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 2013  ottobre 15 Martedì calendario

EBOOK SCATTA LA CENSURA AI LIBRI SCANDALO VENDUTI SUL WEB


Non ho niente da dire ai giornalisti, se non che ho un bambino e questa caccia alle streghe gli sta togliendo tutto il sostentamento. La narrativa è narrativa. Tocca ai genitori far sì che opere oscene non vengano lette dai propri figli». A parlare, raggiunta da Repubblica, è Cassandra Zara, autrice americana over 30 dall’identità molto dubbia. Che, oltre a lodare nel suo unico messaggio Twitter «la pornostar preferita » da suo marito, pubblica autonomamente, su Amazon, Kobo e altri portali, romanzi ebook assai spinti, per molti indecenti. Uno di questi è “No, preside, non...” (e qui preferiamo glissare). Nel libro digitale, brevissimo ed economico, una studentessa fa sesso con un suo professore. Poi viene praticamente violentata dal preside. E lei, ad abuso concluso, apprezza. «Io e i miei colleghi non scriveremmo cose del genere se non ci fosse un ampio pubblico a leggerci», aggiunge la Zara. Prima di interrompere ogni comunicazione. E sprofondare nel silenzio. La “caccia alle streghe” citata da Zara sarebbe quella che, negli ultimi giorni, l’ha coinvolta insieme ad altri “scrittori” (forse pseudonimi. O magari avatar?) di affini bestialità, come Ashley Gold, Alicia Hathaway ed Erika Simons. La causa: molti dei loro titoli, come “Darò alla luce il bambino di mio padre” o “Papino mangia me per cena” o “No, professore non abusare di noi” (per citare i citabili), sono finiti sotto accusa a causa dei loro contenuti pornografici e scabrosi, quali incesto, stupri, rapporti sessuali tra studentesse e professori, ai limiti della pedofilia. Il tutto senza alcun filtro per minori.
Esploso lo scandalo, Amazon e Kobo, i due principali retailer mondiali di ebook, hanno subito cominciato a eliminare molti dei titoli incriminati dalla loro “vetrina virtuale”, raggiungibile da chiunque. WH Smith, la famosa catena britannica — che è partner di Kobo — ha addirittura chiuso il proprio sito, in attesa di ripulirlo dalle oscenità che spesso si intrufolavano persino tra i libri per bambini. Ieri mattina Kobo, profondamente «costernata», si è scusata pubblicamente per l’accaduto, «causato da utenti che non hanno rispettato i termini» imposti dal self-publishing del loro sito, e ha ringraziato coloro che hanno segnalato i titoli indecenti, alcuni dei quali apologetici nei confronti di varie turpitudini.
Già, «segnalato». Perché il filtro posto dalle grandi librerie online alle autopubblicazioni è ancora molto labile. E se viene scavalcato l’unico ostacolo per sbarcare in Rete, spesso la sua rimozione avviene solo se il titolo genera scandalo o viene appunto «segnalato» da altri utenti o giornalisti. Nel caso di Kobo, per esempio, a leggere il regolamento della casa canadese, gli ebook autoprodotti vanno online (e quindi a disposizione di tutti) «nel giro di 24-72 ore». Un lasso di tempo limitato per controllare se un’intera pubblicazione non infrange le linee guida di retailer come Amazon e Kobo, che vietano espressamente materiale pornografico e «offensivo». La mole del self-publishing, poi, è possente: nel caso di Kobo, rappresenta il dieci per cento delle vendite unitarie dell’azienda. E le grandi case che li ospitano sui loro portali guadagnano circa il 30 per cento su queste vendite.
Negli anni, Amazon e Kobo hanno sempre dichiarato di voler difendere la libertà di espressione, senza praticare censure preventive. Il problema è capire, ogni volta, il limite tra la libertà e le oscenità più grevi che possono sfociare anche nell’apologia di reato. Valutazioni che un algoritmo difficilmente riesce a fare nel magma delle autopubblicazioni. Qualche anno fa Amazon rimase scottata da un caso bomba, e cioè la messa online di un delirante “Manuale per pedofili”, preceduto anni prima dallo sconcertante “Capire i ragazzini amati e gli amanti dei ragazzini”. Entrambi titoli erano autopubblicati. E sono stati rimossi dal colosso americano solo dopo uno scandalo mondiale. In questo modo, i minori rischiano di non avere alcuna protezione. Kobo, però, sembra già corsa ai ripari e, interpellata da Repubblica, fa sapere che tra qualche settimana (anche in Italia) per i suoi libri sarà pronto un nuovo sistema di parental control, ossia filtro per bambini. Amazon, al momento, non ha risposto.
«Ricordiamo che l’articolo 21 della Costituzione condanna “le manifestazioni contrarie al buon costume”. E sono ancora in vigore gli articoli 528 e 529 del Codice penale contro le pubblicazioni oscene, anche se in genere si applica il buon senso», dice a Repubblica lo scrittore e giornalista Antonio Armano, che ha appena pubblicato per Aragno il saggio Maledizioni - Processi, sequestri e censure a scrittori e editori in Italia dal dopoguerra a oggi, anzi domani. «Anni fa c’è stato un caso simile con i racconti Il male naturale di Giulio Mozzi. Un estratto con contenuti pedopornografici finì online e ci fu il putiferio, tanto che la Lega Nord fece un’interrogazione parlamentare e la raccolta fu rimossa dalla Rete. Ma – prosegue Armano – il vero problema, al di là del codice etico dei vari venditori online, è se c’è un’apologia di reato. In quel caso, cambia tutto ».