Filippo Ceccarelli, la Repubblica 11/10/2013, 11 ottobre 2013
E LA BONEV ROMPE L’INCANTESIMO “LA PASCALE? È UNA MESSINSCENA”
L’INCANTESIMO sdolcinato adesso ha il sapore del fiele, e ancora una volta è il solito scandalo di quel tipo lì a svelare la Grande Menzogna che da Arcore a Palazzo Grazioli accompagna gli spasmi del berlusconismo terminale.
«Se fossi superstiziosa - diceva l’altro giorno Francesca Pascale compiacendosi della propria condizione - dovrei girare per casa con l’incenso». Ma forse neppure quello avrebbe dato sollievo alla fidanzatina che finalmente ha riportato all’ordine il Cavaliere farfallone e fatto pulizia a Palazzo, compresi i fagiolini. Con morboso sconcerto e ridanciana malinconia si apprende in effetti che un’altra donna, Michelle Bonev, da taluni media identificata con il nome bulgaro di Dragomira, sostiene che lo sbandieratissimo fidanzamento è «inverosimile», anzi si tratta di «una grande messinscena, perché Francesca è lesbica, ed io sono stata molto più che una sua amica». E già questo, tutto sommato, basterebbe.
Ma sul suo blog Michelle-Dragomira scrive qualcosina di più: «Silvio ha deciso di annunciare il fidanzamento pubblico con Francesca soltanto per continuare a divertirsi con lei e con le sue “amiche”, e non essere giudicato male dalla società. Pensava di aver fatto bene i conti, ma si è ritrovato con una “fidanzata” autoritaria e senza scrupoli. Più volte mi ha chiesto, infatti, di portarla via da Arcore perché diceva che era una cattiva persona e lo ricattava ». A questo punto la Pascale, tramite avvocato, ha fatto sapere che tali dichiarazioni sono «infondate e diffamatorie» e che agirà nelle sedi giudiziarie per riconoscerle tali. La Bonev ha risposto che è pronta a ribadire «la verità» ai magistrati. E qui, sugli orientamenti sessuali dell’una e/o dell’altra contendente, come del resto sui gusti dell’anziano Cavaliere, l’osservazione giornalistica, estenuata dall’ennesima combinazione, dichiara la propria resa. Ma anche solo immaginando il fantastico processo che su tali premesse verrà imbastito, si riserva di far notare che se Dragomira dice il vero, anche la storia degli ultimi giorni di Pompei dovrà essere riscritta.
Il personaggio, che nell’epopea berlusconiana qualche spazio senz’altro merita, offre istruttive suggestioni e riflessioni. Modella, attrice, poi regista e produttrice di cinema e tv, Bonev sale alla sospiratissima ribalta del dopo-festival di Sanremo ai tempi del Silvio II (2001-2006) grazie all’allora direttore generale della Rai Saccà. Quindi prende la sua strada e nel 2010, per il suo film «Goodbay Mama», su indicazione del ministro Bondi viene premiata in una periferica cerimonia al festival di Venezia con una targa - si è scritto acquistata da un rigattiere - su cui oltre al logo del Mbac campeggia la motivazione: «Action for women».
Sono presenti i ministri Carfagna e Galan: a entrambi, astutamente, Berlusconi ha detto che l’altro non c’è, perciò intervengono tutti e due. In seguito Galan racconterà di essersi sentito «un mona» e, dopo aver improvvisato un discorsetto, di essersela svignata col buio. Ma Dragomira, festeggiatissima da una delegazione del suo paese, è contenta lo stesso anche perché seguita a produrre per RaiCinema e Mediaset.
Solo un animo semplice può qualificare come gossip la sua imprevedibile nota, e non solo perché nel titolo richiama un versetto del vangelo di Giovanni: «La verità ci renderà liberi». E’ un prodotto per certi versi perfetto di smascheramento mirato. Lei infatti ha avuto tanto, ma ora è in profonda crisi e ha deciso di cambiare vita. Per questo le scoccia di vedere la storia d’amore di Silvione e Francesca sulle copertine: ma quale amore!
A corredo fornisce un’adeguata iconografia. Ecco Francesca che la bacia, e intanto guarda con l’occhietto vispo. E poi una formidabile foto tipo quartetto, a tavola, fiori fiocchetti e calici, lei in piedi poggia una mano sulla Pascale, che sempre tira baci, e l’altra sulla Minetti, invero un po’ lucida; in mezzo un beatissimo Cavaliere, che non sa cosa lo aspetta. Sullo sfondo un convivio settecentesco, piuttosto cupo.
Il testo ha anche un risvolto sociale; la gente soffre, non arriva alla fine del mese e invece c’è chi pensa «alle orge e al cappottino tigrato » di Dudù, la cui rappresentazione si arricchisce nel blog di un’ulteriore immagine che lo vede indossare degli occhiali da sole. Per quanto antropomorfizzata, dalla bestiola si passa a una specie di ammaestramento politico: «La cosa più triste è che proprio chi soffre, continua a votare chi lo flagella. Per disperazione - concede Dragomira - per ignoranza, per buona fede…» Segue citazione del filosofo Leibniz. E conclusione con appello drammatico: «Sono consapevole che le mie rivelazioni saranno scomode a qualcuno; che cercheranno di fermarmi, screditarmi, forse di uccidermi…». E ci mancherebbe solo questo, viene da pensare con sgomenta, catastrofica e buffonesca incredulità.