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 2013  ottobre 12 Sabato calendario

LA PARABOLA CAI SI CHIUDE: PERSI 1,25 MILIARDI


Alitalia-Cai arriva al capolinea dopo aver perso un miliardo e 252 milioni di euro da dicembre 2008 al 30 giugno scorso. Se si fa un confronto con i circa 5 miliardi di perdite in 20 anni della vecchia Alitalia pubblica, messa in liquidazione dal governo Berlusconi il 28 agosto 2008, emerge che la gestione privata dei Capitani coraggiosi è stata un po’ peggiore di quella pubblica. La Cai presieduta da Roberto Colaninno in 4 anni e sette mesi ha perso in media 22,76 milioni di euro al mese contro i 20,83 milioni dell’Alitalia pubblica in vent’anni, vale a dire 759mila euro al giorno rispetto a 694mila.
Questo malgrado le agevolazioni avute da Cai, il monopolio nazionale ricreato con l’unione con Air One e le condizioni favorevoli dell’acquisto della polpa di Alitalia, tra cui la svalutazione della flotta e il licenziamento di oltre 7mila dipendenti. Per contro, i Capitani coraggiosi sono stati indeboliti dalla guerra sanguinosa contro il treno ad alta velocità di Mauro Moretti.
Ben diverso il clima all’inizio del viaggio. «Siete dei patrioti. Vi ringrazio per aver risposto con il cuore e vedrete che sarà un buon investimento», disse il premier Silvio Berlusconi nella cena con gli imprenditori, il 5 dicembre 2008 a Villa Madama. Erano della partita 21 soci italiani tra cui Emilio Riva (ha versato 120 milioni, il primo italiano), i Benetton, Gavio, Colaninno, la Pirelli, Salvatore Ligresti, il gruppo Angelucci, Edoarda Crociani, l’allora presidente della Confindustria Emma Marcegaglia con l’azienda di famiglia, con 10 milioni, la quota più piccola. A bordo anche Carlo Toto, che fece un affare vendendo alla Cai Air One, per 1.054 milioni (compresi 600 milioni di debiti), un prezzo più alto – di 2 milioni – del valore riconosciuto alla polpa di Alitalia, benché questa fosse sette volte più grande di Air One e avesse slot negli aeroporti di quasi tutto il mondo per un valore stimato di 800-900 milioni, ceduti gratis a Cai nonostante. Toto stipulò anche un contrattone per cedere in locazione negli anni successivi alla Cai 71 jet Airbus, contratto poi ridimensionato a 14 aeroplani.
Regista dell’operazione voluta da Berlusconi per stoppare l’avanzata di Air France fu Intesa Sanpaolo, entrata nella Cai con 100 milioni e artefice del Progetto Fenice, con l’allora ad Corrado Passera e l’attuale dg Gaetano Miccichè. Passera aveva detto nel dicembre 2007: «Dare l’Alitalia ai francesi significherebbe buttarla via. Con i francesi Alitalia non sarà più un’azienda indipendente, si continuerà a volare sui vecchi Md80, Malpensa perderà la possibilità di diventare un grande aeroporto». Gli Md80 sono rimasti nella flotta Alitalia fino agli ultimi mesi del 2012. La compagnia oggi dichiara una «flotta operativa» di 141 aerei: ne aveva 175 nell’estate 2008 e in più Air One ne aveva circa 60, altro che sviluppo.
I «patrioti» hanno versato 847 milioni di capitale alla partenza. Nel gennaio 2009 hanno scelto come partner industriale Air France-Klm che ha pagato 323 milioni per il 25% della Cai. «Grazie, Silvio» ha titolato Les Echos, sottolineando che Air France aveva risparmiato quasi tre miliardi rispetto all’offerta fatta nel marzo 2008 a Prodi.
Facendo l’operazione Cai sono rimasti a carico dello Stato più di tre miliardi tra debiti dell’Alitalia e altri oneri, compresi gli ammortizzatori sociali per 7mila esuberi per sette anni.
Il primo volo della Cai decolla il 13 gennaio 2009, aerei semivuoti per due-tre mesi, poi ritardi e disservizi senza precedenti da aprile a luglio, dovuti a una sottostima del personale in aeroporto nel piano industriale elaborato da Boston consulting. Il 19 marzo 2009 Colaninno dice: sugli aerei Alitalia «non ci sono più posti vuoti, scrivetelo» in questo «paese di gufi» la nuova Alitalia «sta andando bene». Il 7 luglio 2009 Passera afferma che «non si recuperano in sei mesi i problemi di 30 anni». Berlusconi il 29 luglio: «le cose vanno bene, (...) due voli su tre sono in orario».
Il primo semestre 2009 si chiude con una perdita operativa di 273 milioni, Passera parla di «risultato straordinario» in «un semestre orribile». «Siamo riusciti a far restare l’Alitalia nelle nostre mani. La sfida sta per essere vinta, ho visto i risultati di Alitalia a ottobre e ci stiamo avviando verso una gestione positiva, che conferma la giustezza del progetto e premia il coraggio degli imprenditori che hanno saputo rischiare» dichiara Berlusconi il 14 ottobre 2009, confermando che «ci sono stati 15-16 coraggiosissimi imprenditori» che hanno salvato Alitalia.
Il primo bilancio (2009) presenta una perdita netta di 327 milioni, superiore alle previsioni, su un fatturato di 3.225 milioni. Nella scheda di R&S (Mediobanca) si ricorda che nel 2007 il fatturato netto consolidato dell’Alitalia pubblica era stato pari a 4.487 milioni. In rosso anche il 2010, per 168 milioni. Nel terzo anno, il 2011, le perdite scendono a 69 milioni. Ma la riduzione avviene in gran parte con proventi irripetibili, per 139 milioni, si tratta di pagamenti una tantum imposti dall’ad Rocco Sabelli ai fornitori al rinnovo dei contratti pluriennali, che però riducono i ricavi futuri. Nel maggio 2011 uno dei Capitani coraggiosi se ne va, la famiglia Frattini di Firenze vende le sue azioni a banca Intesa che le paga al prezzo iniziale, 15 milioni per l’1,15 per cento. Passera aveva garantito un paracadute ai Frattini?
Negli ultimi mesi del 2011 Sabelli, Colaninno e Miccichè trattano per vendere le quote dei venti soci italiani (il 75% di Alitalia) ad Air France, che pagherebbe dando in cambio proprie azioni. L’accordo salta perché gli italiani pretendono un miliardo, troppo rispetto al valore di Borsa di Air France, crollato a 1,1 miliardi. Nel marzo 2012 Sabelli lascia, si racconta con un premio milionario (lo stipendio annuo era di 800mila euro lordi, quello di Colaninno 300mila). Il commissario della vecchia Alitalia, Augusto Fantozzi, che ha pilotato la cessione alla Cai a prezzi da saldo, dichiara nel 2011 di aver ricevuto come compensi due acconti per sei milioni complessivi, smentisce che fosse previsto un compenso di 14 milioni. A luglio si dimette e arrivano tre nuovi commissari.
All’Alitalia arriva come ad Andrea Ragnetti, un ex dirigente di Telecom e Philips, che ha lasciato traccia nelle cronache per aver lanciato alla Philips una linea di vibratori per il «piacere solitario», pensati «per lui e per lei». I conti vanno male, Alitalia mette dei dipendenti in cassa integrazione. «Abbiamo illustrato la situazione di Alitalia che è buona», dice Colaninno l’11 luglio 2012 alla Camera. «L’andamento dei nostri risultati negli ultimi due trimestri è in continuo miglioramento», sostiene Ragnetti il 10 gennaio 2013. Ma la perdita si aggrava a 280 milioni nel bilancio 2012, Ragnetti viene licenziato il 25 febbraio 2013 con quasi un milione di buonuscita.
Dal 6 maggio scorso il nuovo ad è Gabriele Del Torchio, che lascia la Ducati ormai tedesca. Il 3 luglio Del Torchio presenta un piano industriale che inverte la rotta rispetto al progetto Fenice, troppo concentrato sul mercato italiano, annuncia nuove rotte intercontinentali e l’arrivo di aerei a lungo raggio, ma il piano si blocca per mancanza di soldi. La Cai è al capolinea e, insieme alle banche, chiede il salvataggio allo Stato.