Filippo Di Chiara, La Gazzetta dello Sport 15/10/2013, 15 ottobre 2013
CONSIGLI PER DECOLLARE
Libri, viaggi, cinema, tennis e boxe (sui parastinchi è impressa la scritta Sugar Ray Leonard, ex iridato in 5 categorie di peso) come passioni, sposato da quasi un anno e mezzo con Alessandra e una visione un po’ fatalista del suo ruolo. È Andrea Consigli, numero uno dell’Atalanta e numero due d’Italia quanto a parate dopo sette giornate.
Consigli, 27 parate (secondo dopo Rafael del Verona, a quota 47) e 230 minuti d’imbattibilità.
«I portieri sono lì ad aspettare pallone e avversari, noi siamo un po’ arbitri del nostro destino ma è chiaro che le sorti di un portiere sono legate a doppio filo al rendimento della squadra. Ora le cose vanno bene e ho questa mini striscia senza subire reti. Troppe parate? Certe volte sarebbe meglio annoiarsi (ride...). Non sono poche, è vero, ma il dato si riferisce soprattutto alle prime partite quando abbiamo incontrato qualche difficoltà. Ora va tutto bene».
Perché queste difficoltà all’inizio?
«Colantuono questa estate ha giustamente pensato di cambiare qualcosa nell’assetto perché, anche se hai un gruppo che ti segue come il nostro, non puoi chiedere o fare le stesse cose per 2-3 anni di fila. Il 4-4-2 o 4-4-1 però è un modulo che facciamo bene anche senza provarlo: lo sentiamo nostro, è nel Dna dell’Atalanta e giocando così abbiamo ottenuto più di 90 punti in due anni (94 penalizzazioni comprese, ndr ). Ma era giusto provare qualcosa di diverso. La svolta? Dopo la botta di Parma è stato molto utile anche il confronto con Percassi».
In estate ha pensato di poter andare via?
«Sinceramente credevo potesse accadere qualcosa ma non è arrivata nessuna offerta quindi sono rimasto molto volentieri: sono un punto fermo, mi sento importante nello spogliatoio. Vivo a Bergamo da 4 anni, qui sono a casa».
A 26 anni, è il momento del salto di qualità?
«Ci spero: mi reputo abbastanza completo, so di dover alzare un pò tutti i parametri e crescere quanto a personalità: mi vorrei più protagonista, più sbarazzino».
Ventitrè gare con l’Under 21, una sola convocazione in Nazionale. Domenica a Bergamo arriva la Lazio di Marchetti, il vice Buffon: una motivazione in più per far bene?
«No, non è una sfida. L’azzurro è il traguardo di ogni calciatore, io farò di tutto per rientrare nel giro prima possibile».
Che campionato prevede per l’Atalanta?
«È un torneo particolare: 6-7 squadre giocano quasi un campionato a parte e con loro non possiamo competere. Dietro, però, può accadere di tutto: la salvezza rimane l’obiettivo principale ma non dobbiamo porci limiti. Siamo forti, l’anno del -6 abbiamo fatto 52 punti: siamo in grado di rifare quell’exploit».
Il modello da imitare?
«Il punto di riferimento è sempre stato Buffon. Anche quando ero nelle giovanili il martedì ci facevano studiare le azioni della giornata di A: e già allora Buffon rappresentava un punto di riferimento. Da piccolo mi piazzavo di fronte a un muro e mi tiravo le palline addosso: erano i primi allenamenti (ride...). Ho ammirato anche Zenga e Chilavert, sì, lui, quello delle punizioni. Forse perché ho iniziato come attaccante».
E perché è finito a giocare in porta?
«Essendo alto il sabato con i miei coetanei facevo l’attaccante, la domenica giocavo in porta con i più grandi. Era un sabato, c’era tanta nebbia e senza accorgermene mi ritrovai negli spogliatoi, compresi definitivamente che quello non era il mio ruolo. Andai dal presidente della mia Polisportiva e gli dissi: “O faccio il portiere o vado via”. Fui accontentato...». Scelta azzeccata.