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 2013  ottobre 17 Giovedì calendario

INTERVISTA A CAPELLO

La nota che vibra nella voce di Fabio Capello è la solita, ormai inconfondibile: l’intima soddisfazione per un lavoro fatto bene. «Dodici anni dopo l’ultima volta, la Russia torna al Mondiale. Mi era stato chiesto alla firma del contratto, l’altra sera a Baku ho consegnato il passaporto timbrato. Ed è sempre un bel momento, quello in cui leggi negli occhi di chi ha avuto fiducia in te la soddisfazione di averci visto giusto» .
Le due qualificazioni con l’Inghilterra, una mondiale e una europea, erano state più semplici, vero?
«La Croazia era la bestia nera degli inglesi, e nell’altra occasione il Montenegro aveva del talento: ma nessuna delle due regge il confronto con il Portogallo che abbiamo costretto agli spareggi. Sto parlando di una nazionale di primissimo livello, sempre sul pezzo e in corsa fino all’ultimo. Tenerlo dietro è stata un’impresa» .
Ha usato il solito metodo, partenza sparata con quattro vittorie consecutive, ma ha perso un colpo importante a metà cammino, in Irlanda del Nord. Lì ha avuto paura di non farcela?
«Io no, i giocatori forse sì. Ricordo musi molto lunghi nello spogliatoio, come peraltro era giusto dopo una sconfitta così inattesa. Optai per un discorso rincuorante e non punitivo: “Ci resta un punto di vantaggio - dissi - e quindi la qualificazione è ancora nelle nostre mani. Le vincerete tutte”. Se si esclude il pari di Baku a giochi ormai fatti, la profezia si è avverata. Mi era già successo con il Real Madrid contro il Barcellona: da un certo punto in poi vincerle tutte. Quella volta tenni dietro Messi, stavolta Ronaldo. Sono soddisfazioni» .
Quale sarà il vostro traguardo in Brasile?
«La Russia è una squadra pericolosa. Per chiunque. Abbiamo le potenzialità per un buon torneo, perché i valori tecnici sono notevoli e l’astinenza da Mondiale ha creato un forte appetito. Tutti i miei giocatori o quasi saranno al debutto, nel 2002 c’era solo un giovanissimo Kerzakhov, che giocò pochi minuti. Prima del sorteggio è difficile prevedere come possa svilupparsi il torneo, ma penso che il nostro livello sia da prime otto: diciamo che vorrei arrivare ai quarti di finale» .
Il traguardo che le sfuggì con l’Inghilterra. C’è qualche errore che non ripeterà, rispetto al 2010?
«Errori se ne fanno sempre, ma il peggiore in Sudafrica non fu mio. Se l’arbitro (Larrionda, ndr) avesse visto il gol di Lampard, dentro di mezzo metro, avremmo raggiunto la Germania sul 2-2 partendo dal 2-0 per loro: una dinamica di risultato che avrebbe inciso sul morale di una squadra forte ma molto giovane come quella tedesca» .
Ce la compila una griglia delle favorite?
«La premessa è che si gioca in Sudamerica, e quindi vedo Argentina e Brasile in prima fila. E la sorpresa Colombia».
Può addirittura vincere?
«Vincere mi sembra tanto, ma è una squadra di prima fascia, giovane e ricca di talenti consapevoli delle loro potenzialità» .
Lo si dice anche del Belgio.
«Sì, ma ripeto che si gioca in Sudamerica. Resto sulla Colombia come outsider. Tornando alla griglia, la seconda fila appartiene alla Germania, forte come e più di sempre, e alla Spagna, nella quale continuo a credere. Un filo sotto l’Olanda...» .
E l’Italia?
«Ci ero quasi arrivato: terza fila con l’Olanda. Poi vedo un’africana, ma scopriremo quale soltanto al Mondiale».
Che effetto le farebbe affrontare gli azzurri?
«Non so se mi piacerebbe. L’emozione sarebbe violenta, immagino che agli inni vivrei un momento difficile, l’appartenenza nazionale è un sentimento che avverto. Però sono un professionista, inutile perfino specificare che cercherei di guidare la Russia alla vittoria».
Come giudica il lavoro di Prandelli?
«Ne ho un’alta considerazione, ha tirato fuori il meglio del calcio italiano costruendo una squadra più che competitiva. Davvero un bel lavoro, peccato per questa storia dell’uscita dalle teste di serie. C’è poco da fare, a questi livelli la cosa più difficile per un allenatore è evitare che i giocatori si rilassino, perché appena succede perdi. A me per fortuna è capitato a metà girone, c’era tempo e spazio per assorbire gli effetti dello scivolone. All’Italia è accaduto sul rettilineo finale, e il danno è rimasto».
Le piacerebbe allenare Balotelli?
«E’ un compito che lascio volentieri a Prandelli. Però non sfuggo a un giudizio tecnico: in campo pesa tantissimo, ha il dna dell’uomo che vince le partite. Ed è un dna rarissimo» .
La stella del Mondiale 2014?
«Messi è più che maturo per vincerlo».
La stella del Mondiale 2018?
«Eh, questa è una domanda trabocchetto...».
Possiamo ufficializzare il prolungamento al 2018 del suo contratto con la Russia?
«Ufficializzare no, ma le offerte che mi sono state fatte sono di mio pieno gradimento. Col ministro dello Sport la sintonia è totale, da Cinquini a Galbiati e Neri anche il mio staff si è trovato bene, il risultato richiesto è arrivato... Insomma, la direzione è chiara. Anche perché giocare un Mondiale da padrone di casa, e quindi con l’ambizione di vincerlo, è un’occasione irripetibile».
Ci sarà anche Panucci, nello staff per il 2018?
«Mi piacerebbe, ma ho qualche dubbio. Christian ha imparato tantissimo in quest’anno, e il Mondiale gli darà ulteriore esperienza. Ha capito come si vive dall’altra parte, la gestione di un gruppo, la preparazione di una partita, le relazioni con l’ambiente. Lo terrei volentieri, ma immagino che dopo il Brasile qualcuno me lo porterà via con un’offerta da primo allenatore. Ha la stoffa per questo mestiere, vedrete».
Mosca rimane un buon posto per vivere, come ci aveva detto qualche mese fa?
«Sì, piace molto sia a me sia a mia moglie, e del resto è facile visto che abitiamo vicino a San Basilio: esci di casa e vedi la cattedrale... Ovviamente poi il ruolo ti concede qualche privilegio, ci è stato permesso di visitare il Cremlino rifatto e ho ancora gli occhi pieni di tante meraviglie. Il Mondiale trasformerà la Russia: io e Cinquini siamo stati due volte a Kazan a distanza di un anno, restando a bocca aperta davanti a quello che hanno fatto in dodici mesi - parlo di alberghi, aeroporto, stazioni - soltanto perché ci sono le Universiadi. Con un Mondiale di mezzo...» .
La stella del 2018?
«Il nostro Kokorin. E vedrete che combinerà qualcosa di buono già nel 2014».