Guido Santevecchi, Corriere della Sera 11/10/2013, 11 ottobre 2013
«PRINCIPESSE» E MILITARI LE MANI SULL’ARTE IN CINA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO — In questi giorni il mondo dell’arte gestito dalle case d’asta somiglia a un gioco del domino: Christie’s è sbarcata per la prima volta in Cina; Sotheby’s risponde con cifre record da Hong Kong e sul mercato si fanno sentire due nuovi protagonisti: i cinesi Poly e China Guardian. C’è anche un tocco di avidità feroce in stile Wall Street, con Mr. Loeb, capo di un hedge fund e azionista di Sotheby’s che accusa l’amministratore delegato di fare la vita del gran signore a spese della casa. E poi c’è un che di guerresco, perché Poly Auction di Pechino è partita sette anni fa come emanazione del gruppo Poly controllato dall’Esercito popolare di liberazione. Da mercante d’armi a mercante d’arte.
Con queste premesse e con i milioni, i miliardi in palio, la sfida per la supremazia nel mercato somiglia a una campagna militare. Con momenti di diplomazia internazionale: Christie’s ha ottenuto a settembre la licenza per operare sul territorio cinese dopo che il suo proprietario, François-Henri Pinault, era venuto al seguito del presidente francese Hollande e aveva restituito due preziose statuette razziate dalle truppe franco-britanniche durante la Guerra dell’Oppio. Nell’asta inaugurale di Shanghai ha battuto opere per 24,9 milioni di dollari, tra Picasso, collane di rubini e vini pregiati.
Sotheby’s ha risposto nel fine settimana da Hong Kong: un diamante bianco da 118 carati aggiudicato per 30,8 milioni di dollari, cifra mai pagata prima per una pietra di quel tipo. I rialzi si sono inseguiti al telefono, con l’acquirente finale rimasto anonimo; ed è stato tenuto riservato per motivi non meglio precisati anche il Paese africano d’origine. Secondo colpo della casa americana un dipinto dell’artista cinese Zeng Fanzhi, battuto per 23,3 milioni dopo quindici minuti di gara telefonica partita da una base di 9 milioni. Anche qui il compratore non ha voluto far conoscere il proprio nome. È stato il record per l’opera di un asiatico contemporaneo: titolo «L’Ultima Cena», la tela larga quattro metri è una rivisitazione del capolavoro di Leonardo con protagonisti cinesi.
La supervalutazione di Zeng, 49 anni, ha suscitato un dibattito anche online: «Una caricatura copiata ha fatto di Zeng un uomo ricchissimo»; «Dopotutto, se Warhol poteva fare carrettate di soldi con il poster di una lattina di zuppa Campbell’s, criticare Zeng non ha senso».
Sotheby’s dunque ha risposto alle critiche dell’azionista Loeb con dei grandi colpi.
Ma il mercato cinese è dominato da Poly, che in soli sette anni dalla fondazione è diventata la terza casa d’aste al mondo per volume d’affari e la prima in Cina. Il suo presidente (o comandante, visti i legami con i generali) si chiama Zhao Xu, 43 anni, gran fumatore. Zhao l’anno scorso è riuscito a vendere due miliardi di dollari di antichità, dipinti, gioielli, monete, libri rari e baijiu, liquore d’annata. Resta lontano dagli oltre cinque miliardi di Christie’s, ma resta anche straconvinto che l’arrivo di rivali internazionali «cambierà poco, ci vuole molto tempo per conoscere la mentalità cinese».
Una psicologia strana quella dei compratori del post-maoismo di mercato: i due quinti delle offerte battute a favore di acquirenti cinesi non vengono onorate, dicono le statistiche riservate. Ma il denaro che circola nelle aste delle Repubblica popolare è tanto: tra i 14 e i 18 miliardi di dollari nel 2012. Il 70% passa attraverso le aste di case cinesi.
E l’altro grande giocatore è China Guardian, quarto al mondo e secondo in Cina. Alla sua guida c’è la signora Wang Yannan, figlia dell’ex premier Zhao Ziyang, epurato perché era contrario alla repressione sanguinosa della Tienanmen nel 1989. Dunque una «principessa rossa», come si chiamano qui i figli dei grandi leader del partito. Wang ricorda ancora i tempi assurdi della Rivoluzione culturale, quando chi aveva un quadro prezioso in casa cercava di disfarsene per paura delle Guardie Rosse. «Una mia amica non ebbe il coraggio di bruciarli, temendo che qualcuno vedesse il fumo e la denunciasse, così li ha fatti in pezzi e li ha buttati nel bagno». Arte milionaria nella fognatura, oggi la storia in Cina è diversa.