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 2013  ottobre 15 Martedì calendario

L’EREDITÀ DI CRAXI ALL’ASTA: C’È PURE UN FINTO MODIGLIANI


La storia è un po’ mesta. L’eredità politica di Bettino Craxi se la sono contesa in tanti per due decenni, ma la notizia è che l’eredità economica finirà direttamente all’asta. Su un quotidiano, infatti, è comparso un avviso del Tribunale di Milano in cui l’eredità è messa in vendita per un «prezzo minimo» di 350mila euro: entro mezzogiorno del 30 novembre gli interessati possono farsi vivi presso i curatori (notaio Ajello - Sormani, curatrice Paola Grissini) purché versino una caparra di 35mila euro. Ma di che eredità stiamo parlando?
La storia è un po’ mesta. Bettino Craxi nel 1997 era già esule in Tunisia da tre anni (cioè latitante) e da altrettanti aveva abbandonato la sua casa di via Foppa a Milano. Era già condannato a cinque anni e mezzo per corruzione e ormai era già chiaro a tutti che non sarebbe tornato più. Però, di non avere con sé le sue cose, quelle che aveva collezionato per tutta la vita, gli dispiaceva.
Purtroppo, però, il 13 marzo 1997 ci fu una soffiata: «Andate al porto, la nave è questa, controllate». Il porto era quello di Livorno e la motonave si chiamava Linda, anche se i 250 scatoloni da controllare erano ancora su un camion con targa tunisina posteggiato al deposito doganale di Varco Galgani.
C’erano, sì, anche scatoloni di maglieria grezza che risultavano indirizzati al maglificio «Pullovex sarl, Zone Industrielle Route pour Tunis, 3100 Kairouan», tutto imballato con nastro da pacco: però erano 1200 chili di roba, troppi per essere soltanto lana. Così i finanzieri aprirono le scatole una per una, e ci misero una giornata intera.
I giornali scrissero di «tesoro di Craxi» e «archivio di Craxi» e scemenze varie su Craxi; intervenne il servizio antifrodi e ne nacque un tourbillon giudiziario che si concluderà con l’assoluzione di Anna Craxi, moglie di Bettino.
La stampa, al solito, ricamò di brutto. Scrissero di preziosissimi oggetti d’arte antica, quadri di Rembrandt e di Poyakof, sculture di Modigliani, la procura circondariale livornese invocò una valutazione del celeberrimo Pool della procura di Milano. Questo mentre Craxi inondava le redazioni di fax per spiegare che quelli, in sostanza, erano solo gli arredi di casa sua, insomma era un trasloco, e neanche suo, ma principalmente di sua moglie Anna che aveva deciso di vivere anche lei ad Hammamet. La polemica s’inabissò.
L’iter per il dissequestro ovviamente fu lungo e complesso. Di autentici «tesori di Craxi» alla fine non ne troveranno mai, e sarà il procuratore aggiunto del Pool di Milano, Gerardo D’Ambrosio, ad ammettere che Craxi non arricchì mai personalmente con la politica. A parte un paio di modesti appartamenti per i figli e qualche versamento per l’amante (una ridicola tv privata) altri tesori non riusciranno a trovarne. La celebre villa di Hammamet, negli anni Sessanta, fu pagata due lire. Però ecco, c’era il tesoro sequestrato a Livorno. Il 12 marzo 1999, cioè due anni dopo, sul quel carico venne posto addirittura il vincolo delle Belle arti: la Sovrintendenza ai Beni culturali di Pisa iniziò un’indagine per stabilire se il materiale rinvenuto potesse essere considerato esportabile.
L’anno dopo, il 23 marzo 2000, poco dopo la morte di Craxi, la famiglia decise di accettarne l’eredità con beneficio d’inventario: una cautela obbligata, visti i processi di Mani Pulite e quindi il rischio di ereditare anche i debiti legati alle condanne. Il 28 luglio dello stesso anno il tribunale accolse la richiesta di «inventario asseverato ».
Ed eccolo, il tesoro. Vecchie pistole, sciabole, spade, divise, mostrine, ritratti, incisioni, lettere autografe. Un busto di terracotta di Giuseppe Garibaldi scolpito da Ximenes, comprato da un antiquario di via dei Coronari, ricevuto in regalo da un amico per la festa di compleanno. Moltissimi simboli del Partito socialista tra i quali il garofano scelto per soppiantare falce e martello. Effetti personali di Craxi. Stampe, libri, quadri, cianfrusaglie, cappelli, camice rosse. Un biglietto autografo di Garibaldi omaggiato da Giovanni Spadolini, che lo aveva prelevato dalla sua collezione. Soldatini in camicia rossa comprati al mercatino di Bollate. Niente di notevole valore. Nessun Rembrandt, ovviamente. C’era una testa di Modigliani: ma era falsa, era stata regalata a Craxi dai celebri falsari del 1984, un «vero falso Modigliani » come da l’etichetta applicata sotto il piedistallo. La storia è un po’ mesta. In famiglia ci furono discussioni e disaccordi, ma erano spuntati debiti da ripianare e creditori da acquietare: in particolare c’era da liquidare chi aspettava risarcimenti per la bancarotta del vecchio Banco Ambrosiano. Ergo, decisero di vendere il «tesoro». Gli avvocati Camozzi-Bonissoni-Giuliano passarono la pratica al notaio Ajello e il Tribunale nominò Paola Grossini come curatrice, incaricata di monetizzare il più possibile: e siamo all’annuncio pubblicato ieri. La dottoressa, per il tesoro più fantasticato degli ultimi trent’anni, chiede 350mila euro. Un buon bilocale al Giambellino.