Giuseppe Bottero, La Stampa 14/10/2013, 14 ottobre 2013
PENSIONATI E SMANETTONI INSIEME, SI AGGIUSTA TUTTO
Lo smanettone ventenne, capelli rasta e occhiali da secchione, porta il videoregistratore rotto che custodisce i ricordi della scuola elementare. Il pensionato in salopette, invece, solo le sue competenze: mezza vita trascorsa dietro il bancone di un negozio di elettronica chiuso nel 2011, sbranato dalla crisi e dall’avanzata dei megastore.
L’appuntamento è in un museo di scienze naturali: per una notte però ricerche sulla natura e animali impagliati lasciano spazio ad una spianata di computer, cacciaviti, hard disk. Appeso al muro, uno striscione su cui campeggiano una chiave inglese e lo slogan: Don’t despair, just repair. Non disperare, ripara.
Benvenuti al Restart Party, la «festa» degli aggiusta-tutto: dal cellulare che ha perso il segnale al bollitore che ha smarrito la verve. Il progetto è nato a Londra da un’idea del piemontese Ugo Vallauri, 35 anni, e dell’americana Janet Gunder, 33: i due hanno creato una rete che organizza incontri pubblici a cui partecipano volontari disposti a sistemare gli elettrodomestici portati da chi, in cambio, offre la sua disponibilità ad ascoltare. E a imparare. Come spiega Vallauri, «un cellulare ti appartiene davvero solo una volta che l’hai aperto».
Chi interviene ai Restart Party lo fa con la precisione di un chirurgo: d’altra parte, nella memoria dello smartphone «sotto i ferri», potrebbero esserci le istantanee di un’estate, o il numero della ragazza perfetta.
La novità è che, un anno dopo l’esordio nel quartiere di Camden Town, a Londra, i Restart Party sono sbarcati anche in Italia. Il primo a Bra, in provincia di Cuneo: decine di ragazzi per una notte si sono scambiati informazioni sotto gli occhi attenti dei volontari, «chiamati alle armi» con un messaggio su Facebook. Poi toccherà a Roma, Torino, Milano.
«Vorremmo cercare di stimolare un approccio diverso con le tecnologie, rivedere la folle velocità con cui ne compriamo sempre di nuove, e rimediare al fatto che, quando si rompono, ormai non sappiamo più a chi rivolgerci e preferiamo comprane di nuove» spiega Vallauri, che prima di trasferirsi in Gran Bretagna ha trascorso anni in Kenya a collaborare con la Ong «Computer Aid»: recuperava pc usati per distribuirli a basso costo in Africa e in America Latina.
«Riciclare - dice la sua collega Gunder - è l’ultima spiaggia: prima bisogna tentare di riparare». Spesso, è più semplice di quanto non sembri: l’ultima strage dei bollitori a Londra era causata da un elastico. Nella classifica dei Paesi spreconi l’Italia sta ai primi posti. Secondo un rapporto di Ecodom, il consorzio italiano di recupero e riciclaggio degli elettrodomestici, ogni famiglia possiede in media 46 oggetti elettronici, ma il 19% finisce in un cassetto, inutilizzato. Non funziona, o non serve più.
In cima alla lista dei «grandi dimenticati» ci sono pianole (48%), videoregistratori (43%) e monitor (38%). Si stima che nel mondo i rifiuti di computer, telefonini e altri apparecchi di grande consumo potrebbero più che raddoppiare nei prossimi 15 anni: a questi ritmi, passeremo dalle sei milioni di tonnellate censite durante il 2010 alle 15 milioni del 2025.
Un ammasso di immondizia alto quanto un grattacielo di 26 piani. Chi organizza Restart Party, oltre alla sensibilità per l’ambiente, è animato anche da uno spirito social: «Per noi il concetto di condivisione è fondamentale», spiega Ugo Vallauri, che cerca volontari, ma a condizioni precise. Alle serate non girano soldi, chiunque decida di partecipare deve attivarsi per imparare le tecniche di riparazione. Anche se si considera negato per i lavori manuali.
I ragazzi che animano il Restart Project non odiano la tecnologia, anzi: sono convinti che sia impossibile farne a meno. Solo, non ci stanno a farsi divorare dal mondo usa-e-getta. «Se si sgonfiano le ruote della bici la gonfiamo - dice Vallauri -. Perché non imparare a fare lo stesso con lo schermo del telefonino?».