VARIE 13/10/2013, 13 ottobre 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - TUTTI CONTRO RENZI
REPUBBLICA.IT
ROMA - Dopo il no di Matteo Renzi ad amnistia e indulto, pronunciato ieri a Bari (VIDEO) alla Fiera del Levante, sul tema esplode lo scontro politico. E il primo cittadino finisce nel mirino di vari esponenti del governo. Il primo affondo è arrivato dal ministro degli Esteri Emma Bonino: se Matteo Renzi "è il nuovo che avanza, fatemi il favore di ridarmi l’antico", ha detto il ministro al Comitato nazionale dei Radicali italiani. "Legga bene il messaggio di Napolitano, prima di rottamarlo", ha aggiunto.
Ma Renzi oggi ha replicato: "Non ho parlato contro il Presidente della Repubblica", ha premesso intervistato a ’In mezz’ora’. "Io ho detto che non sarebbe serio, educativo, responsabile sette anni dopo un indulto come quello del 2006 farne un altro", ha spiegato. "Non è che un partito politico dice: ’Lo ha detto il presidente Repubblica, si fa punto e basta’. Allora che ci stanno a fare i partiti?".
"La legalità è un valore di sinistra". Dunque, "non consentiamo di dire che siccome il parlamento non riesce a cambiare le leggi ogni tanto si aprono le porte del carcere", ha insistito. "Se ci sono ministri che anziché preoccuparsi di governare passano il tempo a commentare le mie dichiarazioni mi dispiace per loro", ha detto. "Il ministro dello Sviluppo si deve preoccupare di come far sì che le aziende non chiudono, di aiutare gli artigiani e non di stare a lamentarsi dalla mattina alla sera di cosa dice il sindaco di Firenze", ha aggiunto. "Se lo vogliono fare non ho problemi, ma parliamo seriamente dei problemi", ha insistito.
Nel ribadire che un provvedimento di questo tipo non avrà nulla a che vedere con la vicenda Berlusconi, già ieri il presidente del Consiglio si era chiamato fuori. "Non sono d’accordo con le sue parole, perché il messaggio di Napolitano chiarisce che non ci sono ambiguità, e chi ha voluto leggerle ha sbagliato e ha avuto anche scarsa fiducia nel migliore presidente della Repubblica che potremmo avere", aveva detto Enrico Letta, a Venezia per ’La Repubblica delle idee’ (VIDEO).
A Venezia oggi anche Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo economico ed esponente bersaniano del Pd, si è schierato contro il sindaco di Firenze: "ll ragionamento di Renzi è: cosa mi conviene politicamente? Essere contro, e quindi lo dico. Dice le stesse cose di Grillo", ha commentato il ministro nel corso di un dibattito nell’ambito di ’Repubblica delle idee’.
"Tolto Berlusconi, abbiamo una situazione carceraria disastrosa. Le carceri devono essere in grado di riabilitare le persone, non di creare dei delinquenti incalliti", ha aggiunto Zanonato. "Renzi ragiona solo sulla pura convenienza propagandistica. Più o meno come Grillo. Si chiede ’mi conviene o no, prendo piu’ o meno votì, fa il bilancio: ’ne perdo il 10 ne prendo il 15, 5 in più sono contro’". E ha concluso: "Stabiliamo che l’indulto o l’amnistia, lo strumento che eventualmente il Parlamento decide, non favorisce Berlusconi, togliamolo dal ragionamento se no inquina tutto quanto".
Dello stesso avviso anche il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. Sull’amnistia "Renzi cerca consensi a destra come a sinistra, più che dimostrare che sta facendo politica che richiede responsabilità", ha detto su SkyTg24. "L’amnistia e l’indulto - ha proseguito Lupi - sono stati richiesti e provocati da intervento fortemente elevato dal Presidente della Repubblica, che ha posto il tema del dramma delle carceri. Per una volta il Pd e il futuro segretario del Pd la smettiamo di pensare se le cose possono essere fatte o non fatte pensando a Berlusconi, all’unico nemico che ha tenuto unito l’opposizione".
Contro Renzi anche Stefano Di Traglia, portavoce di Pier Luigi Bersani che ha ricordato come nel programma della Leolpolda 2011 (la manifestazione ideata dal sindaco che si svolgerà anche quest’anno a fine ottobre a Firenze) via sia un punto dedicato proprio a quell’amnistia che ieri Renzi ha definito un "clamoroso autogol" (VIDEO). Una polemica che è rimbalzata su Twitter. Nelle 100 proposte avanzate all’iniziativa renziana al punto 13 si parla sì di un’amnistia, ma condizionata e limitata ai casi di corruzione politica. Si legge: "13. Eliminiamo la classe politica corrotta. Lo strumento è una amnistia condizionata. Al rispetto di 5 punti: ammissione della colpa, indicazione di tutti i complici, restituzione del maltolto, impegno a non fare più politica. In caso di nuovo reato, la pena si somma a quella del reato oggetto dell’amnistia".
DAGOSPIA DI OGGI
1 - CHIAVE
Jena per La Stampa - La sinistra italiana finirà nelle mani di Renzi, dove la parola chiave è finirà.
IL SALUTO TRA RENZI E BERSANIIL SALUTO TRA RENZI E BERSANI
2 - MATTEO IN CHARTER DA FIRENZE CON GLI AMICI MENTRE IN PLATEA LO APPLAUDONO GLI EX NEMICI: "UNA VOLTA MI TRATTAVANO DA SOVVERSIVO, ORA MI CHIAMANO EROE"
Sebastiano Messina e Simona Poli per "la Repubblica"
POI, quando si sono placati gli applausi della platea tosco-pugliese accorsa per la partenza della sua corsa alla segreteria, esordisce come nei film americani: "Pensando a cosa dire oggi...". E tutti pensano: adesso tira fuori la sua frase solenne. E invece lui, in giacca e cravatta, si mette a fare il giamburrasca: "Ecco, la prima cosa da dire è: seduti!".
Fa un gran caldo, in questo nuovissimo padiglione della Fiera del Levante che sembra un hangar senza aerei.
Non è il caldo che qui dentro, al congresso socialista del 1991, fece sudare così tanto Bettino Craxi da far trasparire in tv la sua canottiera. Ma quello era l’inizio di un declino, mentre qui oggi c’è l’aria festosa di una corsa che sembra vinta in partenza. E soprattutto siamo in un’altra era geologica, senza le faraoniche piramidi hitech dell’architetto Panseca e senza i maxischermi da stadio.
Oggi al centro dell’hangar c’è solo un palco circolare monoposto con un freccione che gira su se stesso (da destra verso sinistra, attenzione) simbolo del nuovo slogan di Renzi, «l’Italia che cambia verso». E gli otto striscioni colorati che scendono dal tetto ci dicono quali sono le parole da cancellare e i loro contrari da adottare. Non più «lamentarsi», ma «cambiare». Out «il Palazzo», in «la strada». No alla «burocrazia », sì alla «semplicità». Basta «raccomandati», largo ai «bravi». Dimenticare «il cavaliere», ascoltare «gli italiani». Abbasso «la conservazione», viva «il futuro ». E soprattutto, non conta «perdere bene», ma solo «vincere ».
LATORRE PIGLIA A SCHIAFFI MICHELE EMILIANOLATORRE PIGLIA A SCHIAFFI MICHELE EMILIANO
La musica è cambiata, e non solo metaforicamente. Nessuna traccia di Ivano Fossati (la "Canzone popolare" di Prodi), di Jovanotti ("Mi fido di te" per Veltroni) e neanche di Gianna Nannini (e del suo "Inno" adottato da Bersani). Qui la regia, oltre ai Rem («Shining happy people»), mette a palla Bob Acri, Ninja Tuna e Richard Stoltzman, roba che nessuno aveva mai sentito a una manifestazione di partito.
La platea però non batte ciglio. Chi è venuto alla Fiera, in questo sciroccoso sabato autunnale, sembra disposto a pagare qualsiasi ticket per poter dire: io c’ero. Già, ma chi c’è? Nicola Latorre, che un tempo fu un dalemiano a prova di bomba e oggi è un renziano convinto: «C’è qualche consigliere regionale, ma non vedo dirigenti uscenti del partito. Il settanta per cento sono solo simpatizzanti, il resto è popolo militante ». Un vecchio militante prova a sfotterlo: «Nico’, come ti vedi in questo cambio di campo?». Lui,
serafico: «Io sono rimasto nel mio campo. Mi pare che qualcun altro sia andato a finire in un campo diverso...».
Più il là, in Lacoste blu, c’è Michele Emiliano. Renziano anche lui. Ma non era bersaniano? Il sindaco di Bari allarga le braccia: «Certo che ero con Pierluigi, ma lui non si ricandida. E Cuperlo, sinceramente non so bene chi sia. Matteo invece è l’uomo giusto, vedrete, è uno che sa imparare dagli errori».
Arriva anche, da Genova, il governatore Burlando: «Sì, Renzi rimetterà a posto il partito, e io lo appoggerò» assicura. In disparte, ma non abbastanza da non essere visto da Renzi, c’è Alberto Losacco, il parlamentare pugliese che era il braccio destro di Franceschini nella breve stagione della segreteria. Ognuno si sta mettendo in posizione, dunque, e prima che Renzi cominci a parlare Latorre scommette con un navigato giornalista napoletano: «Al Sud, dalla Puglia alla Sicilia, vince Matteo: mi gioco una cena».
Poi tocca a lui, al candidato. Che comincia a girare in tondo, sul palco, attorno al leggìo che sembra una parabolica messa di piatto, come un esperto presentatore. E’ una mitragliatrice di frasi a effetto: «L’Italia deve cambiare verso all’Europa. Il Pd deve cambiare verso all’Italia. Noi dobbiamo cambiare verso al Pd». E usa il linguaggio che tutti capiscono meglio, il codice dello sport. L’amnistia è «un gigantesco autogol».
MICHELE EMILIANO A BARI PER RENZIMICHELE EMILIANO A BARI PER RENZI
Il bicameralismo perfetto «è il ping pong delle leggi ». L’Italia «perde posti in classifica » («Dice: ma le classifiche non valgono. Lo dico sempre anch’io quando la Fiorentina non vince»). Ed è con il lessico sportivo che spiega il senso di questo esordio non particolarmente scoppiettante: «Questo è come il primo passo di una maratona. Come il primo bacio tra due fidanzati. Non possiamo dire tutto in una volta, però cominciamo... ».
Un discorso asciutto - dura meno di un’ora, senza varcare la soglia della caduta di attenzione - nel quale si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa. «Un anno fa, ricordate?, ero un sovversivo. Un pericoloso infiltrato. Ero quello da abbattere, non da battere. Ora da appestato sono diventato un eroe. Bene, non sono né l’uno né l’altro. Non ero un infiltrato ieri e non sono un salvatore della patria oggi».
Poi si aggiusta la cravatta, la trasferta pugliese è finita, e riparte verso l’aeroporto, dove l’aspetta l’aereo con la moglie Agnese e i cento fedelissimi fiorentini. Un intero charter (150 euro il biglietto, ognuno paga per sé) prenotato dallo staff per accompagnarlo nel viaggio, un volo di renziani doc. S’è voluto portare dietro un pezzo del suo mondo, quello che non lo ha scelto oggi perché è vincente ma che ha scommesso su di lui quando la battaglia era ad altissimo rischio.
DALEMA E RENZIDALEMA E RENZI
Nel viaggio di ritorno, ormai rilassato, Renzi si lascia andare. «Dovevo spiegarla meglio questa cosa dell’indulto, invece sul governo sono andato bene, a Letta ho offerto la massima collaborazione in Europa, è giusto così». Poi acchiappa il microfono e comincia a prendere in giro i parlamentari. «Attenzione», dice, «si prega l’onorevole Biffoni di smettere di dare fastidio alle hostess». E tutti, naturalmente, ridono.
3 - LATORRE: LO SO CHE DICONO CHE SONO UN INFILTRATO DELL’EX PREMIER MA I FATTI SMENTIRANNO LA DICERIA
Concetto Vecchio per "la Repubblica"
SENATORE Latorre, dove si trova?
«A Bari»
Alla convention di Renzi?
«Per forza!»
Latorre per Renzi, suona ancora stra no.
«Gesù! È un anno che lo dico».
Un anno?
«Durante le primarie del 2012 polemizzai pubblicamente con il segretario pugliese Blasi che aveva detto "se vince Renzi io me ne vado". E io già allora gli risposi: "Guarda che Matteo è grasso che cola"».
Ma lei è sempre rimasto un dalemiano di ferro.
«D’Alema è stata la prima persona a cui ho rivelato che era giunta l’ora di Matteo, ne abbiamo discusso lungamente, subito dopo la sconfitta elettorale».
renzii dalema krenzii dalema k
Ora lui sostiene che non è adatto a fare il segretario
«E io invece sostengo il contrario!»
Perché?
«Incarna il cambiamento che serve al Paese. Ha un’empatia con gli italiani. È vincente. Poi se invece vogliamo continuare perdere facciamo pure».
Cosa pensa di Cuperlo?
«Grandissimo spessore».
Ma...
«Ecco, lui simboleggia un progetto che rassicura una sinistra smarrita, non in grado di fare il salto di qualità. Gli manca la capacità espansiva».
Come la dobbiamo chiamare: renziano, dalemiano o dalemian-renziano?
«Per l’amor di Dio! Le definizioni le lasciamo ai giornalisti».
Non si è mai ex dalemiani, vero?
«A Massimo mi lega un grandissimo affetto, è una grande personalità ma sul punto c’è un dissenso politico. Ci poi tengo dirle che io le mie scelte le ho fatte in piena autonomia».
C’è addirittura chi sostiene che lei in realtà è stato infiltrato.
«L’ho sentita! L’ho sentita!»
Non è vera?
«Questa è maliziosa, maliziosissima. Ma non è fondata. I fatti smentiranno questa voce».
Com’è Matteo visto da vicino?
«Non è che ho avuto tutta sta frequentazione. Però le dirò: una figura carismatica, di notevoli qualità personali. E poi è una persona che ascolta molto, presta attenzione a quello che si dice».
VIGNETTA BENNT DA LIBERO DALEMA CONTRO RENZIVIGNETTA BENNT DA LIBERO DALEMA CONTRO RENZI
Come D’Alema?
«Diciamo che Massimo aveva altre qualità».
1. INDULTO E AMNISTIA, BUFERA SU RENZI
Lastampa.it
Se Matteo Renzi «è il nuovo che avanza, fatemi il favore di ridarmi l’antico». È durissimo il ministro degli Esteri Emma Bonino dopo gli strali su amnistia e indulto lanciati ieri dal palco di Bari. «Legga bene il messaggio di Napolitano, prima di rottamarlo», ha aggiunto la Bonino. Secondo Zanonato, Renzi «ragiona in termini puramente propagandistici stile Grillo: "mi conviene dire di più una cosa o l’altra sotto il profilo del consenso che poi alla fine ottengo?". Non entra nel merito della questione».
napolitano renzinapolitano renzi
Il titolare dello Sviluppo, parlando a margine de La Repubblica delle Idee a Mestre, sostiene che il merito della questione «è che le carceri, così come sono, oltre a produrre effetti drammatici sulla popolazione carceraria che è costretta vivere in una situazione assolutamente inaccettabile, produce l’effetto terribile che rimette alla fine del ciclo della pena in circolo persone che non possono avere altre alternative che continuare a delinquere, quindi con una recidiva altissima».
Sull’amnistia «Renzi cerca consensi a destra come a sinistra, più che dimostrare che sta facendo politica che richiede responsabilità», liquida la questione Lupi. «L’amnistia e l’indulto - ha proseguito Lupi - sono stati richiesti e provocati da intervento fortemente elevato dal Presidente della Repubblica, che ha posto il tema del dramma. Ha posto il tema del dramma della carceri. Per una volta il Pd e il futuro segretario del Pd la smettiamo di pensare se le cose possono essere fatte o non fatte pensando a Berlusconi, all’unico nemico che ha tenuto unito l’opposizione».
La replica del sindaco di Firenze arriva dal salotto televisivo di Lucia Annunziata: «Il Capo dello Stato - spiega Renzi a "In mezz’ora" - è stato ineccepibile sia con il governo Monti che con la nascita del governo Letta, non c’è stato nessun eccesso di intervento. Ma bisogna anche avere il coraggio di dire che su alcune cose si può essere in disaccordo» e questo «non è lesa maestà». E respinge le critiche al mittente: «Se ci sono ministri che anziché preoccuparsi di governare passano il tempo a commentare le mie dichiarazioni mi dispiace per loro».
HAPPY PD DALEMA RENZI BERSANI FRANCESCHINI FINOCCHIAROHAPPY PD DALEMA RENZI BERSANI FRANCESCHINI FINOCCHIARO
«Il ministro dello Sviluppo - ha aggiunto - si deve preoccupare di come far sì che le aziende non chiudano, di aiutare gli artigiani e non di stare a lamentarsi dalla mattina alla sera di cosa dice il sindaco di Firenze», ha aggiunto. «Se lo vogliono fare non ho problemi, ma parliamo seriamente dei problemi», ha insistito.
2. MATTEUCCIO SPERNACCHIA L’IPOTESI AMNISTIA CARA AL COLLE
Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"
Quando il ministro Dario Franceschini chiama Matteo Renzi per capire, da parte di Enrico Letta, che cosa abbia detto su amnistia e indulto, lui non fa marcia indietro: «Napolitano ha il diritto di fare queste proposte, noi di bocciarle».
«Le leggi non le fa Napolitano, non gli si può dire sempre di sì, sennò il Paese va a rotoli»: è un Matteo Renzi che non torna indietro sulle parole pronunciate poco prima dal palco della Fiera del Levante. Un Matteo Renzi che parla già da segretario del Partito democratico, ma che proprio per questo vuole dimostrare che il ruolo non lo cambierà.
Lui rimarrà quello di sempre: «Non muto, non faccio il piacione, non mi sposto a sinistra».
NAPOLITANO E RENZI A FIRENZE jpegNAPOLITANO E RENZI A FIRENZE jpeg
Il sindaco sa che questa prima fase non sarà facile. Nel voto dei circoli dove contano i militanti, e che precedono le primarie per il leader, l’apparato che vota per Cuperlo è forte: «Nei circoli sarò un goccino avanti io o un goccino avanti lui». I suoi uomini condividono questa opinione. Stefano Bonaccini, coordinatore della campagna di Renzi, ammette: «Nei circoli sarà dura».
Angelo Rughetti, responsabile dei renziani laziali, spiega: «La nomenclatura farà di tutto per sbarrarci il passo». I sostenitori del sindaco più ottimisti danno a Renzi il 45 per cento e il 30 a Cuperlo. I più pessimisti danno al sindaco il 40 e al suo avversario il 35.
Eppure Renzi pensa già a come riuscirà a portare avanti il doppio incarico di segretario e sindaco, come ha spiegato ai fedelissimi: «La mia esperienza di primo cittadino non sottrarrà tempo alla mia funzione di segretario, ma arricchirà la mia attività nazionale». Già perché il Pd a cui pensa Renzi è un «partito pesante nel territorio e leggero a Roma»: «Dobbiamo fare politica vera, concreta e quotidiana ogni giorno sul territorio coinvolgendo i nostri elettori e il popolo delle primarie».
Ecco perché secondo lui è un bene fare il sindaco e il segretario per imporre «la concretezza amministrativa sulla fumosità del potere centrale». E allora «basta con il partito della nomenclatura, che pensa solo alle auto blu, ai rimborsi dei taxi. Non voglio una classe politica che sta a Roma nel chiuso delle stanze del partito. E anche il segretario non deve rimanere barricato lì a fare riunioni per decidere nomine, incarichi di sottogoverno, per distribuire posti di potere».
Renzi sa bene che potrebbe «pagare un prezzo» con questa sua scelta di fare il sindaco e il leader ma è pronto a intraprendere la sfida. «Ci sarà da divertirsi», dice con quel pizzico di incoscienza che ha fatto di lui l’uomo che è, il politico che non torna indietro nemmeno quando i fedeli collaboratori gli fanno sapere che Napolitano potrebbe non gradire la sua tirata sull’amnistia.
LETTA E RENZILETTA E RENZI
Poi gli leggono una dichiarazione di Letta critica sulle parole da lui pronunciate sull’amnistia. Appena arriva a Firenze gli giunge la telefonata di Dario Franceschini. Per conto del presidente del Consiglio, il ministro per i rapporti con il Parlamento vuole capire bene che cosa abbia detto in realtà il sindaco sull’argomento. Lui glielo spiega punto per punto, senza ovviamente fare retromarcia e ribadendo questo concetto: «Napolitano ha il diritto di fare queste proposte, noi di bocciarle».
Renzi tira dritto per la sua strada. I sondaggi, del resto, continuano ad andare bene. È vero che ha perso nel popolo del centrodestra che adesso sembra preferirgli Enrico Letta, ma in compenso attira gran parte dell’elettorato del Movimento cinque stelle ed è questo il motivo per cui Beppe Grillo lo attacca un giorno si e l’altro pure.
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Il non cambiare è la sua forza, e ciò che lo rende diverso dagli altri politici, il che non significa però che il sindaco di Firenze non sappia costruire le sue alleanze e cercarsi delle sponde. Con Cuperlo si sente abbastanza spesso. I due hanno costruito un rapporto negli ultimi tempi. L’idea è quella di una gestione unitaria, collegiale, ma non come si intendeva nella vecchia politica. Nessun patto consociativo tra le correnti.
Anzi, l’esatto contrario: l’annullamento delle correnti, in modo che una nuova generazione prenda piede e si impadronisca delle leve del partito senza che si possa dividerli in renziani, cuperliani, dalemiani, franceschiniani. Ed è anche questa la ragione per cui Renzi (ma anche Cuperlo) presenterà alle primarie una lista unica, non tante liste in cui le diverse componenti che lo sostengono potranno pesarsi. Ieri, del governo, Renzi non ha voluto parlare, o quasi. Lo ha fatto apposta: «Enrico non potrà dire niente, non gli ho dato nessun appiglio perché si possa dire che ho attaccato l’esecutivo».
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Del resto, lo ha spiegato ai deputati più fidati: «Con Enrico sono stato onesto. Gli ho detto: starò al tuo fianco finché farai le cose per bene. Io l’ho detto tante volte e non mi stanco di ripeterlo: sono una persona leale. E a un politico bisogna chiedere lealtà, non fedeltà».
Perciò, assicura il sindaco di Firenze, Letta non ha niente da temere da lui: «Non farò il mestrino, non mi metterò a dare i voti al governo, non è compito mio, io sfiderò l’esecutivo ad avere una visione per il futuro del Paese, lo incalzerò sui grandi temi».
Anche se è impossibile negare, anche per Renzi, che i problemi ci sono, che Alitalia, Telecom e l’Ilva, tanto per fare tre nomi, sono tre problemi grossi come una casa. «Ma vi pare che io starò ogni giorno a pensare a come far cadere il governo?», chiede infastidito il sindaco a chi glielo chiede e aggiunge: «Tra un po’ dovrò pensare a come fare il Pd perché questo non è ancora il partito di cui abbiamo bisogno». Ma è chiaro che un pensierino a palazzo Chigi ce lo fa, sennò perché ricorda che la sala in cui ha parlato «è quella in cui alla Fiera del Levante parlano i presidenti del Consiglio»?