Brunella Bolloli, Libero 16/10/2013, 16 ottobre 2013
PD CONTRO MARINO: PER COLPA SUA RUBIAMO GLI STIPENDI
E meno male che lo slogan di Ignazio Marino era Daje, incitazione romanesca che invita a fare, a darsi una mossa, a lavorare. Daje di qua, daje di là: il sindaco-ciclista, in realtà, sembra sempre fermo allo stesso punto. Era partito con il botto, come si dice a Roma, poi il nulla. Subito la pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali, come promesso in campagna elettorale, e tanti saluti alle richieste di commercianti e residenti. Categorico sulla finta pedonalizzazione (ci passano comunque auto, taxi e mezzi pubblici costringendo i pedoni ai margini), nonostante l’aumento di incidenti in zona e i crescenti disagi causati dall’improvviso cambio della viabilità. Per i suoi era la prova che l’ex luminare dei trapianti aveva esordito con il piede giusto: «Finalmente un sindaco che fa quello che dice», gongolavano all’indomani dell’elezione senza spiegare, però, che l’operazione immagine nell’area del Colosseo era stata effettuata all’oscuro dell’Aula e per di più distraendo fondi destinati alla nuova linea della metropolitana. «I cittadini si lamentano? Io vado avanti, poi mi daranno ragione », Marino dixit. E il Pd a dirgli bravo.
Eppure, oggi, la luna di miele è finita. A parte la festa dei Fori, con Laura Boldrini madrina sul palco, non c’è altro degno di nota alla voce attività capitolina. Encefalogramma piatto. Giunta ferma, consiglio comunale paralizzato, come mai era avvenuto finora. «Colpa dell’inesperienza di alcuni assessori, sa molti sono giovani e alla prima esperienza in un’amministrazione pubblica», allarga le braccia un funzionario lui, sì, più esperto.Ma non può essere una motivazione valida per chi si è assunto l’onere e l’onore di guidare il più importante comune d’Italia. I problemi della città non aspettano.
Così, contro i ritardi del sindaco Marino non si sono scagliati solo i consiglieri d’opposizione ma, udite udite, perfino quelli di maggioranza. Il Pd contro il Pd. E sì che siamo abituati a livello nazionale, ma a Roma in genere filava tutto liscio, sotto il controllo del supremo guru della sinistra, Goffredo Bettini. Filava liscio prima dell’arrivo di Marino, il quale, tra una polemica sui funerali di Priebke e uno scivolone sulla nomina del comandante dei vigili urbani, non sembra trovare il tempo per dare un’accelerata al lavoro della sua squadra. Al punto che il presidente dell’Aula Giulio Cesare, Mirko Coratti, pure lui dem, ha dovuto lanciare il suo grido d’allarme: «La giunta non produce delibere, sono costretto ad annullare una seduta dietro l’altra. Il sindaco deve cambiare passo», avverte il presidente del consiglio, «ci sono delle emergenze da affrontare e dopo cento giorni la fase di rodaggio è finita». Coratti si è sfogato a Repubblica, segno che anche i giornaloni che avevano benedetto l’avvento del senatore ciclista sulla poltrona del Campidoglio, stanno cominciando a prendere le distanze. «Per Ignazio conta solo fare diventare Roma una città a misura di pedone, con meno auto nel centro», chiosa un dirigente del centrosinistra. «Però, poi, si sa come si dice in questi casi: hai voluto la bicicletta e allora pedala».
Di pedalate Marino ne fa, da casa sua al Palazzo Senatorio, spesso scortato dai vigili sulle due ruote, pronti a tirarlo su se dovesse finire per terra (è già accaduto). A cinque mesi dall’elezione, attacca Roberto Cantiani, consigliere del Misto, «i sondaggi confermano che il primo cittadino della Capitale, eletto con il 64 per cento dei voti, ha perso oltre 10 punti di consensi. Una bocciatura senza appello del suo operato». A sinistra sta montando la rabbia per come la squadra degli assessori (quasi tutti di area) non sia in grado di produrre iniziative per la Capitale. Alla riunione dei capigruppo, l’altro giorno, musi lunghi e scatti di nervi: «Fra poco, per dignità, dovremo autosospenderci lo stipendio», si è sfogato un consigliere di maggioranza. Quarantotto consiglieri pagati dai contribuenti romani per non fare nulla, ma non certo per colpa loro: è la giunta che non delibera e quindi l’Aula non ha materiale su cui discutere. «Quanto sta accadendo aRoma è incredibile», tuona Sveva Belviso, già vice di Gianni Alemanno e oggi capogruppo Pdl. «Il consiglio comunale è completamente fermo, le sedute vengono annullate a causa della assoluta improduttività di atti e deliberazioni della giunta Marino ». Non serve raccontare la storiella dei soldi che il governo deve dare a Roma Capitale (i problemi del bilancio esistono), ma un consiglio che esamina solo mozioni e ordini del giorno, e non può lavorare su nulla di concreto», nota Belviso, «è mortificato e umiliato nelle sue prerogative ». Per Alessandro Onorato, eletto nella lista per Alfio Marchini sindaco, «a Marino stanno più a cuore gli spot pubblicitari che le soluzioni per migliorare la città e la vita dei romani ». A farne le spese sono, ovviamente, i contribuenti della Capitale, che subiscono i ritardi dell’amministrazione, le nomine dei consulenti e il vuoto che gira intorno, aspettando che qualcosa cambi. Stupisce il silenzio del Movimento Cinquestelle, di solito, così solerte nel denunciare la casta che non produce, ma tra i grillini eMarino c’è un patto di non belligeranza siglato in campagna elettorale. Daje? È rimasto nel libro dei sogni.