Roberta Castellarin, Stefania Peveraro e Paola Valentini, Milano Finanza 12/10/2013, 12 ottobre 2013
IL RUGGITO DELL’ITALIA
C’è sempre più denaro sull’Italia. Che si tratti di azioni, di obbligazioni o di immobili, da fine settembre i flussi di denaro in acquisto sono esplosi. I soldi vengono soprattutto dagli investitori esteri, che evidentemente non aspettavano altro che il via libera offerto da una certa stabilità del quadro politico, dopo la fiducia incassata dal governo Letta, per entrare sulle attività italiane a prezzi che erano molto indietro rispetto a quelli registrati sui mercati dell’Europa core.
E la corsa all’Italia ha per una volta guidato quella agli asset dell’intera Unione europea, perché il fatto che l’Italia sia considerata meno rischiosa oggi, rende più attraente l’intera area dell’euro. Tanto più che nel frattempo sembra imminente un accordo fra le parti politiche in Usa sul tetto del debito, prospettiva che riduce in generale l’avversione al rischio, spingendo gli investitori in Europa verso i Paesi periferici e lontano dai titoli tedeschi. Così da fine settembre il Ftse Mib ha guadagnato l’8,3%, portandosi al +16% da inizio anno, contro rispettivamente il 5,25% e il 18,9% dell’Ibex spagnolo.
La fiducia sull’Italia è palpabile sul mercato obbligazionario, sia sul secondario sia in occasione dei nuovi collocamenti. Lo spread fra il rendimento dei titoli decennali di riferimento italiani e tedeschi si è avvicinato venerdì 11 ottobre a quota 240 punti base, grazie anche alla frenata del mercato tedesco, con il tasso del decennale Bund che si muove attorno ai massimi delle tre settimane all’1,89%. Anche contro la Spagna continua la buona tenuta dell’Italia, dopo l’inversione dello spread a favore del Btp di metà settimana scorsa: il Bonos decennale rendeva nel tardo pomeriggio di venerdì il 4,287% contro il 4,276% del Btp, un livello quest’ultimo ben lontano dal picco al 4,8% segnato a fine giugno, ma anche dal minimo di inizio maggio attorno al 3,75%. E questo nonostante la settimana appena passata sia stata ricca di aste di titoli di Stato. Che peraltro sono sempre andate molto bene.
In particolare venerdì 11 è stata la volta di 6 miliardi di euro di titoli a medio-lungo termine, il massimo del target di offerta compreso tra 4,5 e 6 miliardi. Il tasso sul Btp a 3 anni è sceso al 2,25 dal 2,72% di settembre, quando aveva raggiunto i massimi dall’ottobre 2012; sul Btp 15 anni il tasso è sceso al 4,59 dal 4,88% di un mese fa; infine il CctEu a novembre 2018 ha spuntato un tasso del 2,32%. Ma il giorno prima in asta i Bot a 12 mesi avevano spuntato un rendimento dello 0,999 dall’1,34% dell’asta di metà settembre, al minimo da giugno e sotto la soglia psicologica dell’1%. Un risultato che è arrivato all’indomani del gran successo del collocamento via sindacato dei 5 miliardi di euro del nuovo Btp benchmark a 7 anni, per il quale la domanda è stata di ben 11 miliardi, con un’ampia partecipazione straniera: gli investitori residenti italiani si sono aggiudicati soltanto il 38,5% dell’emissione. Una quota rilevante, circa il 17% del prestito, è andata a investitori residenti in Gran Bretagna, il 10% è finito in Francia, più dell’8% in Germania, circa il 7% in Spagna e un altro 7% nei Paesi scandinavi e in Benelux.
Un trend ricalcato anche dai principali bond bancari e corporate italiani, tutti ben comprati nelle ultime settimane, sia sul secondario sia sul primario. In particolare da inizio ottobre sono state parecchie le emissioni di bond bancari, con il senior di Veneto Banca e i covered bond di Mediobanca, Banca popolare Emilia Romagna e Ubi Banca. Quanto ai corporate, sono stati collocati il bond in dollari di Cnh, il tasso variabile di Snam e l’equity link di Beni Stabili. E l’elenco è destinato ad allungarsi. Perché gli emittenti non mancheranno di cogliere il momento propizio. In particolare, sul fronte delle utility, un recente report di SocGen prevede che da oggi a fine 2014 arriveranno sul mercato 33 miliardi di nuove emissioni di corporate europei del settore, 2 miliardi dei quali da Enel, 750 milioni da Terna e 500 milioni da Snam (ma il report non tiene conto dell’emissione da 300 milioni della scorsa settimana).
Ma a beneficiare del fiume di denaro che si sta spostando in Europa sarà, si diceva, anche Piazza Affari, con l’indice Ftse Mib che è visto da molti a quota 20.000 entro fine anno. Spiega Gilles Guibout, gestore del fondo Axa Framlington Italy: «Da qualche settimana il mercato europeo sta diventando la scelta preferita da tanti strategist e investitori. In questo ambito il mercato italiano, che era stato tra i più penalizzati, oggi è tra quelli che più beneficiano del movimento al rialzo». Per Guibot, dunque, «se ora lo sconto valutativo non è più massiccio e ci vorrebbero revisioni al rialzo dei risultati per giustificare un ulteriore potenziale, la probabilità che il Ftse Mib arrivi a toccare 20 mila punti è reale». E conferma Umberto Borghesi, gestore del fondo Atlante Target Italy di Albemarle asset management: «Si è consolidata la tendenza al recupero di Piazza Affari rispetto agli altri mercati europei. Questo trend, unito alla sovraperformance dell’Europa rispetto agli Usa, avvalora l’ipotesi di uno spostamento di capitali verso l’Europa che aveva recuperato meno dai minimi rispetto agli altri mercati occidentali». Per Borghesi, quindi, «la borsa italiana si è avviata verso una sostenibile fase di recupero che potrà portare l’indice prima verso 20.000 a cavallo della fine dell’anno e poi verso obiettivi più ambiziosi, come può essere quota 25.000, verso la primavera del prossimo anno». Sulla stessa lunghezza d’onda Massimo Trabattoni, advisor in delega di Lemanik Italy e Lemanik High Growth: «Vediamo flussi considerevoli, anche dall’estero, rientrare sull’Italia. Crediamo che le evoluzioni del contesto economico e di quello politico possano offrire interessanti nuove opportunità e che il Ftse Mib possa ragionevolmente superare un target di 20.000 punti». Anche Guido Crivellaro, gestore di Symphonia, è positivo: «L’analisi dei fondamentali e del quadro micro e macro economico ci fanno prospettare, al momento attuale, il raggiungimento di importanti obiettivi dell’indice italiano nel medio termine». E aggiunge Mario Romano, responsabile gestioni patrimoniali di Banca Patrimoni Sella&C: «Il potenziale di apprezzamento dei mercati azionari, e di Piazza Affari in particolare, è ancora elevato, occorre però cautela perché elementi esogeni potranno interferire con l’andamento positivo dei listini».
Quanto ai singoli titoli, secondo Sandro Occhilupi di Banque Syz, «è un buon momento per investire in Piazza Affari, in particolare sui bancari, come Unicredit e Credem. Ma anche le utility e i titoli legati alle costruzioni hanno margini di recupero. Per esempio abbiamo in portafoglio Enel Green Power e Cementir». Tra i titoli preferiti da Borghesi ci sono Unicredit, Mediobanca, Mediolanum, Vittoria Assicurazioni, Banca Ifis e Banco Desio, oltre a La Doria, El.En, Tesmec e Cementir. Sul breve termine Guibot preferisce Unicredit e Unipol-Fondiaria, mentre «per il medio termine sono interessanti i titoli industriali che hanno buone prospettive di crescita, con un forte posizionamento come Prysmian o Luxottica». Unicredit è il titolo segnalato anche da Isaac Chebar, gestore di Dnca Finance, oltre a Sogefi e Autogrill. «Crediamo che il mercato italiano necessiti di segnali concreti sulla ripresa prima di recuperare strutturalmente il gap rispetto ai competitor», avverte Stefano Reali, gestore di Pharus sicav, che sottolinea che «le società di valore in Italia hanno già corso molto e sono anch’esse sui massimi storici, pertanto bisognerebbe agire scegliendo singole azioni e non investendo nell’indice. Al money manager piacciono Snam, Luxottica e Generali. Mentre Marco Bonifacio, responsabile ufficio studi di Zenit sgr, tra i titoli del Ftse Mib guarda con maggiore interesse ad Autogrill e Ansaldo.
Infine l’interesse degli investitori stranieri riguarda anche il settore immobiliare. «L’Italia è in questa fase sotto la lente dei più importanti fondi sovrani e di investimento a livello mondiale, player dotati di capacità di investimento di grande rilevanza», ha detto a MF-Milano Finanza Manfredi Catella, amministratore delegato di Hines sgr, che martedì 15 ottobre ha organizzato un convegno al quale interverranno tra gli altri, in qualità di relatori, i responsabili del real estate della Qatar Investment Authority e di Abu Dhabi Investment Authority, due dei più grandi fondi sovrani al mondo. Che difficilmente si muoverebbero per un convegno, se non ci fosse anche la prospettiva di fare del vero business.