Gianni Dragoni, Il Sole 24 Ore 13/10/2013, 13 ottobre 2013
LA PARTITA FINALE SI GIOCA SUL PREZZO
Ancora un confronto serrato prima del via libera definitivo al salvataggio del l’Alitalia. Si discute sul valore di Alitalia prima dell’aumento di capitale che sarà deliberato domani dall’assemblea degli azionisti. Diversi soci vogliono far riconoscere un valore alle azioni attuali: più alto sarà il valore e più alto il prezzo che pagheranno le Poste (in termini di minor pacchetto azionario) per entrare nel capitale. È stato comunicato che le Poste verseranno 75 milioni di euro, nell’ambito di una ricapitalizzazione di Alitalia-Cai per complessivi 300 milioni. Il resto della somma sarà versata da una parte degli attuali soci privati e, fino a un massimo di 100 milioni, dal consorzio bancario composto da Intesa Sanpaolo e Unicredit, per le quote non sottoscritte dai soci. La quota di Air France-Klm (socio al 25%) è compresa in queste cifre, anche se Parigi non ha chiarito se verserà la sua parte (pari a 75 milioni). Non è stato chiarito però quale sarà la partecipazione azionaria corrispondente ai 75 milioni versati, attraverso Poste, dallo Stato. E’ circolata l’indiscrezione che la quota sarebbe intorno al 15 per cento. Questo punto però resta incerto, non è stato fissato negli accordi con il premier Enrico Letta che si è battuto per l’intervento pubblico nel salvataggio. L’alternativa sarebbe stata il commissariamento dell’Alitalia o il concordato preventivo in continuità aziendale. Ipotesi che terrorizzava le banche, che avrebbero perso buona parte di quanto prestato ad Alitalia. E dal commissariamento sarebbero potute discendere indagini giudiziarie per accertare eventuali responsabilità nel dissesto. Come già riferito dal Sole 24 Ore, i Capitani coraggiosi guidati da Roberto Colaninno, parte dei quali non sottoscriveranno la ricapitalizzazione, stanno alzando il prezzo. Al cda dell’Alitalia venerdì è stata comunicata una stima di una banca (il Credit Suisse), incaricata dall’amministratore delegato, Gabriele Del Torchio, che individua il valore attuale del capitale azionario di Alitalia tra zero e 150 milioni. Il calcolo è stato fatto sottraendo dall’attivo (superiore a 3 miliardi) i debiti finanziari (1,2 miliardi più circa 2 miliardi di debiti legati ai contratti di leasing degli aerei). Questa stima lascia aperte varie soluzioni, la decisione finale spetta agli azionisti. Può sorprendere che una società sull’orlo del fallimento pretenda di avere un residuo valore positivo e quindi di farselo pagare dai soccorritori. Eppure c’è un braccio di ferro in corso sul valore, dovrà essere chiarito domani dal cda che si riunisce alle 14 e quindi dall’assemblea alle 17. Alcuni dei venti soci italiani considerano velleitarie queste richieste, ma altri, soprattutto i medio-piccoli o chi non intende versare altri soldi, insistono, per ridurre la diluizione del loro capitale. Nei calcoli delle quote post aumento si dovrà tener conto anche dell’imminente conversione in capitale delle obbligazioni convertibili – si potrebbero chiamare «Colaninno bond» – per 95 milioni sottoscritte in febbraio e marzo da alcuni soci (tra cui Air France-Klm, Intesa Sanpaolo, Atlantia dei Benetton, Immsi di Colaninno, Fire di Emilio Riva). Per esempio, se ad Alitalia venisse assegnato un valore pari a zero, sommando i 95 milioni dei «Colaninno bond» da convertire ai 300 milioni della ricapitalizzazione si otterrebbe un totale di 395 milioni di nuovo capitale post aumento: i 75 milioni versati dalle Poste corrisponderebbero al 19% del nuovo capitale Alitalia, questa è la quota massima che il gruppo statale guidato da Massimo Sarmi potrebbe ottenere. Se al contrario alla compagnia venisse assegnato il valore massimo della forchetta, pari a 150 milioni, dopo l’aumento e la conversione dei «Colaninno bond» alle Poste spetterebbe il 13,7% dell’Alitalia, questa sarebbe la quota minima. Se ad Alitalia venisse assegnato un valore di 50 o 100 milioni, alle Poste andrebbe il 16,8% o il 15% circa della compagnia. Dalle quote finali di ogni azionista dipenderà il peso nelle decisioni sulla composizione dei «nuovi organi societari» chiesti dal premier Letta, che ha parlato di «discontinuità» e della necessità di «un nuovo progetto industriale». Per ora all’Alitalia non c’è aria di dimissioni, anche se ci si attende l’uscita del presidente Colaninno e del vicepresidente Salvatore Mancuso. L’a.d. Del Torchio, il terzo nella breve vita della Cai, è arrivato il 6 maggio e secondo alcuni soci potrebbe rimanere. Questo, tuttavia, contraddirebbe la «discontinuità» chiesta da Letta.