino con "Beviamoci su", più che uno spettacolo, un incontro conviviale col pubblico, nelle vesti di maitre, dal martedì al sabato alle 19 (domenica ore 20,30). «Il pericolo è che arrivino disoccupati, terroristi o gente dai 15 agli 80 anni: ma è un esperimento nuovo».
Prezzo popolare (15 euro) per vedersi prendere le ordinazioni al bar da Villaggio, non crede?
«Il giusto. Ma non faccio il maitre, faccio l’animatore. Ci sono camerieri che portano le ordinazioni. In ogni tavolo c’è posto per una, tre o nove persone. Trovano me ad accoglierli nell’atrio, dove si prende l’aperitivo».
Ha la marsina nera a coda di rondine?
«No. Però siedo al tavolo anche io. Gli chiedo: "Come la va?", "Come si chiama?”, "Quanti anni ha?”, tiro a indovinare e dico 60 a una che ne dimostra 20. Intrattengo il pubblico senza l’ipocrisia che si usa nei paesi cattolici, ma con finta aggressività, dicendo cose sgradevoli che fanno sorridere gli altri».
Ride sulle disgrazie altrui?
«Non sulle disgrazie ma sulle condizioni della gente. La cultura italiana è divertita nel mettere in imbarazzo il vicino. La cosa non li fa ridere perché è buffa, ma in provincia lo sport nazionale è sparlare degli altri, soprattutto dei migliori amici. Così passo a parlare con il vicino di tavolo o di sedia. E giù a domandare. Parlo dell’invidia: domando ai presenti: "C’è qualcuno invidioso?”. E la gente si guarda sospetta. Fateci caso: se uscite in strada e domandate a chicchessia: "Scusi che è invidioso lei? Ha mai invidiato per pochi secondi un collega?”. Allora il tizio interrogato, fa una panoramica a 360 gradi, come se cercasse qualcosa, muto, fino a che non vedi apparire un filo verde all’angolo della sua bocca. L’invidia è un sentimento naturale. Me lo ha detto l’invidiologo e la gente riderà. Lo so. Accade sempre» .
Sarà più paradossale e grottesco, come il professor Kranz o entrerà a gamba tesa come Paolo Villaggio?
«Sarò impertinente e perfido. Attingerò largamente al repertorio collaudato. Affronterò la timidezza tipica dei bimbi italiani, tanto diffusa da contagiare anche i presidenti che parlano in pubblico leggendo il discorso scritto sul foglietto».
Affronterà fatti di cronaca?
«Parlerò di gelosia, femminicidio e gay. Anche il tradimento: domanderò a qualche donna presente se ha tradito il marito che le è accanto».
Ma non lo ammetteranno mai
«In Alto Adige, la cultura austroungarica mi ha fatto ricevere risposte positive a questa domanda».
Intanto lei sorseggerà un drink?
«È da 10 anni che non bevo alcol: per principio. Mi piaceva il Martini e il Bloody Mary, ma solo se fatti in Inghilterra dove l’aperitivo non aveva la funzione di bere qualcosa, ma dava coraggio ai timidi».