Filippo Facci, Libero 16/10/2013, 16 ottobre 2013
MORI INVECE SÌ
In Sicilia, con lo stesso materiale probatorio e gli stessi pentiti, possono fare o - spesso - non fare qualsiasi cosa. Prendete Claudio Martelli, l’ex guardasigilli socialista. La sentenza che ha assolto il generale Mario Mori dall’accusa di non aver voluto catturare Bernardo Provenzano - ne avete letto ieri - spiega che Martelli ha avuto dei ricordi «non sempre limpidi» che paiono «largamente influenzati da quanto appreso a posteriori nonché, probabilmente, da un’inclinazione a rappresentarsi come un puro paladino dell’antimafia». Bene: ma come aveva fatto, uno come Martelli, a rappresentarsi come un puro paladino dell’antimafia? Spieghiamo meglio la domanda. Durante il processo Borsellino bis (1997) il pentito Cristoforo Cannella parlò di rapporti tra Martelli e il boss Leoluca Bagarella. In un’altra udienza (1997) il pentito Angelo Siino disse che ebbe un incontro con Martelli e che Cosa Nostra nel 1987 l’aveva votato. Durante lo stesso processo (2001) il pentito Giovanni Brusca parlò di un accordo tra Martelli e Cosa Nostra attraverso intermediari, con Riina che aveva dato indicazione di votarlo. E così dissero anche i pentiti Marino Mannoia a Salvatore Cancemi: accuse pesantissime che avrebbero potuto stroncare ogni aspirante «paladino dell’antimafia». Come mai non è accaduto? Semplicissimo: nessuno ha approfondito. Non ci sono stati processi. Martelli non interessava. Vedi titolo.