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 2013  ottobre 15 Martedì calendario

LE MOTOVEDETTE DONATE AI LIBICI SONO FERME IN UNA BASE A GAETA


Ferri vecchi. Erano ridotte così le motovedette che avevamo consegnato in pompa magna a Muhammar Gheddafi per onorare il trattato bilaterale che avrebbe dovuto evitare gli imbarchi dei disperati diretti verso le nostre coste.
Quelle imbarcazioni veloci e superattrezzate erano solo una parte delle numerose concessioni fatte dall’Italia a Tripoli per ottenere il pattugliamento marino. Non senza spiacevoli conseguenze. Prima fra tutte quella subita da un imbarcazione di pescatori siciliani che venne mitragliata nel golfo della Sirte da una motovedetta con finanzieri italiani a bordo.
Chi ha pensato che fossero all’opera in questi giorni di emergenza per combattere il traffico di esseri umani, sbaglia. Non ce n’è più neanche una. Né le tre consegnate a maggio del 2009. Né le altre tre cedute nel febbraio 2010 all’ex ambasciatore libico Hafed Gaddur in una cerimonia presenziata dall’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni, dal capo della polizia, lo scomparso Antonio Manganelli, e dall’ex comandante della Guardia di Finanza, Cosimo D’Arrigo.
E allora dove sono? Qui. Dove saranno riparate a spese nostre. Per la precisione, due sono già arrivate. Sono state riaccolte nella base navale della Guardia di Finanza di Gaeta che le aveva salutate il giorno dell’addio verso Zuwarah. Due stanno per arrivare. Destinate al cantiere di Bacoli-Miseno (Napoli). Erano grippate, danneggiate e saccheggiate. Ma sono sopravvissute alla rivoluzione (che si è portata via le altre due ormai inservibili) e all’incuria e assenza di manutenzione dell’attuale situazione post-bellica. Troppo difficili le riparazioni per poterle fare a Tripoli. Ne erano state consegnate anche sei più piccole. Anch’esse in riparazione, portate però a Biserta in Tunisia. Attualmente a provvedere ai pattugliamenti sono rimaste alcune vecchie imbarcazioni acquistate dai Paesi Bassi. Quindi occorrerà attendere le riparazioni che, da trattato, spettano a noi. Poi, al massimo entro l’estate, saranno rispedite a Tripoli. Ma certo non basteranno a fermare la marea umana che arriva in Libia. Un po’ attirata dall’illusione (vana) di trovare un Paese ormai pacificato e in fase di sviluppo, un po’ dai prezzi calmierati del cibo. E che convinti dai trafficanti azzardano l’ultimo viaggio. Proprio per questo lunedì scorso il neodirettore della polizia dell’immigrazione Pinto ha siglato a Tripoli un nuovo accordo per addestrare la polizia libica a compiti più umanitari e meno repressivi.
Virginia Piccolillo