Cinquantamila.it La storia raccontata da Giorgio Dell'Arti

Tic tac, tic tac. Forse non lo sapete, ma anche una lavatrice può essere a orologeria. E la lavastoviglie, le casse del computer, l’autoradio e il cellulare. Fatti per durare, ma non troppo. Spesso, fatti per rompersi poco dopo la fine della garanzia. E, no, quando succede non è sempre e solo sfortuna. È un meccanismo che si chiama obsolescenza programmata, di cui ha scritto anche il filosofo francese Serge Latouche in un libro piuttosto famoso.
«Non è una novità dei nostri tempi», rivela Pino Bruno, direttore di Tom’s Hardware Italia e autore di «Dolce Stil Web» (Sperling & Kupfer): «Tutto iniziò con le lampadine a incandescenza, programmate per resistere un tot e poi esaurirsi. Il tema poi ha ripreso piede in Rete, dove sull’argomento gira molto un docu-film spagnolo molto ben fatto».
Sempre impegnata a sorpassare se stessa, la tecnologia ha contribuito a questo meccanismo diabolico. E la nostra vita di consumatori è sempre più un comprare e ricomprare, in versioni più nuove, gli stessi aggeggi. «In fondo – spiega Bruno – oggi è raro che smartphone o simili si rompano in modo drastico al termine della garanzia. Fino a 4 o 5 anni possono durare senza problemi, ma le aziende per farceli cambiare sfornano di continuo nuovi modelli. A volte con miglioramenti minimi, ma qualche effetto speciale che finisce per convincerci».
Il vero grande tallone d’Achille di telefonini e gadget vari restano le batterie. «Il problema più grande è lì: siamo portati continuamente a comprare apparecchi con processori più potenti e poi a scaricare decine di applicazioni. Ma ci ritroviamo alle tre del pomeriggio con la batteria già scarica». Difendersi, dal marketing, dalle batterie e dall’obsolescenza programmata non è facile. «Forse l’unico trucco – conclude Bruno – è acquistare una garanzia prolungata, magari fino a cinque anni, offerta da molti produttori e negozi. Doverla pagare è un po’ un paradosso, ma almeno ci si tutela».

STEFANO RIZZATO