Gianni Barbacetto, il Fatto Quotidiano 16/10/2013, 16 ottobre 2013
INTERCETTAZIONI E GIORNALI C’È IL BAVAGLINO DELLA PRIVACY
Se non un bavaglio, almeno un bavaglino. E senza bisogno di votare una legge in Parlamento, con conseguenti proteste contro l’attacco al-l’autonomia della magistratura e al diritto dei lettori a essere informati. Ci ha pensato l’Autorità garante della privacy: con un blitz estivo in cui ha partorito disposizioni sulle intercettazioni telefoniche, pubblicate sulla Gazzetta ufficiale il 13 agosto (così, tra un volo e un traghetto) e inviate a tutte le Procure della Repubblica.
LE OTTO PAGINETTE s’intitolano “Provvedimento in materia di misure di sicurezza nelle attività di intercettazione da parte delle Procure della Repubblica” e sono firmate dal garante della privacy Antonello Soro, che ne è anche relatore. Impongono alle Procure, in nome della sicurezza dei dati trattati, una completa riorganizzazione degli uffici e delle sale d’ascolto. Da completare entro un termine perentorio (18 mesi) e senza una parola su chi paga. Il rischio è evidente: bloccare di fatto le attività di intercettazione. Il documento parte dalla sacrosanta constatazione che gli uffici che realizzano le intercettazioni custodiscono materiale delicatissimo da manovrare con cura. Presso ogni Procura della Repubblica c’è una struttura chiamata “Centro intercettazioni telecomunicazioni” (Cit) dove si svolgono le attività di controllo ordinate dai giudici, secondo le disposizioni del Codice. Poiché le Procure da sole non ce la fanno, “risulta generalizzato il ricorso alla cosiddetta ‘remotizzazione’ degli ascolti”, ossia il loro “reindirizzamento” verso uffici esterni di polizia giudiziaria (Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza) che realizzano le intercettazioni fuori dalle Procure, di solito nelle loro caserme.
IL GARANTE della privacy impone che venga assicurata “una tendenziale omogeneità delle misure e degli accorgimenti volti alla tutela dei dati personali e dei sistemi”. Ed elenca una lunghissima serie di cose da fare: serrature di sicurezza da applicare anche alle finestre, apparati antincendio, impianti di videosorveglianza, accessi con badge individuali con codice numerico segreto, strumenti elettronici d’identificazione attraverso dispositivi biomedici. Per garantire la sicurezza informatica, prevede strumenti telematici sviluppati con protocolli di rete sicuri, trasmissione dati esclusivamente in modalità cifrata, tecniche crittografiche, algoritmi a chiave pubblica, posta elettronica certificata, identificazione di chi accede ai dati. Come non essere d’accordo con l’attenzione sulla sicurezza dei dati? Il garante della privacy però entra nel merito anche dell’organizzazione dei sistemi, richiamando la necessità “di contenere i costi derivanti dalla realizzazione delle misure di sicurezza”, e dunque invitando, per proteggere “i dati personali e i sistemi”, “all’eventuale accorpamento di più apparati tecnologici utilizzati da diversi Uffici di Procura per la gestione delle attività connesse alle intercettazioni”. Non solo: pretende anche che le operazioni d’intercettazione siano realizzate presso le Procure, e che la “remotizzazione” presso le sale d’ascolto della polizia giudiziaria “venga disposta, in via residuale, nei soli casi eccezionali previsti dalle norme codicistiche”. Il tutto deve essere fatto sotto l’occhio vigile dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, che detta termini perentori: “Entro la data del 30 giugno 2014” le Procure hanno l’obbligo di riferire al garante “lo stato d’avanzamento dell’attuazione delle misure” deliberate. I lavori devono poi essere conclusi in 18 mesi, cioè entro il febbraio 2015. Non una parola sul budget e su chi finanzia gli interventi.
COME SUCCEDE in Italia per le Authority, anche quella per la privacy è lottizzata tra i partiti: il presidente Soro è stato capogruppo del Pd alla Camera, il vicepresidente Augusta Iannini è un magistrato romano, nonché moglie di Bruno Vespa, scelta dal Pdl, i componenti Giovanna Bianchi Clerici e Licia Califano sono rispettivamente della Lega e del Partito democratico.
I diktat estivi del garante hanno già provocato l’intervento del Consiglio superiore della magistratura, chiamato a rispondere al seguente quesito: può l’Authority sulla privacy dare ordini ai procuratori? Soro ha tentato di rassicurare: “Ci siamo limitati a incidere su aspetti meramente organizzativi che non hanno alcuna relazione con l’esercizio della giurisdizione. Non è in discussione l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”.
Eppure, a giugno, Soro era stato più esplicito, quando annunciando il testo sulle intercettazioni aveva addirittura auspicato un “aggiornamento del codice dei giornalisti”, per porre fine a “quel ‘giornalismo di trascrizione’ che finisce per far scadere la qualità dell’informazione”. Il bavaglino Soro-Iannini non nascondeva le ambizioni di riuscire laddove non erano riuscite le leggi-bavaglio: “Per favorire un giornalismo maturo e responsabile”, aveva dichiarato Soro, stava percorrendo “una strada meno divisiva e forse più concludente rispetto alle diverse ipotesi legislative tentate nella scorsa legislatura”. Insomma: non ce l’abbiamo fatta con le leggi-bavaglio, proviamo ora con il bavaglino.