Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  ottobre 16 Mercoledì calendario

FAZIO, CROZZA E LA BATTAGLIA DEI CONTRATTI TV


[dati alla fine]

Nell’epoca della grande crisi e dello scontrino esposto online, il grosso del dibattito si concentra sull’ultimo spicciolo. E naturalmente sull’ultimo stipendione che, in ordine cronologico, era quello promesso da Raiuno a Maurizio Crozza.

Stipendione da 450 mila euro a puntata per un numero di puntate incerto.
Ma anche sul penultimo, di competenza di Fabio Fazio, spiattellato dal capogruppo alla Camera del Pdl, Renato Brunetta, proprio in corso di intervista a «Che tempo che fa?» domenica sera. Un bel colpo, per Brunetta, visto che Crozza dovrebbe saltare (con sollievo incidentale di Canale 5) e Fazio è saltato, ma sulla sedia, trasfigurato da un’ira per lui insolita.
I soldi in Italia fanno quell’effetto lì, fanno perdere le staffe a chi li piglia e a chi no. Del resto questo è un Paese in cui dicono quanto guadagnano soltanto quelli che guadagnano poco. E in una partita così facile, Beppe Grillo ci si è buttato di testa, lui che quei cachet li conosce bene.
Rimangono un mistero le ragioni secondo le quali un ingaggio indigna e quell’altro no. Tutti si sono persuasi - anche grazie a un campagna lunga e talvolta dozzinale attorno agli sprechi della politica - che un deputato se la caverebbe benone con 4 o 5 mila euro al mese, ma nessuno ha nemmeno idea di quanto portino a casa un primario o un rettore (cifre variabili ma tendenzialmente superiori a 4 o 5 mila euro in cui dovrebbero starci i politici, e leccarsi le dita), a cui sono affidate responsabilità, ma non paragonabili a quelle di ministro.
L’obiezione è che il politico lo paghiamo noi e il primario no, o non sempre, e così il rettore. Ma è un ragionamento che non torna, altrimenti non ci si spiegherebbe la furia con cui si commentano le (spaventose) liquidazioni dei grandi manager. Roberto Colaninno salutò Telecom dopo due anni di lavoro con una buonuscita di 25 milioni abbondanti di euro. Colaninno venne sostituito da Franco Bernabè che sette mesi più tardi ebbe congedo e gli si conteggiò una liquidazione di 7 milioni e mezzo di euro, più di uno al mese. Considerate le condizioni di Telecom, sono cifre curiose, di cui si parla buttando vapori dal naso: al bar, o a cena con gli amici, tutti sanno tutto delle buste paga dei banchieri, degli amministratori delegati, e si invita il mondo alla vergogna.
Non è che l’allenatore dell’Inter o il pilota di Moto Gp o l’attore protagonista dell’ultimo film di Gabriele Muccino guadagnino tanto di meno. Non si parla di Leo Messi o di Valentino Rossi o di Robert De Niro. Qualsiasi terzino professionista riceve somme cospicue senza scandalo. A uno dei difensori più scarsi dell’intera Serie A, Cristian Zapata del Milan, vengono bonificati oltre 4 mila euro al giorno, per un totale di un milione e mezzo l’anno.
Un centrocampista trascurabile come Muntari è sui due milioni e mezzo. Ibrahimovic, al Milan, era intorno ai dieci milioni. Il patrimonio di Steven Spielberg è stimato sui 3 miliardi di dollari. Non ci sfugge che i film di Spielberg e i dribbling di Ibrahimovic hanno funzionato decisamente meglio e divertito più delle aziende di Alessandro Profumo (salutato dalla boccheggiante Unicredit con 40 milioni di euro). E nemmeno che le banche e le grandi aziende hanno la fama (non campata in aria) di farsela con la politica e di ingoiarsi parecchi finanziamenti pubblici. E così il Tfr di Cesare Geronzi fa prudere le mani quanto i compensi per Crozza.
Non farebbe una piega se non si avvertisse il classico retrogusto all’italiana. Vogliamo conoscere lo stipendio di Fazio, valutare se il gioco valga la candela, se i denari a Crozza siano ben spesi o buttati, vogliamo sapere quanto si porta a casa Roberto Benigni per un’ospitata a Sanremo e Adriano Celentano per tre serate monologanti. Al centesimo si desidera conoscere lo stipendio di Michele Santoro.
E non c’è un’anima che batta un pugno sul tavolo in cambio della retribuzione di Carlo Conti. Qual è il suo compenso? Qual è quello di Flavio Insinna intanto che apre pacchi dopo il Tg? Perché dei guadagni di Gianni Morandi non interessa a nessuno, e di quelli di Max Giusti nemmeno? La differenza – diremmo – è che Morandi e Conti non vengono percepiti come avversari, non partecipano alla battaglia bi o tripolare. Qui da noi è tutta politica, è tutto visto pari a competizione, o persino raggiro per tornaconto di potere.
Fazio e Crozza, e Benigni e Celentano, sono sospettati di uso di mezzo e denaro pubblico per scopo di parte, come i politici, come i banchieri. E non fanno molto per ridimensionare la loro fama. Però allora non stiamo parlando di soldi, stiamo parlando d’altro.


I NUMERI:
• 1,8 milioni
Non ci sono conferme, ma questa è la cifra annuale di cui si parla per Fabio Fazio

• 1,4 milioni
Carlo Conti avrebbe accettato una riduzione del compenso annuale

• 1,6 milioni
È questa la cifra riservata alla conduttrice del «La prova del cuoco»

• 475 mila euro
Sarebbe questo il costo a puntata del programma (bloccato) di Maurizio Crozza