Siavush Randjbar-Daemi, Il Messaggero 15/10/2013, 15 ottobre 2013
IRAN, MUSICAL MA CON IL VELO
IL CASO
Il lento disgelo diplomatico tra Iran e Stati Uniti sta influenzando gli altrettanto travagliati rapporti culturali tra i due grandi avversari. Dalla settimana scorsa, il celebre musical di Broadway The Sound of Music - conosciuto in Italia con il titolo Tutti Insieme Appassionatamente - ha fatto registrare serate del tutto esaurite al Talar-e Vahdat, il più grande ed importante teatro di Teheran. Costruito dallo Scià nel 1967 e modellato sia architettonicamente che artisticamente sull’Opera di Stato di Vienna, il Talar-e Vahdat ha ospitato cantanti lirici del calibro di Giuseppe Taddei - che si esibì lì nei suoi ruoli congeniali, Falstaff e Rigoletto - e persino il leggendario Herbert von Karajan, che vi fece approdo in tournee con l’Orchestra Filarmonica di Berlino nel Novembre 1975. La stagione lirica del 1978 fu però interrotta dopo la rappresentazione dell’opera comica di Giacomo Puccini ispirata dall’Inferno di Dante, Gianni Schicchi, interpretata sempre da Taddei, a causa dell’avvicinarsi della bufera rivoluzionaria di quell’anno.
IL TEATRO
L’avvento al potere dell’Ayatollah Khomeini pose fine alla breve sperimentazione nel Talar-e Vahdat. Considerata sacrilega da diversi teologi sciiti, la musica fu rilegata in un limbo artistico e legale, e utilizzata prevalentemente in forma marziale dalla RadioTv di Stato durante i lunghi anni della guerra contro l’Iraq, dal 1980-88. Il florido mercato nero delle musicassette di musica occidentale - reso memorabile da una scena di Persepolis di Marjane Satrapi - e il crescente dissenso popolare hanno però causato un’allentamento che è iniziato dalla fine degli anni Ottanta. Da allora si sono fatte strada sia la musica classica occidentale che generi contemporanee, come il rock e il rap, che vantano uno stuolo continuo di seguaci e praticanti locali.
Nonostante la ripresa dell’Orchestra Sinfonica di Teheran negli ultimi anni, l’opera lirica e il musical erano del tutto assenti dalla scena sino a quando Hadi Rosat, un baritono formatosi a Graz, Vienna e Santa Cecilia a Roma, ha sentito il dovere di “riportare l’opera a Teheran”. Come ha spiegato all’agenzia di stampa Ilna, nel Febbraio 2011 Rosat coraggiosamente e curiosamente scelse proprio Gianni Schicchi, con una trama «facile da comprendere e interessante per noi iraniani», per una prima rappresentazione durante il Festival Fajr, che la Repubblica islamica allestisce ogni anno per celebrare l’anniversario della Rivoluzione. Fu dopo il successo della seconda rappresentazione nel luglio dello stesso anno che Rosat si mise al lavoro per il secondo progetto, il romanzo musicale dei bambini von Trapp e della loro tata, andato in scena, forse aiutato dalla nuova atmosfera politica, dopo undici mesi di preparativi nei giorni scorsi, spezzando così un tabù durato ben 34 anni. Il grande successo di pubblico e della critica - incluso il premio Oscar Asghar Farhadi - ha comportato diverse serate aggiuntive di rappresentazione.
LA SCENA
La versione iraniana di The Sound of Music, che è stato presentato con il titolo Sorrisi e Lacrime e cantato interamente in persiano, presenta notevoli differenze sceniche rispetto agli allestimenti di Broadway o la famosa versione hollywoodiana con Julie Andrews e Christopher Plummer. Le sfarzose orchestre sono state rimpiazzate da un ben più essenziale quintetto d’archi coadiuvato da un pianoforte. In ossequio alla morale islamica, tutte le figure femminili devono presentarsi in scena velate, una limitazione smorzata dalla presenza di numerose suore nella trama originale, ed evitare lunghe arie solitarie. La scena dell’amore finalmente sbocciato tra il Barone von Trapp e Maria si è inoltre svolta con i due protagonisti a debita distanza fisica. Ma tutto ciò non detrae dalla natura storica di un’iniziativa che, assicura Rosat, non si fermerà a Gianni Schicchi e Tutti Insieme, ma rappresenta l’avvio di un rinnovato approccio, politica permettendo, verso due generi-cardine della musica occidentale sinora fuori dagli schemi della vivace comunità musicale di Teheran. Tuttavia Rosat ha ricordato in questi giorni le notevoli difficoltà a cui vanno incontro gli artisti della sua Teheran Opera Ensemble: prima del 1979, ha spiegato all’Isna, «l’opera era sovvenzionata dallo Stato e attraeva i migliori istruttori italiani». Oggi sono invece costretti a cercare finanziamenti nel settore privato, mentre rimangono in attesa di un sostegno più duraturo delle autorità culturali.