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 2013  ottobre 14 Lunedì calendario

SCHEDONE LAMPEDUSA

SCHEDONE LAMPEDUSA .

I FATTI
Nella notte tra mercoledì 2 e giovedì 3 ottobre una barca con a bordo circa 500 migranti è naufragata a causa di un incendio al largo di Lampedusa, a circa mezzo miglio dall’Isola dei Conigli. La barca proveniva da Misurata, in Libia e aveva a bordo soprattutto somali ed eritrei. Il bilancio a lunedì 14 ottobre è di 365 morti accertati, 155 sopravvissuti (tutti accusati dalla magistratura per immigrazione clandestina, come prevede la
Bossi-Fini, vedi sotto) e circa 100 dispersi.
L’imbarcazione ha avuto un guasto e ha cominciato a prendere acqua. Verso le quattro di notte i passeggeri, per segnalare la propria presenza ai pescherecci in lontananza, hanno dato fuoco a una coperta. Ma sul ponte c’era del gasolio ed è divampato un incendio indomabile. Per la paura, i migranti si sono ammucchiati sul lato opposto della barca, che si è sbilanciata, capovolta e affondata. Il primo peschereccio intervenuto, l’Angela C, ha iniziato a tirar su persone dal mare, poi verso le sette, sono arrivati i soccorsi. Polemiche perché, stando ad alcune testimonianze dei sopravvissuti e alle dichiarazioni del sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, tre pescherecci sarebbero passati accanto al barcone ormai rovesciato e avrebbero tirato dritto, senza prestare soccorso. Alfano ha poi precisato che i pescherecci effettivamente erano passati nella zona del disastro, ma non si sono accorti dei naufraghi in mare.
La Procura di Agrigento ha poi fermato Khaaled Ben Salam, 35 anni, già individuato subito dopo il naufragio di Lampedusa come uno degli scafisti del barcone della strage. Le accuse sono di naufragio colposo, omicidio plurimo colposo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Venerdì è stato giorno di lutto nazionale per l’Italia e per i morti si sono tenuti i funerali di Stato.
Sull’isola si sono presentati prima il ministro dell’Interno Angelino Alfano e la presidente della Camera Laura Boldrini, poi
il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, il commissario degli Affari Interni dell’Ue Cecilia Malmstrom e il premier Enrico Letta (fischiati e contestati dagli isolani). Nell’occasione Barroso ha promesso che l’Europa metterà a disposizione dell’Italia ulteriori fondi, fino a 30 milioni di euro, per fronteggiare la situazione dei rifugiati.

I NUMERI DEI MIGRANTI
Un migrante per salire su un’imbarcazione come quella affondata a largo di Lampedusa deve pagare circa 1.500 dollari. Si calcola che il giro d’affari per gli scafisti libici tocchi i 3-4 miliardi di dollari l’anno, poco meno del 10% della ricchezza libica (56 miliardi di dollari).
Dal 1988 i migranti morti nel tentativo di arrivare in Europa sono 19.142 secondo il sito fortresseurope.blogspot.it. La stima dei morti e dispersi dal 1994 a oggi nel solo Canale di Sicilia e di 6.064 persone.
Solo il 10-12% dei migranti irregolari che stanno in Italia è arrivato via mare. La maggior parte sono “overstayers”, cioè immigrati che rimangono sul territorio italiano dopo che è scaduto il loro permesso di soggiorno.

EUROSUR
Giovedì 10 ottobre, il parlamento dell’Unione europea ha votato (con 479 voti a favore, 101 contrari e 20 astenuti) “Eurosur”, sistema di sorveglianza delle frontiere terrestri e marittime, e il rafforzamento di “Frontex”, agenzia Ue che promuove la sicurezza e la gestione dei confini, confermando così una politica sull’immigrazione basata su maggiori controlli e vigilanza. Attraverso lo scambio di informazioni tra Stati in tempo reale, la raccolta dati, l’analisi dei rischi e l’identificazione dei gruppi di migranti, Eurosur avrà come obiettivi quello di limitare il numero dei cittadini di paesi terzi che entrano illegalmente nel territorio dell’Ue, di ridurre il numero di decessi, di rafforzare la sicurezza interna in tutta l’Ue contribuendo a prevenire la criminalità. Eurosur entrerà in vigore il prossimo 2 dicembre per 17 Paesi europei (compresa l’Italia). Gli altri paesi aderiranno dal primo dicembre 2014.

BOSSI-FINI
La legge n.189 del 30 luglio 2002 fu approvata dal Parlamento italiano durante la XIV Legislatura (col secondo governo Berlusconi). Prese il nome dai primi firmatari, Gianfranco Fini, al tempo leader di Alleanza Nazionale, e Umberto Bossi della Lega Nord, che erano allora vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro per le Riforme istituzionali e la Devoluzione.
La legge modificava le norme già esistenti in materia di immigrazione e asilo, cioè il “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, un decreto del luglio 1998. La Bossi-Fini inoltre cambiava e integrava una modifica precedente, la cosiddetta Turco-Napolitano, legge n.40 del 6 marzo 1998 confluita poi nel Testo Unico. La Bossi-Fini entrò in vigore il 10 settembre del 2002.
Oltre all’inasprimento delle pene per i trafficanti di esseri umani in violazione della legge; a una sanatoria per colf, assistenti ad anziani, malati e portatori di handicap; all’uso delle navi della Marina Militare per contrastare il traffico di clandestini; al rilascio di permessi di soggiorno speciali e relativi al diritto di asilo; le principali e più discusse modifiche introdotte dalla Bossi-Fini furono:

• Ingresso. Può entrare in Italia solo chi è già in possesso di un contratto di lavoro che gli consenta il mantenimento economico.
• Permesso di soggiorno. Viene concesso solo a chi possiede un contratto di lavoro: dura due anni per i rapporti a tempo indeterminato (prima erano tre), un anno negli altri casi. Se nel frattempo la persona diventa disoccupata dovrà rientrare in patria. La legge aveva inoltre aumentato da cinque a sei gli anni necessari di soggiorno in Italia per ottenere la carta di soggiorno (che permette la permanenza a tempo indeterminato): successivamente e a seguito del recepimento di una direttiva europea, sono stati riportati a cinque.
• Impronte digitali. Per le persone che chiedono il permesso di soggiorno, ma anche per chi ne chiede il rinnovo, la legge ha introdotto l’obbligo di rilevamento e registrazione delle impronte digitali.
• Espulsioni di irregolari e clandestini. Come la legge Turco-Napolitano, anche la Bossi-Fini prevede che le persone senza permesso di soggiorno ma con un documento di identità (irregolari) vengano espulse per via amministrativa, cioè dal prefetto della Provincia dove vengono rintracciate. L’espulsione deve essere eseguita immediatamente con “l’accompagnamento alla frontiera” da parte della forza pubblica. Se la persona è anche senza documenti di identità (clandestino) verrà portata in quelli che prima si chiamavano Centri di Permanenza Temporanea (Cpt) poi definiti Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie) per sessanta giorni durante i quali si svolgeranno le pratiche per l’identificazione. Nel caso non venga identificato al clandestino verrà ordinato di lasciare l’Italia entro tre giorni (prima erano quindici). Lo straniero espulso che rientra senza permesso commette un reato e viene detenuto in carcere.
• Ricongiungimenti familiari. Il cittadino extracomunitario in regola con i permessi, può chiedere di essere raggiunto dal coniuge, dal figlio minore o dai figli maggiorenni purché a carico e a condizione che non possano provvedere al proprio sostentamento. Ricongiungimenti sono previsti anche per i genitori degli extracomunitari a condizione che abbiano compiuto i 65 anni e che nessun altro figlio possa provvedere al loro sostentamento.
• Respingimenti La legge ammette i respingimenti al paese di origine in acque extraterritoriali, in base ad accordi bilaterali fra l’Italia e altri paesi (ad esempio quello con la Libia di Gheddafi nel gennaio 2009), che impegnano le polizie a cooperare per prevenire l’immigrazione clandestina. L’obiettivo era quello di fare in modo che i barconi non potessero attraccare sul suolo italiano e che l’identificazione degli aventi diritto all’asilo politico o a prestazioni di cure mediche e assistenza avvenisse direttamente in mare. Per questo motivo spesso i migranti si buttano in mare dai barconi provando ad arrivare a riva a nuoto.

I numeri della Bossi-Fini. Il numero delle espulsioni è cresciuto fino al 2002 (superando 44mila casi), per poi calare e raggiungere poco più di 10mila all’anno. Oggi in Italia solo il 28% degli irregolari viene espulso, contro il 49% del 2003. Un calo dovuto in parte alla sentenza del 2004 della Corte costituzionale, che ha bloccato i rimpatri senza un preventivo controllo da parte di un magistrato. Finora solo un denunciato su cinque ha ricevuto la sanzione dell’espulsione, ma per alcune nazionalità la quota scende ulteriormente. È il caso di cinesi, ucraini, egiziani, pakistani, ghanesi, ivoriani, per i quali al massimo solo il 15% dei denunciati ha ricevuto l’ordine di espulsione. Nel 2011 la permanenza media nei centri d’espulsione è stata di 43 giorni per immigrato: il prolungamento dei tempi di trattenimento (a 18 mesi) non sembra finora aver avuto effetto. Solo il 47% dei trattenuti nei centri viene espulso. I centri sono costati 985,4 milioni di euro dal ’99 al 2011
Commissione giustizia del Senato all’abolizione del reato di immigrazione clandestina. L’emendamento, presentato da due senatori del Movimento 5Stelle, è passato con il parere favorevole del governo e con i voti di Pd e Sel. Contrari Pdl e Lega. Ora, se l’emendamento sarà confermato in aula, l’ingresso clandestino in Italia tornerà un illecito amministrativo punibile solo con l’espatrio. E chi troverà persone in mezzo al mare, potrà salvarle senza rischiare di essere indagato.

REATO DI CLANDESTINITA’
C’è poi un altro punto molto controverso. Dopo il naufragio di Lampedusa, il sindaco Giusi Nicolini ha parlato di tre pescherecci che si sarebbero allontanati e non avrebbero soccorso i migranti in mare «perché il nostro paese ha processato i pescatori che hanno salvato vite umane per favoreggiamento all’immigrazione clandestina». Il riferimento del sindaco era probabilmente all’episodio dell’8 agosto del 2007 quando i capitani tunisini di due pescherecci salvarono 44 naufraghi provenienti dall’Africa che stavano per affogare e li portarono nel porto più vicino, quello di Lampedusa. Vennero sospettati di essere scafisti, subirono un processo lungo quattro anni (con una prima condanna a più di due anni), 40 giorni di carcere e il sequestro degli strumenti di lavoro. Il Testo Unico sull’immigrazione prevede il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per chiunque porti in Italia dei migranti senza un visto d’ingresso. La Convenzione SAR del 1979 impone sempre e comunque il soccorso in mare e l’accompagnamento dei naufraghi in un luogo sicuro. Del processo contro i pescatori tunisini si occuparono molto la stampa estera e il Parlamento europeo: nel settembre del 2007, un centinaio di europarlamentari sottoscrissero un appello di solidarietà con i marinai tunisini.