Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  ottobre 14 Lunedì calendario

ALDO COPPOLA


PAVIA Mentre mi racconta che l’idea di abolire i caschi, le torture dello scafandro, gli orrori dei bigodini e delle cotonature, gli venne al mare guardando com’erano più belle le donne quando uscivano dall’acqua «bagnate, liberate e spettinate», l’Aldo segue con la coda dell’occhio la moglie Franca che affronta un fornitore di strumenti terapeutici, bombole d’ossigeno, che le sta proponendo le meraviglie della bombola portatile. L’Aldo, che vive con i suoi Appaloosa e Quarter Horse in una scuderia nell’Oltrepò Pavese, gli dice: « Solo se mi garantisce che posso usarla anche a cavallo». Ride e mi sussurra che «un malato terminale è business». E agita le mani che da sei mesi hanno smesso di mulinare nelle teste delle donne: «Almeno 30 al giorno, tutti i giorni, da quando avevo 13 anni e mio padre mi disse “u te stüdiet u te vet a laurà”» .
Sui banchi soffriva: «Detestavo la scuola, ma non l’imparare». Adesso che ne ha settanta, con 22 milioni di fatturato, 1200 persone che dipendono da lui, e negozi a Londra, a Mosca, in Asia …, Aldo spiega al nipote di 15 anni che «non basta laurà, ci vogliono le mani». E muove le dita che, nel regime dinastico dei Coppola, sono la sede del carisma, la parte del corpo di gran lunga più importante, lo scettro della riproduzione: «Quel ragazzo ha le mie mani». Peccato che gli piaccia «tagliare con la macchinetta». Ma il nonno l’ha avvisato: «Fa minga il pirla». E ricorda quando i parrucchieri erano considerati poco più di niente, e figuriamoci poi il garzone di vicolo Facchini. I Coppola sono da sempre socialisti, «ma Craxi fu un disastro» e l’Aldo si accorse del pediculus capitis della corruzione «dai discorsi che la signora Aniasi e le sue amiche facevano tra loro nel mio salone». E ora? «Ho votato Grillo, ma sono deluso. Avrei votato Renzi. E moltissime mie clienti avrebbero votato Renzi».
La parola cancro non la pronunziamo. Il parrucchiere italiano più famoso del mondo ce l’ha alla prostata dal ‘98, quando un luminare belga, il professore Deni, lo domò con la radioterapia.
Però gli disse: «Tra 10 anni potrebbe farti tribolare». Ne sono passati 15 e ha la metastasi all’osso sacro, e ha pure l’osteoporosi. Certe volte il dolore gli fa credere in Dio, «e allora lo prego di liberarmi, di finirla o di finirmi», ma altre volte lo fa dubitare di Dio: «Io, che non ho mai fatto male a nessuno, mi sento addosso tutto il male del mondo e non capisco». Della Chiesa disprezza l’opulenza, ma si incanta quando incontra «gli occhi dei missionari» e Papa Francesco lo commuove: vorrebbe chiedergli «di fissarlo lui il confine tra la vita degna di essere vissuta e la ferocia della sopravvivenza». Così da decidere «con la benedizione del Papa» di non oltrepassare quella frontiera, «cioè di evitare che il proprio corpo e il proprio spirito siano sfigurati dal dolore, umiliati dalla perdita di coscienza, devastati dal decadimento dell’ organismo e della mente». Davvero Aldo pensava che la malattia fosse il salario del peccato, che gli innocenti non si ammalano.
Lui che abolì le tinture e inventò la colorazione naturale perché non sopportava i capelli sofferenti «prima decolorati e poi tinti, due volte aggrediti dalla chimica», ora si fa bombardare di uranio e imbottire di morfina e per lavarsene ha bisogno delle trasfusioni «le stesse che facevano a Pantani, a me che andavo avanti a bottiglie di Bonarda». Ma il benessere del veleno è un trucco orrendo. Il dolore, solo soffocato, non sparisce mai e ricomincia inarrestabile «come le orribili radici bianche dei capelli colorati».
L’idea che al mondo non c’è un solo capello tinto che sia contento di sé è così felicemente radicale che mi è più facile entrare nel recinto dei pudori, non tutti governati da Franca, che aveva 16 anni quando l’ha sposato, e Aldo chiama Fatima «perché è una madonna che fa i miracoli», lo aiuta sempre e dovunque, gli protegge anche la decenza. «Ogni tanto Fatima piange», sussurra Aldo che pensa di doverle tutto. Sottile, minuta e vivacissima, Franca controlla tutto con la testa inquieta e cattura tutti con gli occhi ‘ladri’.
Ma Franca non c’è quando l’Aldo mi racconta di un conoscente che «si era procurato una pillola che veniva dal Brasile». Il salto di Monicelli e di Lizzani invece gli dà i brividi: «Anche in Italia ci vorrebbe una legge rigorosa e civile per togliere di mezzo queste oscenità, obbrobri estetici: le finestre, i nodi scorsoi, gli spari, i coltelli. La gente crede che il peggior dolore sia quello delle coliche renali o dell’ernia del disco. Non conoscono, non sanno ….». Ogni tanto riceve un guaritore di Treviso, Andrea Penna, 45 anni, gli occhi spiritati, spalancati come quelli della Carfagna. Gli poggia una stagnola sulla schiena e poi avvicina le mani, senza toccarlo. Aldo sente un gran caldo e la stagnola sfrigolando si accartoccia: «Non che passi il dolore, ma qualche sollievo lo dà». Con Franca non funziona: «Perché non ci credo. Ma forse non ci credo perché non ho mai provato un dolore come il suo».
E però, nascosto da qualche parte, c’è sempre un elemento imponderabile, c’è quella cosa strana che si chiama vita e può essere stanata e rimessa in circolo. E allora Aldo fa progetti come un ragazzo, vuol comprarsi una Morgan per esempio, «la macchina perfetta per un malato terminale », e la malattia diventa una metafora, la Morgan come operazione chirurgica, come cicatrice: «Da quando sto male mi è tornata la creatività, vedo cose che prima non vedevo, ho ripreso a inventare tagli, forme, pettinature ». Poi ride e sembra che rida nel sentirsi ridere.
Coppola, per chi non lo conosce (ma chi non lo conosce?), non è soltanto il parrucchiere delle modelle e delle dive. E’ l’uomo che ha liberato i capelli delle italiane e li ha fatti volare, quello che per primo le ha spettinate, «era il tempo delle impalcature, vincevo i concorsi con le ingegnerie alla Maria Antonietta, capelli biforcuti e pensieri messi in piega». Un giorno buttò via tutto, «anche i posticci che erano fatti con il pelo del lama tibetano» e invece di pettinare si mise a tagliare - il famoso “taglio scalato” - e caddero i boccoli e le ciocche come le foglie morte, facendo strada alle idee di libertà e di natura. Pensieri e capelli, spiega l’Aldo, abitano felicemente vicini ma, occupando lo stesso spazio, capita che si urtino duramente: «Le grandi modelle sono tutte intelligenti e rigorose, Naomi Campbell, Donna Jordan, Monica Bellucci…». Qual è la testa che hai amato di più? «Anouk Aimée».
I racconti dell’Aldo sono allegri e profondi, mi parla di quella volta che Linda Evangelista riuscì ad alzare i compensi di tutte le modelle, delle trovate di Versace per battere la concorrenza, della fatica di pettinare la Loren «che non riesce a fare a meno della cotonatura», le genialità e il rigore di Armani e di ’L’Oreal’. Coppola è il made in Italy dell’acconciatura: i capelli cadevano felici sugli abiti di Armani e di Versace, di Ferrè, di Valentino, di Moschino… Mi mostra le fatture di un’ austriaca che ogni venti giorni lo mandava a prendere con l’ aereo privato, una volta ad Antibes, un’altra volta a Klagenfurt…: «50mila dollari più le spese» nel tempo in cui un dollaro valeva quasi duemila lire, «una cifra enorme che sparai perché non volevo andare» e invece «quella mi fa: “Nessun problema, signor Coppola”» . La risata è tornata faticosa perché il dolore avanza attraverso i muscoli come il tignone sulla nuca.
Uno dei suoi grandi amici è l’Oliviero, quello che le foto gli vengono bene: «Lavoravamo insieme alle sfilate e sfruttavamo i vantaggi di non essere gay». Tra le pagine del libro che non ha scritto, quelle sull’amicizia sarebbero senza parole, solo immagini di allegria e di sentimento. E poiché c’è sempre un’altra vicenda che si muove sotto la superficie di ogni vicenda, l’Aldo chiede aiuto senza chiederlo. È come se davvero per ciascuno di noi ci fosse un compagno segreto dal quale, più di ogni altro elemento, più ancora che dalla malattia, la nostra vita dipendesse.