Antonella Rampino, La Stampa 16/10/2013, 16 ottobre 2013
L’ULTIMO AMARO CALICE: NON SARÀ PIÙ CAVALIERE
Fu nominato Cavaliere da Giovanni Leone nel 1977, ma presto Silvio Berlusconi non sarà più il Cav. Mentre infatti si allungano i tempi della decadenza da senatore, per quanto essa sia irresistibile, s’avanza la procedura per la revoca dell’onoreficenza. Ed è la data del 19 ottobre ad essere segnata con un circolo rosso sull’agenda dei Cavalieri del Lavoro. Nel giorno in cui la Corte d’Appello si pronuncerà sull’esatta durata dell’interdizione dai pubblici uffici, pena accessoria della condanna per frode fiscale giunta al terzo grado di giudizio, partirà infatti la procedura con la quale il Cavaliere non sarà più tale.
Il problema in realtà si è posto subito, all’indomani della sentenza della Corte di Cassazione, perchè la legge che regola la gloriosa istituzione che celebra e annovera il Gotha dell’imprenditoria nazionale, la legge 15 maggio 1986, n.194, all’articolo 13 prevede la revoca per insussistenza delle condizioni previste. Ma l’organizzazione, nonostante fosse stato proprio il suo presidente Benito Benedini già ai primi di settembre ai margini dell’annuale meeting di Cernobbio a parlarne, rilevando l’obbligo di legge «alla perdita dell’onorificenza per l’insignito che se ne renda indegno», si muove con una certa cautela.
Attendendo quel passaggio della Corte d’Appello (appellabile per la durata, ma non nella sostanza dell’interdizione, già passata in giudicato) per sospendere Berlusconi, dopo adeguata discussione del caso, prima del collegio dei probi viri, poi del consiglio direttivo. Solo dopo, come ha detto ieri Benedini ai margini della cerimonia per i nuovi Cavalieri al Quirinale, partirà la vera e propria procedura di revoca, che è la stessa -ma in direzione di marcia inversa- a quella della nomina: su proposta del ministro dello Sviluppo in decreto firmato dal presidente della Repubblica.
L’attesa della conferma dell’interdizione significa che l’ordine dei Cavalieri del Lavoro attende di applicare l’articolo 28 del codice penale, che prevede che assieme ai pubblici uffici decadano anche tutte le onorificenze. «E’ una cosa che non dipende da noi», allargava le braccia ieri Benedini. E questo perché, non negano all’associazione, qualche pressione politica per evitare a Berlusconi anche la decadenza da Cav c’è stata. Inoltre, fanno notare, non sono pochi gli imprenditori che nel corso del tempo si son visti strappare. perché condannati, l’onorificenza: di certo non si dà pubblicità alla cosa, ma nel caso di Berlusconi impossibile spegnere i riflettori, trattandosi di un politico, e più volte presidente del Consiglio.
Del resto, un caso noto e giunto all’onore delle cronache c’è, ed è quello di Vito Tanzi che, nominato Cavaliere nel 1994, ebbe la revoca nel 2010: la procedura la avviò lo stesso Berlusconi, all’epoca ministro dello Sviluppo Economico ad interim, e fu controfirmata da Napolitano. E nel caso di Tanzi non si attese neppure la condanna in via definitiva: si agì sotto l’impulso della pubblica opinione sotto choc per gli effetti della bancarotta di Parmalat sui piccoli risparmiatori e sui lavoratori.
Che la revoca della nomina per Silvio Berlusconi sia un ulteriore trauma non c’è dubbio. Fonti Pdl, nei giorni successivi a ferragosto, quando sulla vicenda giudiziaria arrivò il famoso messaggio con il quale Napolitano reagiva alle pressioni indebite per un impossibile salvacondotto o commutazione della pena, circolava la voce che l’ancora Cavaliere sospirasse «però perlomeno Napolitano potrebbe riconoscermi che qualche merito come imprenditore ce l’ho avuto». A gestire tutta la vicenda per i Cavalieri al Merito del Lavoro sarà Antonio D’Amato, che da ieri pomeriggio è il nuovo presidente nazionale.