Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 11/10/2013, 11 ottobre 2013
VENDETTI IO LA PRIMA TV AL CAV
Giacomo Properzj ha un cognome particolare che, peraltro, tutto intero farebbe Beccaria Incisa di Santo Stefano. Un cognome che trasuda milanesità. Infatti Properzj, classe 1939, ha attraversato la storia meneghina recente, quella che precede il ventennio berlusconiano, come l’ha chiamato Enrico Letta.
Ma è l’uomo che quel ventennio inconsapevolmente innescò, nel 1976, vendendo Telemilano, la piccola tv via cavo che serviva Milano2, a Silvio Berlusconi. «Per una lira, perché eravamo pieni di debiti», ricorda oggi. Un innesco doppio, visto che quindici anni dopo, Properzj faceva parte di quella classe politica cittadina falcidiata da Tangentopoli, lo shock giudiziario che fece da brodo di coltura per Forza Italia.
Domanda. Cominciamo dal Cavaliere. Quando l’ha conosciuto?
Risposta. Più che conosciuto, l’ho sfiorato. Un giorno si presentò negli uffici della tv, al secondo piano dei locali che occupavamo a Milano2, il quartiere che aveva costruito.
Domanda. Cosa le disse?
Risposta. Niente perché fu una situazione comica: ero al telefono con Paolo Pillitteri, allora assessore alla cultura, al quale chiedevo un sostegno per questa impresa un po’ pazza della tv via cavo in cui c’eravamo imbarcati. Vidi arrivare questo signore, piccolino, sorridente, con l’aria simpatica. Lo riconobbi e mi alzai in piedi, dandogli la mano, ma non interruppi la conversazione.
D. Pillitteri era più importante...
R. All’epoca sì. Infatti continuai, ma lui non se ne fece problema, scese al piano inferiore dove avevamo gli studi, visitandoli, per tornare alcuni minuti mentre ero ancora al telefono. Mi rialzai, lo salutai e continuai a parlare. Lui uscì, sorridente come era venuto.
D. Poi però gli vendette tutto.
R. Sì. La nostra idea della tv via cavo non sfondava. O meglio era troppo avanzata: avremmo dovuto avere la fibra ottica come oggi. Allora servivamo i 3-4mila residenti di Milano2 e ben presto finimmo pieni di debiti. Avevo cercato invano di entrare in contatto con la Mondadori che poi, anni dopo, si sarebbe messa a fare la tv in chiaro.
D. Fine dei giochi?
R. Per la verità durò qualche mese, sei per l’esattezza, in cui Berlusconi mi tenne nel consiglio di amministrazione. Ma il cda non fu mai riunito e pertanto non mi fu corrisposto neppure un gettone di presenza.
D. Con Telemilano, B. partirà all’attacco dell’etere...
R. Sì da lì cominciò tutto. Ma bisogna ammettere che fu l’unico che seppe vedere lontano ma bene: nello stesso periodo,Mondadori, Rizzoli, Rusconi buttarono soldi e tanti nelle tv. Lui, Berlusconi, sfondò con le pubblicità vendute in cambio merce: intuizione pazzesca.
D. Anche l’intuizione di fare una tv nazionale, fu notevole.
R. Aveva saputo che la Consulta avrebbe dichiarato incostituzionale il monopolio delle frequenze televisive, come avvenne nel 1976.
D. Un uomo molto introdotto...
R. Certo, un uomo dai molti rapporti politici anche allora.
D. Anche con un suo compagno di partito, come l’allora ministro Oscar Mammì.
R. Ah, se è per questo, Berlusconi poteva vantare un ottimo e solido rapporto anche con Giovanni Spadolini.
D. Erano gli anni in cui lo storico fiorentino era il vostro leader, dopo essere stato a Palazzo Chigi, nel 1982, portò i repubblicani al 5 per cento l’anno successivo. Vertici mai raggiunti dopo.
R. Spadolini l’ho conosciuto bene. Uomo colto, vanitoso, collocato bene. Da premier, aveva convinto l’opinione pubblica moderata che ci potesse essere una ledearship diversa da quella Dc, un’alternativa che appariva più moderna e i più raffinata. Ma fu una fiammata che durò poco e fu un grande consenso sprecato. Come anche Bruno Visentini del resto, erano personaggi di grande levatura ma dal carattere impossibile, pensavano molto a se stessi.
D. Anche del grande Ugo La Malfa, si dice che fosse un uomo difficile.
R. Cinquant’anni fa entrai nel Pri con un gruppo di amici della Università Statale di Milano, dove avevo fatto parte della goliardia. Lo feci per lui. Sì, era personaggio difficile, iroso, nevrastenico, anche affascinante e con una forza di trascinamento. Anche se non riuscì mai a superare il 3 per cento.
D. Una tradizione, quella repubblicana, perduta fra beghe di eredità politica. A un certo punto c’erano i repubblicani di sinistra di Luciana Sbarbati e poi gli altri, divisi fra Giorgio La Malfa e Francesco Nucara.
R. Eh, ma questi sono personaggi molto minori. E poi, fatto fuori Giorgio, che comunque aveva la responsabilità del tracollo politico, s’è reciso il cordone ombelicale con una certa storia. Ho avuto una speranza di risorgimento di questo partito ma è stata tagliata fuori dalla logica delle cose politiche: era una forza cerniera fra destra e sinistra, un certo bipolarismo l’ha ucciso.
D. Addio a quelli che alcuni suoi compagni di partito chiamavano gli ideali mazziniani in politica?
R. Erano ideali ottocenteschi, post-illuministi. Mazzini diceva cose anche sempre nuove, anche adattabili, ma sono passati due secoli fa. Il nostro è un altro mondo, la distinzione fra laici e cattolici, anche di 30 anni fa, non tiene più: la stessa Chiesa si è molto trasformata. E c’è una debolezza culturale su cui l’Italia si è atterrata: manca la classe dirigente e ci vorranno anni prima di ricostruirla.
D. Ma ora torna la Dc. L’ha scritto anche lei, sul suo blog per Linkiesta.it
R. E, tutto sommato, non un male se si considera il disastro che è arrivato dopo la fine della Dc. Oggi ci sono segnali di recupero e, non posso non notare, che premier e vice vengono entrambi dal movimento giovanile della Dc. Se ritorna un partito di mediazione permanente, qual era lo Scudo crociato, qualcosa di meglio forse è possibile.
D. Quindi di B. politico non ha una grande opinione..
R. È un uomo di grande valore e di grande capacità ma è un uomo di potere, il che non significa che sia un uomo di Stato, o politico. Ha presa sull’opinione pubblica, è capace di rivoltarla come un guanto ma non è un politico vero. Non ha un filone ideologico: è genericamente liberale, certamente moderato ma non è un politico nel senso etimologico.
D. Non è che ce l’ha con lui perché B. era quello che, con le sue televisioni, aizzava la pubblica opinione di Mani pulite? Anche contro di lei, che finì invischiato in una storia di finanziamento illecito ai partiti.
R. Allora era funzionale a un certo disegno politico che si sarebbe rivelato quello di Forza Italia. Tuttavia non ho alcun rancore. Anzi, mi auguro per il Paese che il suo declino politico sia graduale e non di schianto: non sappiamo cosa possa venir fuori da un consenso di milioni di voti che non trovi una sua rappresentanza politica. Quanto a Tangentopoli...
D. Quanto a Tangentopoli?
R. C’era allora l’idea che la politica si finanziasse così, che la magistratura tollerasse entro certi termini, mentre le campagna elettorali diventavano sempre più costose. Anche quelle del Pci-Pds, ben inteso. E noi avevamo a Milano, 3mila iscritti, non avremmo potuto far niente. Comunque ho restituito coi miei risparmi quello che avevo preso per il partito e che, nel frattempo, non c’era più.
D. Che cosa ricorda del momento del suo arresto, 21 anni fa?
R. Ricordo i carabinieri che vennero all’alba a casa e che furono molto cortesi. Sentivo molta gente intorno a me. Sentivo perché, dal ’79, avevo perso la vista in un incidente. In caserma, mi accolse un generale, che avevo conosciuto quando eropresidente della Provincia, anche lui gentilissimo. Ma la trafila delle impronte digitali, delle foto fu durissima. Piansi come mi era successo solo per l’incidente.
D. Marco Travaglio scrisse che lei, essendo cieco, riconosceva l’entità delle mazzette dal frusciare delle banconote...
R. Infatti. Una falsità abnorme, per la quale l’ho querelato.
D. Ma il clima di quegli anni, verso la politica, era peggiore di quello attuale?
R. No. È peggio, oggi. C’è un odio per la casta che allora non c’era, forse perché il perimetro castale, se così si può dire, allora era più vasto.
Giacomo Properzj esce poco di casa. Se lo fa, si lascia guidare da Luna, un magnifico labrador femmina. Passa le sue giornate dedicandosi alla storia, sua grande passione: ha pubblicato libri apprezzati sul Futurismo e su D’Annunzio. A breve, per Mursia, uscirà con una storia della Grande Guerra. Detta a una giovane che lo assiste i pensieri che pubblica sul blog.