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 2013  ottobre 14 Lunedì calendario

BRANSON, UN ROBINSON FISCALE SI È RIFUGIATO NELLA SUA ISOLETTA


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Ha battuto la ritirata alla chetichella lasciandosi alle spalle il Surrey natio e l’adorato Oxfordshire del buon riposo. Richard Branson è stufo di pagare una valanga di tasse e allora senza tanto dare nell’occhio, questo lui sperava, ha venduto le ville di campagna e la casa londinese affacciata su Holland Park per trasferirsi nei Caraibi in un paradiso fiscale che conosce molto bene visto che Necker Island è un piccolo puntino (ma quanto basta per viverci e divertirsi) delle British Virgin Islands di sua stessa proprietà. Almeno lì, dove ha stabilito il quartiere generale del Virgin Group, non avrà alle calcagna i cattivi segugi delle imposte che lo martellano.
Il sessantatreenne simpatico numero 19 della lista dei contribuenti più facoltosi fra i sudditi di Sua Maestà, nonché uno dei 250 supermiliardari del pianeta (classifica di Forbes) ha riorganizzato la sua vita, il suo lavoro, i suoi affari e il Sunday Times lo ha pizzicato con un titolo in apertura di giornale che è al passo col personaggio: addio Gran Bretagna, sono un esiliato per motivi fiscali. E sotto ha messo pure un bel fotone che lo ritrae con la bandiera in mano, pantaloni e giacca della Union Jack, immagine di un sorridente e vero patriota. Poi il colpo di grazia.
Ma come? Non era proprio Richard Branson che qualche tempo fa dichiarò il suo disgusto verso quei facoltosi signori che reclamano meno tasse? Già. Richiesto da giornali e televisioni di un commento sulla revisione delle aliquote più alte rispose secco: «Farebbe assai male il nostro cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, a intraprendere questa strada». Chi ha redditi e patrimoni elevati paghi il dovuto. E per Richard Branson furono applausi scroscianti.
Qualcosa, però, deve essere cambiato nella sua testa e nelle sue convinzioni. «È la salute che costringe al trasferimento», ribatte ufficialmente. Ma, forse, il morso del fisco si è fatto più dolente sui quasi 4 miliardi di sterline di ricchezza personale che il Times gli accredita. Richard Branson non ha violato la legge. Non ha evaso. Non ha eluso. Ha versato ciò che c’era da versare. Lui e le sue 200 società che hanno in portafoglio attività finanziarie, turistiche, immobiliari sono in perfetta regola. Ma probabilmente il peso dei tributi è divenuto troppo pesante. Quindi: addio Gran Bretagna. Il cervello e il cuore dell’impero Virgin vanno ai Caraibi, nell’isola Necker dove pure William, Kate e Harry sono stati ospiti. Paradiso della natura e del Fisco. Oddio, un paio di anni fa fu devastata da un incendio e la mamma di Richard Branson, novantenne, ne uscì per miracolo solo perché l’attrice Kate Winslet riuscì a salvarla. Necker Island è stata ripulita, risistemata ed è rifiorita.
Richard Branson è un uomo dalle mille virtù. Nella vita ha compiuto capriole invidiabili e fantastiche. Non era uno studente modello, anzi era un asino, tanto che a 16 anni abbandonò la scuola. Ma, adolescente, si inventò prima editore di un giornale per ragazzi, poi discografico e il successo, merito suo, esclusivamente suo, gli arrivò in fretta. E così passo dopo passo, privo di qualsiasi titolo accademico, ha scalato le gerarchie sociali, industriali e finanziarie, con un invidiabile bagaglio di fantasia, di coraggio e con il fiuto vero per il business. Bravissimo. Il preside dell’istituto che frequentava aveva intuito le doti del soggetto: «O finisce in galera o diventa miliardario». Eccentrico, mai fermo, appassionatissimo di sport estremi.
L’ultimo sogno dell’imprenditore anticonformista sembra stravagante ma non lo è. Si è impuntato che il turismo spaziale è, oltre che divertente, pure remunerativo. Ha messo in piedi una società che porterà nello spazio gente di tasca generosa. A passeggio fra le orbite a guardare lo spettacolo della terra. I voli-test sono andati alla perfezione e tra poco, salvo sorprese, il via. Con Richard Branson in persona a salutare Londra da lassù, la città che adora, dove tornerà perché comunque una qualche «casetta» a Kensington o Chelsea l’avrà conservata, ma che, causa fisco asfissiante, lo ha costretto all’«esilio» nei Caraibi e nei cieli.