r. dim., il Messaggero 16/10/2013, 16 ottobre 2013
ALITALIA, SONO GIÀ IN ARRIVO 130 MILIONI
IL SALVATAGGIO
ROMA La fumata bianca è arrivata poco dopo le 4 di ieri mattina con l’ok unanime dei soci Alitalia (presente l’85% del capitale) all’aumento da 300 milioni da offrire in opzione ai soci. Con l’impegno del cda di dimettersi a chiusura dell’operazione. Ma di questa somma che può essere versata da oggi per 30 giorni (più altri 15 per l’esercizio delle prelazioni sull’inoptato), Cai ha urgente necessità di intascarne una parte: così nelle prossime ore Intesa Sanpaolo, Immsi e Atlantia concederanno una prima tranche delle rispettive quote per un totale di 65 milioni e altri 65 arriveranno a titolo di anticipo del bridge to equity di Unicredit e Intesa. In totale 130 milioni necessari per pagare gli stipendi e assicurare il carburante necessario agli aerei per continuare a volare. Ieri mattina si è riunito il cdg straordinario di Intesa che ha approvato l’operazione con un impegno di 76 milioni: 26 per la sua quota e 50 di garanzia.
PATRIMONIO DA 50 MILIONI
Prima di sbloccare il complesso negoziato, uno psicodramma ha caratterizzato l’intera giornata, con il cda previsto per le 14 che si sarebbe interrotto tre volte e l’assemblea aperta alle 17 per chiudersi il mattino seguente. I rappresentanti di Air France erano in videoconferenza.
Con la liquidità a zero, Alitalia, che si è avvalsa della consulenza di Matteo Manfredi, ad di Leonardo & Co e degli avvocati Giovanni Domenichini e Sergio Erede, ha chiesto a Intesa e Unicredit di anticipare i soldi della garanzia. Gli uomini di Piazza Cordusio - Vittorio Ogliengo e Giulio Pascazio - assistiti dall’avvocato Antonio Segni, avrebbero però subordinato il loro intervento nella misura di un terzo rispetto ai 2/3 chiesto ai soci. Il rappresentante di Intesa (Fabio Canè), affiancata anch’essa da Segni (Gregorio Gitti studierà gli accordi con Poste), si sarebbe allineato. Subito é cominciato il primo tiro alla fune fra Unicredit, Roberto Colaninno che da presidente ha fatto da portavoce alle istanze degli azionisti, l’ad Gabriele Del Torchio e gli istituti. La mediazione avvenuta grazie anche all’intervento di Intesa, ha portato a ripartire equamente l’onere fra banche e soci. Già, ma di questi ultimi, chi avrebbe anticipato le quote dell’aumento? Colaninno ha radunato gli azionisti e subito è iniziato a serpeggiare il malumore davanti alla prospettiva di dover aprire di nuovo il portafoglio col rischio, però, che in nome della discontinuità chiesta da governo, banche e Poste, qualcuno avrebbe dovuto farsi da parte. Di qui la decisione di presentarsi tutti dimissionari. Ad anticipare la liquidità si sono resi disponibili Colaninno, Intesa e Atlantia per 65 milioni: la stessa cifra sarà versata dalle due banche. Ma quando i legali di Alitalia hanno proposto ai colleghi di Intesa e Unicredit la lettera di garanzia, il confronto si è riacceso: i consulenti degli istituti hanno voluto sottoporre a molte condizioni l’erogazione. Tra queste l’ingresso delle Poste nel capitale, eventualità verosimile ma non scontata. Anche il colosso guidato da Massimo Sarmi, assistito da Andrea Zoppini, ha subordinato il suo intervento, tra l’altro, alla garanzia delle banche.
IL PUGNO DI FERRO
A questo punto è tornato a riunirsi il cda per decidere il prezzo di emissione delle nuove azioni che può discendere dalla valutazione di Alitalia. Secondo la fairness opinion del Credit Suisse, il suo valore oscilla tra 0 e 150 milioni, forchetta contestata da molti soci perché non incorpora il valore strategico della società. Anche su questo punto discussioni animate. Il cda è stato nuovamente sospeso per coinvolgere le banche garanti in una decisione che chiamava in causa anche il valore dello sconto sul bond, emesso a febbraio e sottoscritto da Air France, Intesa, Atlantia, Immsi, Riva. Questi soci non volevano che i nuovi titoli venissero emessi con uno sconto più alto rispetto al bond, al contrario di Poste e banche.
ALLE POSTE IL 16,85%
Alla fine si è trovato una sintesi: il cda ha deciso una valutazione di 50 milioni corrispondenti a un prezzo dei nuovi titoli di 0,045 euro. A questi valori sono legati gli equilibri futuri e quindi il peso di Poste. Cai post-salvataggio dovrebbe dunque valere 445 milioni, frutto dei 50 di partenza, più i 95 della conversione del bond e i 300 di aumento: a questi valori, se Poste dovesse partecipare per il massimo di 75 milioni, avrebbe il 16,85%. Su queste basi, l’assemblea ha detto sì all’aumento: i soci italiani si sarebbero a parole impegnati a sottoscrivere 130 milioni. «Air France è il partner naturale» ha detto il dg di Intesa, Gaetano Miccichè, che essendo stato tra i promotori del suo ingresso nel 2009, alcuni soci vorrebbero spedire a Parigi a negoziare la sottoscrizione dell’aumento. A Parigi si è invece recato Sarmi per incontrare Alexander de Juniac. Ci sarebbe condivisione sul futuro piano industriale e sarebbero state individuate sinergie fra i due vettori. I due torneranno a incontrarsi. De Juniac avrebbe però, ribadito la preoccupazione per il debito elevato di Cai.
r. dim.