Marco Zatterin, La Stampa 12/10/2013, 12 ottobre 2013
SCARONI: “SE IN EUROPA NON SI PUÒ L’ENI FARÀ LO SHALE GAS ALTROVE”
Il modello di riferimento, che è anche la grande sfida del momento, è ancora l’America, universo che ha molte ragioni per essere più competitivo, a partire dal costo dell’energia che è un terzo di quello europeo. Paolo Scaroni, ad Eni, riconosce che il rapido sfruttamento dello shale gas, il gas di scisto ha cambiato lo scenario degli approvvigionamenti e s’è rilevato determinante per l’economia a stelle e strisce. Il suo gruppo intende seguire la stessa strada. «Se si può fare in Europa, lo faremo; sennò andremo altrove», afferma. Anche in Italia? «E’ un tema che mi appassiona poco: nel mio paese si fatica a fare qualunque cosa, e mi immagino cosa succederebbe se uno si mettesse in testa di sfruttare l’eventuale shale gas nazionale. Questo dossier è in fondo alla pila».
Sostiene Scaroni che quella dell’alto prezzo del gas, e dell’energia, «è una vera emergenza europea». E’ d’accordo con lui Fulvio Conti, ad dell’Enel, l’altro campione energetico nazionale. «Metà dei costi non derivano dalla materia prima o dalla trasformazione, bensì da tributi - ha spiegato -: l’energia è un veicolo per imporre tasse ed è qui che emerge il nodo europeo». Si richiede un livello di armonizzazione che riguardi ogni paese. Dal punto di vista fiscale come da quello delle regole e degli investimenti. I due manager energetici hanno partecipato al Bozar di Bruxelles ad una inedita conferenza dei dieci gruppi principali del settore, con Cez, Iberdrola, GasTerra, Vattenfall, Gdf Suez, E.On, Rwe, Gas Natural Fenosa. L’idea era di combinare gli sforzi per esercitare il massimo pressing sui governi. Chiedono una rete vera e la fine dei sussidi alle energie rinnovabili (che nel caso italiano gravano direttamente sui consumatori, nota Conti).
Si ritorna così al gas di scisto, il metano che si estrae dall’argilla. Gli ambientalisti lo temono, la Francia lo ha proibito definitivamente ieri. Scaroni lo vede come una soluzione importante per il futuro. «Bisogna valutare se l’Europa potrà disporre delle risorse di shale gas di cui dispongono oggi gli Usa». L’altra via è che «anche noi possiamo avere accesso un Texas, cioè alla Russia, il più grande produttore al mondo di gas». Ma ciò, ammette il top manager dell’Eni, oggi «appartiene più al libro dei sogni che a quello delle cose concrete».