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 2013  ottobre 15 Martedì calendario

IL NOBEL DELLE LARGHE INTESE


C’è una storiella che gira a proposito di Eugene Fama, uno dei tre co-vincitori del Nobel per l’economia quest’anno. Suona così: il professor Fama passeggia per il campus dell’università di Chicago con un suo assistente. L’assistente gli dice: «Guardi, c’è un biglietto da 100 dollari per terra». Fama risponde: «Lasci stare, è sicuramente falso. Altrimenti l’avrebbe già raccolto qualcun altro».

Per le certezze da questa storiella derise – la cosiddetta «ipotesi dei mercati razionali» – Fama, 74 anni, lontane origini italiane, era stato a lungo in odore di Nobel prima della grande crisi; dopo il fallimento della Lehman Brothers si usava scherzare che non l’avrebbe preso mai più. Invece gliel’hanno dato. Però, con un colpo al cerchio e uno alla botte, l’Accademia svedese delle Scienze ha attribuito il premio anche a Robert Shiller, che ha idee opposte alle sue.
Shiller, 67 anni, docente a Yale, allievo di Franco Modigliani, aveva previsto lo scoppio della bolla immobiliare che nel 2007 ha messo in crisi i mutui subprime e attraverso di essi le banche. Da tempo ammoniva che i prezzi delle case prima o poi sarebbero caduti e non di poco; lo disse anche a La Stampa nel gennaio 2006. «Sì, è dal 1996 che lo sosteneva» ha polemizzato con lui Fama, come a dire che anche gli orologi fermi mostrano l’ora giusta due volte al giorno. I due non si piacciono, con tutta evidenza.
La motivazione del Nobel riconosce che negli studi per prevedere le tendenze dei mercati i premiati di quest’anno hanno seguito filoni di ricerca opposti. Fama e il terzo vincitore, Lars Hansen, 63 anni, pure docente a Chicago, hanno sviluppato l’ipotesi di comportamenti razionali degli investitori. Shiller si è soffermato invece sulle componenti irrazionali, ricorrendo anche alla psicologia.
Fama sostiene convinto che la grande crisi era imprevedibile; secondo i suoi critici più maligni, a tutt’oggi non sa ancora spiegare perché sia avvenuta. Shiller si era già distinto nell’ammonire sulla fragilità del boom di Wall Street spinto dai titoli dell’informatica e di Internet: il suo libro «Irrational exuberance» («Euforia irrazionale» nell’edizione italiana) uscì proprio nella primavera 2000, quando la bolla stava scoppiando, e negli Stati Uniti diventò un best seller.
Tutto è razionale nei mercati secondo Fama. Molto è irrazionale secondo Shiller, come si legge nel libro «Spiriti animali» (Rizzoli 2009), che ha scritto insieme all’amico George Akerlof, già premiato con il Nobel nel 2001. Akerlof è ora noto alla cronaca come marito di Janet Yellen, prima donna designata a guidare, dal gennaio prossimo, la banca centrale americana.
Vanno vicine al merito del contendere le ragioni espresse dalla giuria del Nobel: «Non c’è modo di predire se i prezzi delle azioni e delle obbligazioni saliranno o scenderanno nei prossimi giorni o nelle prossime settimane. Ma è possibile individuarne le tendenze di massima su periodi più lunghi, dai tre ai cinque anni» come hanno mostrato i premiati di quest’anno.
Secondo molti economisti, la sottovalutazione dei rischi nelle grandi banche di investimento americane, causa della rovina prima di Bear Stearns poi di Lehman Brothers, si fondava appunto su una eccessiva fiducia in modelli fondati sulle idee di Fama. Fama ribatte invece che l’incentivo a rischiare troppo nasce dal «too big to fail», ovvero dalla certezza dei grandi banchieri che lo Stato sarà costretto a salvarli. Tuttavia il Nobel lo meritava, riconosce da avversario Paul Krugman, vincitore del premio nel 2008.