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 2013  ottobre 16 Mercoledì calendario

LA VESPA CHE ATTACCA I CASTAGNI E I RIMEDI CHE LA SVIZZERA CI INVIDIA


Ci sono 20 mila ettari di bosco aggrediti da un insetto parassita, ci sarebbe la maniera di fermare lo scempio grazie alla guerra biologica scatenata da un altro insetto ma da tre anni la Svizzera lascia che i castagni, gli alberi più diffusi in Canton Ticino, vengano devastati da una vespa che impedisce alle castagne di giungere a maturazione.
È un fenomeno ben conosciuto in ampie zone dell’arco alpino, specie in Piemonte e in Lombardia, ma mentre l’Italia ha già messo in campo un’azione di contrasto all’invasione del killer, dall’altra parte del confine si preferisce lasciare correre. «C’è il rischio che il rimedio si riveli peggiore del male e che altre specie di piante vengano aggredite» hanno fatto sapere da Berna.
Non capita spesso che l’Italia si dimostri più efficiente e più pronta della Confederazione elvetica nell’affrontare un problema; a maggior ragione, quando capita, vale la pena sottolinearlo. Il problema è quello causato dalla cinipide, un animaletto sbarcato poco dopo il 2000 in Europa proveniente dall’Asia e che si è diffuso come una vera e propria calamità; la sua vittima sono i castagni, albero che nelle zone di montagna ha un significato storico, affettivo, ed è ancora oggi una risorsa economica: la cinipide depone le uova tra le foglie del castagno e le larve bloccano fin dalla fioritura la pianta.
Nella Svizzera italiana ancora oggi la civiltà della castagna — alimento base della popolazione fino alla metà del ‘900 — è una vera e propria filiera economica, ma la comparsa della cinipide nel 2012 è arrivata a ridurre la produzione del 75%, secondo uno studio condotto dalla Regione Piemonte.
Proprio il Piemonte — e in particolare la provincia di Cuneo — avevano sperimentato a partire dal 2002 gli effetti prodotti dal killer dei castagni: la minuscola vespa, arrivata in Italia come passeggero «clandestino» di un carico di legname proveniente dalla Cina, aveva poi spopolato anche nelle province di Brescia, Bergamo, Como e da qui era passata in Svizzera.
Ma in Italia, grazie soprattutto al supporto dell’università di Torino, sono scattate subito le contromisure: che hanno le sembianze di un altro insetto chiamato Torymus sinensis che si ciba delle larve di cinipide. Una vespa «sceriffo» in altre parole, scatenata contro il killer dei castagni. A Cuneo e in Lombardia già da alcuni anni piccoli aerei sorvolano i boschi facendo piovere dall’alto larve di Torymus e il metodo, in termini di salvaguardia dei castagneti, ha dato risultati incoraggianti.
In Ticino vorrebbero fare altrettanto, e invece? «E invece dal 2009 abbiamo chiesto alle autorità federali di Berna di autorizzare il contrasto biologico ma fino a oggi la risposta è stata negativa» riassume Giorgio Moretti, dirigente del servizio forestale del Canton Ticino. Le ragioni del divieto sono riassunte dallo stesso Moretti: «Paventano un duplice rischio: che l’insetto antagonista possa ibridarsi con altre specie, divenendo più aggressivo, e che lo stesso possa creare danni ad altri tipi di piante. Ma in Italia e in Giappone, dove la terapia è già stata messa in atto, questi effetti collaterali non si sono manifestati in maniera evidente».
Il Ticino si sente spesso la Cenerentola tra i cantoni elvetici e così c’è chi legge il divieto imposto dalla capitale in chiave politica: pur di proteggere gli abeti, i pini o le querce della Svizzera, muoiano pure i castagni, che a nord del passo del Gottardo non crescono.
Lorenzo Orsi, deputato al parlamento cantonale di Bellinzona e firmatario di un’interrogazione sull’allarme cinipide preferisce non buttarla sul campanilismo: «Il problema c’è e si sta anche aggravando. Gli interventi per tamponare l’invasione non possono più essere rimandati, ma non è sempre facile per noi farci ascoltare».
Intanto, però, sta accadendo un fatto curioso: dopo l’invasione dall’Italia della vespa killer, ora lo stesso percorso lo sta compiendo l’insetto sceriffo, un anno fa sguinzagliato tra i boschi sopra il lago di Como. Come dire che la natura ha creato il problema e la natura lo sta risolvendo. Ma occorreranno almeno cinque anni prima che l’equilibrio originario venga ristabilito.
Claudio Del Frate