Roberto Giovannini, La Stampa 15/10/2013, 15 ottobre 2013
BRITISH ATTACCA ALITALIA: AIUTI DI STATO
Non sono bastate nove ore agli azionisti dell’Alitalia, convenuti nel «Palazzo di vetro» dell’aeroporto Leonardo Da Vinci di Fiumicino, per trovare un accordo sul futuro della compagnia di bandiera. Il confronto è rimasto aperto fino a notte fonda: tre ore di riunione di Consiglio di amministrazione e conciliaboli vari, e poi una interminabile assemblea dei soci convocata per deliberare l’aumento di capitale da 300 milioni di euro deciso all’unanimità dal Consiglio di amministrazione venerdì scorso. Sembra probabile che tutti - compresi i franco-olandesi di Air France-Klm, che già avevano votato a favore dell’aumento di capitale in sede di Cda - diano l’atteso via libera all’aumento di capitale. Ma a Fiumicino in piena notte si discute ancora.
Nel corso dell’interminabile discussione in assemblea i soci italiani della cordata hanno chiesto che il sì di Air France-Klm all’operazione che farà entrare nella compagine azionaria di Alitalia anche Poste Italiane non fosse condizionato. Il timore è che al momento decisivo - i soci hanno 30 giorni di tempo per sborsare davvero i soldi promessi - i franco-olandesi si tirino indietro. Una garanzia di questo tipo non è stata data, a quanto pare: Air France-Klm prima di pagare la sua quota di 75 milioni di euro vuole che le banche italiane si facciano carico di garantire interamente il miliardo e trecento milioni di debiti che la compagnia di bandiera ha accumulato nel corso dei cinque anni della nuova gestione. E soprattutto pone una serie di vincoli sul piano industriale. a cominciare da modifiche sulle politiche delle rotte e sul costo del lavoro, che significa interventi sugli organici e sui salari.
Insomma, le incognite sul futuro di Alitalia sono ancora tutte sul tavolo. Tenendo presente peraltro che come ha chiarito ieri il viceministro dell’Economia Stefano Fassina, l’intervento nella compagine azionaria di Poste «non è la soluzione definitiva, ma serve a costruire condizioni per trovare una soluzione che non sia la svendita di Alitalia e abbia un partner industriale robusto».
E bisogna fare i conti anche con il pericolo che i 75 milioni investiti da Poste vengano considerati «aiuti di Stato» dall’Europa. È questa la tesi del concorrente British Airways, che denuncia un ritorno al protezionismo. «Ci aspettiamo che la Commissione europea intervenga per sospendere questo aiuto manifestamente illegale», afferma Iag, la holding che controlla British Airways, Iberia e Vueling. Un’accusa simile arriva dal «Financial Times», secondo il quale a Roma «il protezionismo industriale è tornato di moda». Immediata la replica di Palazzo Chigi, che chiarisce: «Non è protezionismo, ma il contrario», è un’operazione «per arrivare a negoziare la fusione con un partner internazionale in condizione di spuntare risultati positivi». Nega anche il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi. Bruxelles fa sapere che «solo dopo la notifica delle misure adottate saremo in grado di valutare la loro compatibilità con le norme Ue sugli aiuti di Stato».
Il ruolo dei francesi in Alitalia, intanto, continua a far discutere. Per il leader della Cisl Raffaele Bonanni «ci vuole un alleato, bisogna ricostruire Alitalia ma non credo che i francesi di Air France facciano al caso nostro perché loro vogliono solo il loro hub. Meglio allearsi con i tedeschi oppure con altre compagnie di altre realtà regionali». Ma Lufthansa dice che «non prevede attualmente investimenti in altre compagnie. E questo comprende anche Alitalia». Anche i russi di Aeroflot si dichiarano non interessati.