Paolo Mereghetti, Corriere della Sera 12/10/2013, 12 ottobre 2013
RITROVATO IL PRIMO FILM SU VERDI, FU GIRATO CENT’ANNI FA
Dopo aver visto nelle passate edizioni le immagini dei funerali di Verdi, filmati da Italo Pacchioni e restaurate dalla Cineteca Italiana di Milano, quest’anno le Giornate del Cinema Muto a Pordenone hanno presentato il primo film biografico realizzato in Italia (e nel mondo) sul compositore: è Giuseppe Verdi nella vita e nella gloria che Giuseppe De Liguoro diresse nel 1913 e che si credeva perduto. La Cineteca nazionale di Roma ne ha ritrovata una parte e lo ha restaurato per festeggiare anche sullo schermo il secondo centenario della nascita del musicista: 32 minuti di film, che raccontano soprattutto l’infanzia, la vocazione e le prime esperienze del giovanissimo Giuseppe, interpretato con una vistosa parrucca nera dal piccolo Anacleto De Negri.
Come nei migliori melodrammi d’appendice i genitori non capiscono la passione del bambino per la musica: quando si mette a suonare il violino di un mendicante, lo richiamano all’ordine; quando scappa in chiesa per aiutare a suonare l’organo, i genitori lo cercano disperati. Ma come nelle migliori favole, gli ostacoli scompaiono e proprio il padre gli regalerà la sua prima spinetta (che peraltro Verdi cerca di distruggere quando non riesce più «a trovare» un accordo, in una scena molto comica).
Il film racconta ancora il vano tentativo di Verdi ventenne (affidato a Siro Defronale, con un trucco che agli spettatori di oggi ricorderà molto Andy Luotto!) di entrare al Conservatorio di Milano e il matrimonio con Margherita Barezzi (l’attrice Elda Bruni). Ma il nitrato d’origine, cioè la pellicola su cui erano stampati i film del muto, si ferma qui: sono rimaste solo una serie di fotografie e delle lunghe didascalie che lasciano intuire come sarebbe stata raccontata la storia del musicista toccato dal «bacio del genio e della gloria». Da notare che, nelle didascalie sopravvissute, i suoi grandi successi non sono mai citati per nome, ma con riferimenti agli interpreti e alla storia: oggi potrebbe costar fatica decrittare le allusioni alla Traviata o al Falstaff , al Nabucco o al Trovatore , che invece nel 1913 dovevano essere di immediata comprensibilità, per ogni tipo di pubblico. Ulteriore dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, della popolarità che dodici anni dopo la morte continuava a circondare il «cigno di Busseto».