Ilaria Maria Sala, La Stampa 14/10/2013, 14 ottobre 2013
“LA DEMOCRAZIA, UN DISASTRO” PER LA CINA È ARRIVATA L’ORA DELLA DE-AMERICANIZZAZIONE
Una superpotenza inaffidabile, bloccata in una lotta intestina che porta l’intero pianeta a interrogarsi inquieto sul futuro: così la Cina descrive l’America dello shutdown. E chiama alla «deamericanizzazione» mondiale.
L’appello arriva attraverso un editoriale pubblicato ieri sull’agenzia di stampa «Xinhua», portavoce ufficiale del Partito comunista e del governo cinese: «Mentre i politici americani di entrambi i partiti continuano nei loro andirivieni fra Capitol Hill e la Casa Bianca, senza trovare un accordo funzionante che porti normalità al sistema politico del quale tanto si vantano, è forse giunto il momento per il resto del mondo, che guarda incredulo, di cominciare a pensare a costruire un sistema de-americanizzato».
L’articolo, a firma Liu Chang, continua in tono tutt’altro che rispettoso, accusando l’America di ogni egemonia e di tutti i mali, incolpandola di non aver saputo «onorare i suoi doveri in quanto super-potere», e di aver anzi «egoisticamente abusato del suo stato di superpotenza introducendo ancora più caos nel mondo spostando all’estero i suoi rischi finanziari, istigando tensioni regionali e dispute territoriali, e combattendo guerre ingiustificate usando menzogne come scuse». La retorica si inasprisce, e Liu aggiunge che «i giorni allarmanti in cui i destini delle persone sono nelle mani di una nazione ipocrita devono terminare… Al loro posto va messo un nuovo ordine mondiale, nel quale tutte le nazioni, grandi o piccole, povere o ricche, possano avere i loro interessi chiave rispettati e protetti, da pari a pari».
Ma nell’immediato, dice l’articolo, l’America deve trovare un accordo che rimuova lo shutdown ed elimini il rischio rispetto al pagamento del debito estero - la vera, immediata nota dolente, dato che la Cina detiene 1,28 trilioni di dollari americani in buoni del Tesoro Usa (secondo dati americani), e il rischio di un default sta lasciando molti, qui in Cina, del tutto spiazzati.
Non aiuta, poi, che la Cina abbia registrato proprio ieri risultati assai deludenti per le esportazioni: un meno 0,3% che nessun analista si aspettava. I porti cinesi stanno evadendo gli ordini natalizi, spedendo i futuri acquisti da mettere sotto l’albero in tutta Europa e negli Usa, e una volta di più l’anemica crescita economica internazionale ha un impatto negativo su quella cinese, fra le più dipendenti dalle esportazioni.
Se per molti Paesi è difficile concepire quello che stia avvenendo nei corridoi del potere americano in questi giorni, tanto più lo è per Pechino, che anche nei momenti migliori non è in grado di apprezzare i delicati lavorii e travagli interni delle democrazie. Ma lo shutdown va al di là di ogni comprensione, e Pechino mostra la sua insofferenza. Negli ultimi giorni ha inviato messaggi diretti e attraverso organismi internazionali cercando di sospingere l’America verso una risoluzione dei problemi legati al tetto finanziario massimo - ma ora, attraverso il suo principale organo di stampa, fa sapere che è giunta l’ora di «una nuova moneta internazionale di rifugio che possa essere creata per rimpiazzare il dollaro Usa».
Per Pechino, dunque, superpotenza del futuro dall’ascesa impaziente, l’impasse di Washington è il momento migliore per criticare la Pax Americana «incapace di portare una pace vera e duratura», e cercare di spiazzare il rivale dalla scena mondiale.