Antonio Carlucci, L’Espresso 11/10/2013, 11 ottobre 2013
QUEL CHE RESTA DELLA LEHMAN
Come si ricorda il quinto anniversario del più grande fallimento finanziario d’America? Con una grande festa sulle note del blues di B.B. King, fiumi di birra, di margarita e di bourbon e avendo la certezza che la vita continua. Per mostrare a chi al party non c’era, o semplicemente si chiedeva che cosa ci fosse da festeggiare a cinque anni dal fallimento nel 2008 della Lehman Brothers, la quarta banca d’affari made in Usa, sulla 42esima strada brillava, tra mille insegne di teatri e ristoranti, una grande scritta al neon che annunciava: «LHA Roll On». Ovvero, la Lehman Brothers continua alla grande, anche se non c’è più a tessere affari e a orientare Wall Street.
C’erano centinaia di uomini e donne la sera di domenica 15 settembre al BB King Blues Club, gli stessi che cinque anni fa uscirono alle 5 del pomeriggio dal palazzo di 38 piani sulle 47esima strada di New York con in mano scatoloni, borsoni e buste che avevano riempito in fretta all’annuncio che si chiudeva la baracca, sommersi da 613 miliardi di dollari di debiti a fronte di un patrimonio e vari asset valutati 638 miliardi di dollari. Molti di quegli uomini e donne hanno cambiato vita abbandonando la finanza, altri ci sono rientrati appena il peggio della crisi è passato. Ma sono in ogni caso tutti sconfitti da quel mondo finanziario che ha vissuto solo su transazioni che avevano come riferimento pezzi di carta e non beni o servizi reali.
A cinque anni da quel fallimento, c’è però chi ha guadagnato molto e bene da quella esperienza. Di certo chi ha avuto guadagni netti e importanti dal fallimento di Lehman Brothers sono stati gli avvocati e gli esperti fallimentari che hanno seguito le vicende della banca d’affari dopo il crac cercando di sbrogliare la matassa delle richieste dei creditori di ogni tipo. Dagli ultimi documenti depositati presso il tribunale fallimentare di New York risulta che i giudici hanno autorizzato il pagamento di oltre 2 miliardi di dollari in parcelle legali e spese varie a favore della Weil, Gotshal & Manges, studio di avvocati di New York, e della Alvarez & Marshal, società specializzata nelle ristrutturazioni dei debiti. I due gruppi sono stati chiamati a occuparsi del fallimento della Lehman Brothers Holding Inc, la parte americana della banca d’affari. Altri studi legali e finanziari hanno seguito la parte inglese del fallimento, dove a operare era la Lehman Brothers International Europe: in questo caso dai documenti pubblici risulta che sino al mese di agosto del 2013 sono stati liquidati 650 milioni di sterline in fee legali, una cifra che al cambio di oggi significa un miliardo di dollari.
È una montagna di denaro, ma secondo gli esperti, e secondo l’autorizzazione dei giudici fallimentari, sono parcelle che rientrano nella normalità e che vengono calcolate tra il 4 e il 9 per cento di quanto viene poi riconosciuto ai creditori. Dal 2011 a oggi sono stati liquidati ai creditori 46,9 miliardi di dollari, su un piano di rimborso autorizzato di 65 miliardi di dollari e che è stato approvato dal 95 per cento dei creditori ammessi al fallimento. James Peck, il giudice federale che ha autorizzato i pagamenti, ha autorizzato la divisione in tre tranche, l’ultima delle quali (aprile 2013) valeva 14,2 miliardi. Per la gioia degli statistici, i creditori hanno ottenuto tra i 23 e i 25 centesimi su ogni dollaro di valore nominale della loro richiesta per i bond, tra 27,9 e 32 centesimi per i derivati finanziari, e il 48,4 per cento per i crediti di merci e servizi forniti alla Lehman. Ma la liquidazione non è ancora finita, andrà avanti per numerosi anni: la Lehman Brothers era una società molto ricca, i cui asset, valutati 639 miliardi di dollari, variavano dagli immobili ai bond, dalle azioni ai certificati di deposito e che era entrata nel circolo vizioso dei subprime che l’hanno portata alla catastrofe. Ma, proprio questa prima parte della storia che racconta il recupero dei crediti, lascia ancora oggi resta senza risposta la domanda sul perché solo la società americana sia stata lasciata affondare, mentre altre entità economiche sono state salvate sulla base del principio del "to big to fail", troppo grandi per lasciarle fallire.
C’è chi ha fatto affari miliardari con il fallimento della Lehman Brothers. Avvocati ed esperti fallimentari non sono alle prese solo con investitori che stanno faticosamente cercando di recuperare i loro risparmi, sapendo che devono accontentarsi di spiccioli rispetto all’investimento iniziale. Sin dalle settimane seguenti alla decisione dell’amministratore delegato Dick Fuld di portare i libri in tribunale e chiedere la protezione dell’articolo 11 della legge fallimentare (quella che tutela i creditori e congela la situazione patrimoniale al momento della richiesta di aiuto ai giudici), l’appetito di singoli investitori e grandi società si manifestò nella corsa a rilevare pezzi della Lehman Brothers. Già due settimane dopo il fallimento la Bain Capital Partners e la Helmann & Friedmann chiesero di acquistare la Neuberger Berman, società della Lehman che si occupava di risparmio e investimenti, ma la loro mossa fu bloccata da un gruppo di dipendenti della Lehman che si misero insieme a fecero al tribunale fallimentare una controfferta vincente e si aggiudicarono quel pezzo della banca.
Un altro affare delle settimane immediatamente successive al crac della Lehman Brothers lo fece la giapponese Nomura, gigante del brokerage, che acquistò per 225 milioni di dollari tutti il ramo asiatico della banca d’affari americana e per soli 2 dollari una parte delle attività europee. In questo ultimo caso la Nomura non acquisì né bond, né azioni, né prodotti finanziari della filiale inglese ma solo il diritto di trasferire presso Nomura una parte del personale della società che aveva sede in Europa. Tra gli affari che saranno portati a termine nei prossimi mesi, c’è il passaggio di mano dell’immobile che Lehman Brothers aveva acquistato per la sua sede francese: un palazzo nel cuore della Défense, a Parigi, che fu pagato 2,1 miliardi di dollari nel luglio del 2007 (l’operazione fu giudicata la più grossa transazione immobiliare della storia d’Europa) e che nella primavera del 2014 sarà messo in vendita a un prezzo non inferiore 1,4 miliardi di dollari dalla società che finanziò la Lehman con 1,2 miliardi di mutuo.
Mentre si sa che alcuni investitori hanno perso una gran parte dei loro investimenti o saranno rimborsati in misura irrisoria (per esempio la società Pimco, specializzata nel trading e negli investimenti in bond, o il fondo Calpers, che amministra le pensioni degli impiegati pubblici dello stato della California, che vedrà meno di un quarto di quanto aveva investito con la Lehman), sarà difficile sapere quanto hanno già guadagnato e ancora guadagneranno dal fallimento della quarta banca d’affari americana gli hedge fund che nei giorni immediatamente successivi al crack acquistarono i bond Lehman e altri prodotti finanziari pagando pochi centesimi su un valore nominale di un dollaro bond, titoli e derivati. Due hedge fund, in particolare, hanno vinto la scommessa: Elliott management LP e Paulson & Co. Il primo ha acquistato titoli dai creditori di Lehman nel 2011 per un valore nominale di 587 milioni di dollari; il secondo reclama la restituzione di 4 miliardi di dollari di titoli Lehman e i sussurri di Wall Street sostengono che alla fine il suo guadagno netto sarà di circa 500 milioni di dollari.