Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  ottobre 13 Domenica calendario

CLEOPATRA EFFETTO REGINA GLI ANNI ROMANI DELLA FEMME FATALE CHE PORTÒ L’EGITTO NELL’URBE E INFLUENZÒ IL POTERE E I COSTUMI


Il ritratto di Cleopatra, che accoglie il visitatore all’ingresso della mostra dedicata all’ultima regina d’Egitto, presenta un bel volto ovale dai tratti regolari, l’incarnato fresco, gli occhi allungati, le labbra piene, i capelli acconciati in file geometriche di boccoli. Scolpito da un artista greco in marmo pentelico, probabilmente tra il II e il I secolo a. C., e ritrovato nel 1887 nei pressi della chiesa dei Santi Pietro e Marcellino sulla via Labicana a Roma, ha una somiglianza con la regina tolemaica, ma potrebbe essere anche la raffigurazione della dea Iside.
Per avere maggiore certezza della fisionomia di Cleopatra bisogna arrivare al cuore della mostra, dove è esposta un’altra testa in marmo bianco, considerata come la prima identificazione di una delle più famose femme fatale dell’antichità. Proveniente dai Musei Vaticani, la scultura costituisce uno dei due ritratti più sicuri della regina, entrambi riaffiorati da scavi laziali. L’altro ritratto si trova a Berlino e non è arrivato per questa esposizione, che presenta centottanta opere concesse soprattutto da musei italiani, dai Capitolini all’Egizio di Torino e all’Archeologico di Napoli ma che si avvale anche di prestiti anche dal Louvre di Parigi e dal British Museum di Londra.
Alcuni studiosi ipotizzano che la testa dei Vaticani appartenesse alla statua fatta realizzare da Cesare nel 46 a. C., quando Cleopatra era ospite nella sua villa trasteverina. Secondo Dione Cassio, la statua fu collocata con grande scandalo dei romani nel tempio di Venere Genitrice, accanto a quella della dea. La regina ha il volto pieno, gli occhi grandi, la bocca piccola con il labbro superiore sottile e quello inferiore carnoso, che le regalano un’espressione risoluta e lievemente imbronciata. Manca purtroppo l’elemento fisiognomico più caratterizzante: quel naso la cui punta volgeva fatalmente verso il basso e che rendeva la sua bellezza «non del tutto incomparabile», come ci ricorda Plutarco. Ma che non riuscì ad intaccare il suo «fascino irresistibile». Un naso, quello, che si può osservare in tutta la sua antiestetica lunghezza, accentuata dal profilo, nelle monete coniate durante i vent’anni del suo regno, dal 51 al 30 a. C., quando la sconfitta di Antonio ad Anzio la indusse al suicidio e il vincitore Ottaviano Augusto diede il via alla sua «damnatio memoriae».
La mostra racconta anche l’ascesa e il declino della regina, indaga i suoi anni romani e l’influenza esercitata sui costumi e sulla religione dell’Urbe, con gli dei egizi che irruppero nel Pantheon capitolino e le matrone che la vollero imitare indossando vesti raffinate e monili realizzati dagli artisti alessandrini arrivati al suo seguito. Tra i pezzi di oreficeria spicca il bracciale a corpo di serpente ritrovato tra i beni di una matrona di Pompei. Da altre domus della città vesuviana e da ville romane arrivano pitture, mosaici e sculture ispirate al magico regno egizio. In una sezione sono riuniti i protagonisti che a fianco di Cleopatra determinarono gli avvenimenti dell’epoca, ridisegnando la storia e la geografia del Mediterraneo: Pompeo e Cesare, Antonio e Ottaviano, il figlio Cesarione avuto dal dittatore romano e i gemelli Alessandro Helios e Cleopatra Selene avuti da Antonio.
In un’altra sfilano i sovrani che fecero grande l’Egitto, da Alessandro Magno (del quale si può vedere la «Testa idealizzata», proveniente dal Louvre e detta anche di Alexandre Guimet dal nome del collezionista che l’acquistò al Cairo) ai volti dei suoi successori, i re tolemaici che regnarono su Alessandria per trecento anni. Ma la parte più suggestiva del percorso è forse quella che descrive l’ambiente fluviale del Nilo, con affreschi e finissimi mosaici popolati di ippopotami e coccodrilli, rane e anatre selvatiche che si muovono tra fiori di loto, cespugli di papiro e pesci di ogni genere.
Sulle sponde del fiume giocano i bagnanti e in lontananza si delinea il profilo della città. In una statua del I secolo a.C. proveniente da Londra un acrobata fa evoluzioni sul dorso di un coccodrillo.