Francesco Maesano, Europa 12/10/2013, 12 ottobre 2013
LA PIATTAFORMA: SISTEMA DI CONTROLLO DEFINITIVO DEI DIARCHI SUI CINQUESTELLE
Nel giro di pochi giorni i parlamentari di due delle tre principali forze politiche del paese si sono ribellati alla propria leadership. A fare eccezione è il Partito democratico, che pure sta per entrare nel vivo della sua fase congressuale, ma tanto il Pdl quanto il M5S sono impegnati in una resa dei conti interna informale e politicamente cruenta: due congressi fantasma.
Grillo&Casaleggio hanno sfidato i loro onorevoli cittadini sull’abolizione del reato di immigrazione clandestina, non il contrario. Li hanno messi di fronte alla vera natura del Movimento/esperimento e la sconfitta che hanno registrato i diarchi al primo round non sta tanto nell’alto tradimento quanto nel rifiuto da parte degli eletti di accettare l’equivalenza tra pulsioni del corpo elettorale e traduzione legislativa.
«Va ascoltata la pancia della gente ma anche i ragionamenti di chi lavora da anni sulla tematica. Va garantita la sicurezza e il benessere del popolo italiano (io sono un cittadino del mondo ma oggi sono un parlamentare della Repubblica italiana) ma anche la sicurezza di cittadini stranieri, il rispetto dei diritti umani». Parole di Alessandro Di Battista, l’homo grillens grillens per antonomasia: quell’equivalenza non l’ha digerita neanche lui.
Ora lo scontro tra vertici e parlamentari non potrà che crescere di intensità. D’altra parte nell’incontro chiarificatore della prossima settimana le voci della mediazione saranno molto flebili: non la vogliono i dissidenti storici, che su una linea che si indurisce potrebbero decidere per la spaccatura definitiva. Non la vogliono neanche i diarchi, che non vedono l’ora di liberarsi dell’area critica.
E poi c’è la piattaforma. Evocato per mesi, chiesto a gran voce dall’ala critica, il sistema di liquid feedback è pronto e in fase di test. Il meccanismo è semplice: un portale dove le proposte di legge vengono fatte passare al vaglio degli iscritti per ottenere un flusso immediato di commenti. Per ora non è prevista la funzione di voto ma la sostanza è che sarà impossibile per gli onorevoli cittadini prescinderne. Pena l’espulsione. Semplice e infallibile, come lo voleva il diarca milanese.
Casaleggio è un rabdomante che sonda meglio di altri (forse di tutti) l’umore di un elettorato tanto periferico da non rientrare tutto intero nelle analisi dei sondaggisti. È lo stratega della corsa al consenso dimenticato e come tale pretende che i nominati dalla rete diano pronta risposta agli umori delle fonti carsiche di consenso che lui ha scovato. Con Grillo, che è l’interprete plastico di ogni dissenso, formano una diarchia che, come spiegava ieri Elisabetta Gualmini sulla Stampa, non ha la pretesa di educare il suo elettorato ma solo di assecondarlo. Così com’è.
E l’espansione dei giacimenti di senso e consenso per il Movimento non è dovuta tanto alla crisi economica ma al suo portato di disparità ed esclusione sociale che dall’area larga ma circoscrivibile delle classi storicamente più umili sale ora sempre più in alto verso categorie, fasce sociali e professioni che conoscono il disagio per la prima volta e a questo sono maggiormente impreparate e vulnerabili.
Il fronte dell’Uomo qualunque, che conobbe le sue brevi e limitate fortune nel dopoguerra, insisteva su un paese socialmente raso al suolo ma con minori disparità rispetto al presente. Oggi lo scontro, come spiegava bene a Europa Alessandra Ghisleri, oppone gli outsider a un sistema arroccato su se stesso a difesa di un sistema di garanzie percepite come anacronistiche rispetto alle difficoltà globali del tempo presente, alle quali l’esperimento di Grillo&Casaleggio risponde con un messaggio diretto ed efficacissimo, in grado di sintetizzare istanze che viaggiano trasversali rispetto allo schematismo ideologico del ‘900 e che non richiede alcuna mediazione per essere compreso, masticato e sputato fuori in un insulto che inizia con la lettera V.