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 2013  ottobre 11 Venerdì calendario

ALITALIA, POSTE ITALIANE SALE A BORDO, INTERVENTO DA 75 MILIONI DI EURO


Decolla Alitalia-Poste. La società guidata da Massimo Sarmi, come anticipato ieri dal Messaggero, sarà l’azionista pubblico tanto atteso per salvare la ex compagnia di bandiera dal fallimento, trovare nuovo ossigeno finanziario e programmare il futuro. Tutto questo - ed è la logica che ispira Sarmi - nel segno di una forte discontinuità con il passato e attraverso un piano industriale nuovo di zecca da varare in tempi rapidissimi. Con un esborso di circa 75 milioni di euro le Poste avranno probabilmente una quota del 25% e faranno sentire la propria voce nelle decisioni che contano. Su questo Sarmi, appoggiato da Intesa Sanpaolo e Unicredit, è stato categorico. Trovando l’accordo anche dei principali soci italiani, Benetton in primis.

Ieri, dopo una girandola d’incontri a Palazzo Chigi (che a sua volta contribuirà con una garanzia dello Stato per altri 75 milioni a tutela del finanziamento da 200 milioni prestato dalle banche), è arrivata l’ufficializzazione dell’accordo raggiunto nella tarda serata di mercoledì. L’ultimo tentativo per evitare il commissario. Il primo passo, spera ardentemente il governo, per disegnare una rotta diversa al vettore nazionale e tutelare la centralità di Fiumicino, messi entrambe a rischio dal piano lacrime e sangue di Air France.
L’INTERESSE DEL PAESE
Se Sarmi ha dato subito la sua disponibilità dimostrando coraggio imprenditoriale («Ci siamo mossi nell’interesse generale del Paese», ha spiegato ai suoi più stretti collaboratori), dopo i sondaggi poco costruttivi con Cdp, Ferrovie e Fintecna, non l’ha fatto certo a cuor leggero. «Perchè l’impegno finanziario è esattamente commisurato alle sinergie industriali che si possono concretamente sviluppare». E non c’è dubbio che forte di questo mandato molte cose verranno riviste in Alitalia. Non solo sul fronte delle strategie esterne. Ciò significa che la posizione del presidente Roberto Colaninno è a rischio, forse anche quella dell’ad Gabriele Del Torchio.

LA SODDISFAZIONE
Dopo molte trattative a vuoto, Palazzo Chigi ha dunque centrato l’obiettivo, sbrogliando un dossier che sembrava stregato. Ora tra i soci di peso - come aveva chiesto il presidente del Consiglio Enrico Letta - c’è un’azienda che rappresenta lo Stato italiano e che ha una relazione industriale, seppre modesta, con Alitalia (Poste ha una piccola flotta). Merito del premier, deciso sin dall’inizio di questa difficile partita a salvaguardare un asset strategico con nuovi azionisti stabili. Il crack di Alitalia avrebbe determinato la perdita di migliaia di posti di lavoro e il ridimensionamento dello scalo di Fiumicino ad hub di serie B. Adesso il pericolo è stato scongiurato, ma bisognerà evitare pericolose ricadute. Del resto - si legge tra le righe del comunicato di Palazzo Chigi - non è escluso che una volta risanati i conti, stabilizzata la compagnia e avviata la ristrutturazione sia il Fondo Strategico a supportare la compagnia. Con l’entrata di Poste, spetta adesso ai soci privati e alle banche sottoscrivere l’aumento di capitale da 350 milioni e avviare il decollo. Cosa che avverrà nell’assemblea di lunedì prossimo. L’ingresso delle Poste - ha spiegato Sarmi a Palazzo Chigi - non ha solo una valenza di tipo finanziario e di garanzia nei confronti delle banche che, come noto, avevano condizionato la loro adesione, a un impegno forte dello Stato, ma ha anche un peso industriale forte. Su questo aspetto, visto che si tratta di un alleanza inedita, il manager è al lavoro da ieri sera per presentare un piano industriale articolato, che segni, come detto dai vari protagonisti, una discontinuità con il passato. Qualche linea d’azione è però già tracciata. Da un lato si possono integrare e sviluppare le attività legate alla piccola flotta che trasporta la corrispondenza in Italia (Mistral Air). Dall’altro implementare, grazie al network Alitalia nel mondo, quelle più innovative come l’e-commerce, settore in cui Sarmi vede grandi potenzialità di sviluppo internazionale per la sua azienda. Non solo. Anche sul fronte dei charter Poste può mettere in campo l’esperienza fatta anche se con una piccola flotta. L’obiettivo finale potrebbe essere quello di favorire la creazione di un braccio low cost per Alitalia. Discorsi in fieri, si dirà. «Di certo si possono mettere a fattor comune i canali di vendita per i biglietti on line, la forza nell’Ict e dei data center di Poste che potrebbero gestire i sistemi operativi di Alitalia. Insomma, la condivisione delle infrastrutture logistiche, informatiche e di controllo». Per altro, si aggiunge da Palazzo Chigi, «la cooperazione, anche azionaria, tra settori dei servizi postali, di logistica ed aerei trova numerosi precedenti europei ed internazionali», a cominciare dagli esempi fracese e tedesco.


IL NODO FRANCESE
Nella vicenda Alitalia «non c’è un problema di antagonismo con i francesi», ha spiegato il ministro Flavio Zanonato. Ma il problema - che Poste risolve - è portare l’azienda nelle condizioni di poter negoziare senza sudditanza. Sulla stessa linea il ministro Maurizio Lupi: «Ora l’integrazione con il partner straniero può essere affronta da posizioni di parità». Parole che Sarmi condivide. Non escludendo che Etihad, la compagnia degli emirati, possa entrare in campo «perché è poco comprensibile - ha confidato ai suoi collaboratori l’ad di Poste - che per andare in Medio Oriente o in Africa si debba passare da Parigi. Sarebbe un assurdo. Come è assurdo che Fiumicino possa perdere lo status di hub».