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 2013  ottobre 15 Martedì calendario

IL COWBOY DELLE NEVI CHE VOLEVA ESSERE UN GRANDE SCRITTORE


Se n’è andato anche lui, il gigante buono della montagna. Si chiamava Rolando Marchi, ma bastava dire Rolly e alla mente di tutta l’Italia che scia e arrampica veniva in mente quell’allampanato trentino di quasi un metro e novanta che non saltava nessun appuntamento della montagna estiva e invernale. Ne era la memoria storica, il testimone vivente, l’ultimo dinosauro scampato all’estinzione di un mondo che non c’è più. Nei 92 anni della sua lunga vita aveva compiuto scalate con Dino Buzzati, di cui era amico, e poi con Mauro Corona; arrampicato con miti della storia dell’alpinismo come Cesare Maestri, Walter Bonatti, Reinhold Messner, Bepi de Francesch, Manolo; sciato con Zeno Colò e perfino con Federico Fellini. Era l’unico giornalista che avesse seguito tutte le edizioni delle Olimpiadi invernali e molte delle estive: dal ‘36 al 2006. Con la sua vena affabulatoria ricordava Hitler rigido in tribuna a Garmisch-Partenkirchen, accanto a Goebbels che firmava autografi. Rolly era stato in tutte le finish area del mondo, testimone dei successi di Toni Sailer, Gustav Thoeni, Alberto Tomba. Nello sci di fondo aveva visto tagliare traguardi storici ad atleti come Silvio Fauner e Franco Nones. Nel ‘56 fu speaker della prima olimpiade bianca italiana a Cortina. L’anno dopo con Mike Bongiorno inventò il Trofeo Topolino, che, dopo l’esordio a Courmayeur, era riuscito a portare sulle nevi del Monte Bondone. Una gara storica, che ha rivelato molti campioni, da Marc Girardelli a Ingmar Stenmark. Anche la 3Tre, leggendaria gara di Coppa del Mondo di Madonna di Campiglio, reca la sua firma. Alpinista, sciatore, giornalista, fotografo, organizzatore culturale e sportivo, aveva trovato il tempo di scrivere un’infinità di libri e con Ride la luna era arrivato finalista al Campiello. La letteratura era la sua fissazione. «Buzzati avrebbe dato due suoi libri per una scalata di sesto grado — disse —, Parise avrebbe fatto altrettanto pur di vincere la coppa del mondo di discesa libera. Io cederei i miei titoli di sportivo se qualcuno mi definisse scrittore». Lo chiamavano il cowboy delle nevi, perché portava un cappellone a tesa larga: glielo aveva regalato Walt Disney nel 1960 ai Giochi di Squaw Valley. Lo abbiamo visto così nelle ultime apparizioni, cieco da un occhio dopo un incidente stradale. Minimizzava i suoi titoli. «Nessun merito, solo anagrafe».
Franco Brevini