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 2013  ottobre 13 Domenica calendario

DA PRINCIPESSINA A DEA CON UNA DISCIPLINA FERREA


Giocava con i dadi, i cavalli a dondolo e i topolini domestici. Ma non sapremo mai cosa faceva con le sue bambole di terracotta. Forse le impegnava in insurrezioni e battaglie, trasformandole nei soldati del suo futuro esercito. È Stacy Schiff che insinua questo dubbio suggestivo nella parte iniziale del libro dedicato alla regina di Alessandria ( Cleopatra , Mondadori). La principessa d’Egitto doveva avere polso e carisma già da piccola, anche se gli storici romani, i grandi scrittori e Hollywood ne hanno fatto un concentrato di vizi e frivolezze. È l’unica che abbia regnato da sola nel mondo antico, regina da quando aveva 18 anni e dea sin dalla nascita. Raccontare la sua infanzia è un modo per non restare prigionieri delle leggende fiorite sui suoi amori e la sua fine tragica.

Il palazzo dove venne alla luce, nel 69 a. C., è andato perduto sott’acqua ma incrociando le fonti storiche torna splendente e pieno di vita. Cleopatra gioca con compagni dai nobili natali destinati a diventare la sua corte, sotto gli occhi della scorta. Corre lungo i portici, tra fontane e vasche di pesci, attraversa i boschetti, si ferma nel giardino zoologico a guardare rinoceronti e giraffe.
Nascere nella sua dinastia, tra pugnali e veleni, è sempre stato rischioso, il primo secolo però è uno dei periodi peggiori. Il padre di Cleopatra è stato richiamato ad Alessandria solo perché una carneficina ha segnato la fine dei Tolomei legittimi. Tutti e cinque i fratelli di Cleopatra sono destinati a una morte violenta. Della madre, scomparsa prima che lei compisse 12 anni, non restano tracce. La principessa cresce disponendo degli insegnanti migliori nel centro culturale più grande del tempo. La biblioteca di Alessandria e il museo attiguo sono lì, dietro casa. «Non doveva avventurarsi lontano per avere una ricetta, un gioco meccanico, una carta geografica», scrive Edward Forster. I Tolomei sono macedoni, non egiziani e Cleopatra viene istruita secondo la tradizione greca. Impara le lettere intonando l’alfabeto e poi ricalcandole da una tavoletta di legno. Svolge esercizi interminabili e sempre più difficili, le è richiesta molta disciplina. I geroglifici vengono usati solo nelle occasioni ufficiali e probabilmente Cleopatra non sa leggerli con disinvoltura.
Ma è l’unica dei Tolomei a imparare il demotico, la lingua parlata dagli egiziani e questo le consentirà di comandare l’esercito senza ricorrere a interpreti. Riuscirà a padroneggiare nove idiomi, ma sopra tutto c’è il greco e c’è Omero. I bambini «suggevano insegnamenti dal suo seno, avvolti nelle fasce dei suoi versi», racconta Eraclito.
L’Iliade è l’atlante intellettuale e la bussola morale dell’epoca. Le intricate genealogie dell’Olimpo non devono apparire difficili a una giovane della sua stirpe. Il matrimonio tra consanguinei ha prodotto un albero genealogico simile a un intricato cespuglio e i Tolomei non hanno fatto un favore agli storici neppure con i nomi: le regine si chiamano tutte Arsinoe, Berenice e Cleopatra.
Il confine tra l’umano e il divino è fluido e crescendo Cleopatra vestirà i sontuosi panni di Iside, che in sé racchiude Afrodite, Era, Atena e Demetra. La sua storia familiare si insinua nelle lezioni anche attraverso la figura di Alessandro Magno, eroe con cui i Tolomei vantano una dubbia parentela. Legge ad alta voce o ascolta declamare, perché i rotoli di papiri non sono maneggevoli. Studia retorica e oratoria. Si allena rispondendo a domande come: «Cosa diresti se fossi Medea sul punto di massacrare i suoi figli?».
Cleopatra diventa una maestra nel ragionamento, nell’uso della voce, nella persuasione. La destrezza verbale le servirà presto per tessere alleanze politiche essenziali per un impero ricchissimo ma in declino, su cui si allunga l’ombra di Roma. Non le manca molto per completare gli studi quando il padre muore lasciandole il trono. La immaginiamo mollemente sdraiata o immersa nel latte ma la sua vita è piena di impegni.
La mattina c’è una mole di bollettini da leggere e poi riunioni, udienze, la corrispondenza da sbrigare. Lei annuncia decisioni, dà ordini, dispensa giustizia, esercita la sua autorità sui templi. Guida l’economia, comanda le milizie e tratta con le potenze straniere. Conoscendola attraverso la ricostruzione di Schiff, appare chiaro che le sue relazioni con Cesare e Antonio, da cui avrà rispettivamente uno e tre figli, nascono da un incontro di intelligenze e interessi, più che da un’attrazione fatale.
Dopo la sconfitta ad opera di Ottaviano, nel 30 a. C., l’Egitto è destinato a diventare una provincia romana. Il suicidio all’età di 39 anni, dunque, non è un disperato atto d’amore come vuole la leggenda. Probabilmente è l’ultima scelta di libertà di una regina capace e indomita, cresciuta in un paese in cui le donne godevano di un’indipendenza impensabile a Roma.