Carlo Mochi Sismondi, Il Sole 24 Ore 14/10/2013, 14 ottobre 2013
«SMART CITY» A UN BIVIO DECISIVO
Nei prossimi sette anni arriveranno, dall’Europa direttamente sulle città italiane, almeno cinque miliardi di finanziamenti per l’innovazione. Una pioggia di soldi degna di altri tempi che è certo una grande opportunità, ma anche una sfida. Una sfida che rischiamo di perdere senza cambiamenti strutturali nel modo di progettare gli interventi, nella governance dell’innovazione, negli strumenti di partnership tra pubblico, privato e cittadinanza attiva, senza una nuova sinergia che eviti frammentazioni egoistiche e promuova collaborazione, standardizzazione delle soluzioni, condivisione dei percorsi.
Cominciamo dai finanziamenti. Circa un miliardo è stato già stanziato dai tre successivi bandi per le smart city; la programmazione europea 2014-2020, giunta in queste settimane alla stretta finale, prevede che circa il 5% dei 30 miliardi che sono previsti per l’Italia vada alle città, cifra che raddoppia con il cofinanziamento nazionale; almeno un altro miliardo arriverà dai bandi per l’efficientamento energetico, per i trasporti e la logistica. Il problema è che questi soldi arriveranno solo se dimostreremo capacità di progettare, impegnare e spendere. L’anamnesi è molto negativa: trascorso oltre l’80% del tempo disponibile per utilizzare i fondi 2007-2013, abbiamo impegnato solo il 40% delle risorse disponibili, con territori importanti (vedi i Por della Calabria o della Campania) che non superano il 25%. L’accelerazione data dal Governo Monti, con l’allora ministro Barca, è stata impressionante, ma non ci ha impedito di essere collocati al 26° posto sui 27 Stati della Ue per capacità di spesa.
A questa scarsa capacità di spesa fa riscontro una governance centrale che, come stiamo vedendo nel caso dell’Agenda digitale, non riesce a trovare neanche la sua forma giuridica per intervenire. Che, a oltre un anno e mezzo dal decreto che l’annunciava, il programma per l’Agenda digitale latiti tra statuti fantasma dell’Agenzia e leadership incerta e confusa con affollati comitati di ministri, digital champion e direttori che non dirigono nulla, la dice lunga sulla nostra possibilità di essere veloci e incisivi, come richiederebbero sia il momento sia la materia in continua evoluzione.
Passando poi alle città, le beneficiarie dirette degli interventi, vediamo anche qui uno iato tra dichiarazioni di intenti ed effettiva operatività. Da una ricerca recente svolta dall’Osservatorio Smart City dell’Anci in collaborazione con Forum Pa emerge che tra le prime 40 città italiane che hanno dichiarato di voler divenire "smart", solo il 31% ha scelto una forma di governance per questa politica, mentre il 69% non ha ancora definito la composizione della regia politica e organizzativa che deve guidare la pianificazione della smart city. Insomma non sanno chi dovrà prendere in carico questa politica. Ma senza una testa unitaria si rischiano interventi dispersi e frammentari, il contrario della visione olistica che deve star dietro alla costruzione della comunità intelligente.
Un ultimo grave deficit affligge le nostre amministrazioni: fanno enorme fatica a lavorare in rete e a fare sistema sia al proprio interno, coinvolgendo spesso in modo solo formale la società civile e le imprese, sia tra amministrazioni omologhe. Basti pensare al fallimento sostanziale che hanno avuto sinora le politiche per l’unione dei comuni, per le funzioni associate, per le azioni di sistema, cosa che è tanto più grave in una Paese in cui solo 15 città superano i 200mila abitanti e l’85% dei comuni non supera i 10mila.
Ma se i nostri amministratori non riescono a percepirsi come manager capaci di gestire reti di relazioni, non riescono neanche a immaginare nuovi percorsi per lavorare assieme alle imprese. Ancora le iniziative in project financing sono pochissime, con qualche eccezione in settori "facili" come l’illuminazione stradale; ancora le forme di procurement avanzato e di partenariato pubblico privato sono viste con grande diffidenza e sostituite con più rassicuranti gare al massimo ribasso, ancora la co-progettazione prevista dal procurement precompetitivo resta roba da convegni. Il risultato è che il sapere e l’esperienza delle aziende tecnologiche restano oltre frontiera e le grandi multinazionali lasciano qui solo le filiali commerciali.
Di fronte a questi incancreniti difetti la tentazione di essere pessimisti è forte. Se oggi nonostante tutto lo sono meno del solito è per due motivi che fanno intravedere una possibile svolta. Da una parte perché, nonostante tutto progetti interessanti si stanno facendo e il traino delle cose fatte è potentissimo, specie nella Pa dove regna "il precedente". Le politiche per la mobilità di Genova, la nuova stazione intermodale di Modena, le nascenti "isole digitali" di Milano stanno disegnando una nuova mobilità; l’impegno per favorire le imprese di giovani a Bari, il progetto di smart environment di Ferrara, la rigenerazione urbana partecipata di Lecce, la knowledge economy di Reggio Emilia stanno proponendo una città adatta alla nascita di imprese innovative; la gestione unitaria del patrimonio storico e artistico proposta da Firenze è un esempio per le città d’arte italiane; la rete civica di Bologna apre grandi spazi di partecipazione. Insomma qualcosa si muove. Altra ragione di ottimismo è che l’Anci ha deciso di prendere la regia dell’innovazione nelle città e, con il suo "Osservatorio smart city", proporrà un percorso guidato per far uscire il concetto di smart city dall’indistinto per disegnarne una definizione operativa e condivisa. Smart city Exhibition, in programma a Bologna dal 16 al 18 ottobre in contemporanea con il Saie, sarà la prima occasione ufficiale in cui tale strategia di orientamento e coinvolgimento sarà esposta con il rilascio di un "vademecum" di azioni concrete che, partendo da quel che si sta facendo, segni un percorso futuro insieme. Come sempre quindi luci e ombre, ma con una prevalenza di luci dove si fanno i progetti e di ombre proprio lì dove si decidono le politiche nazionali e si prendono decisioni strategiche per un Paese che non ha ancora deciso cosa vuole essere domani.
Carlo Mochi Sismondi*
*Presidente Forum Pa, Ad di Smart City Exibition