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 2013  ottobre 11 Venerdì calendario

MERCANTI DI SCHIAVI E TRAFFICANTI D’ARMI LE 1.700 «BRIGATE»


WASHINGTON — Sotto Muammar Gheddafi esisteva solo il raìs, poche le istituzioni. Il sistema si reggeva sul clan, le unità scelte, la repressione. Caduto il raìs, l’equilibrio di forze non è cambiato di molto.
A dettar legge e a condizionare il governo sono le milizie. Ne hanno calcolate 1.700, presenti lungo la fascia costiera, sulle montagne e nel sud. Alcune con un’agenda politica, altre disposte a servire chi paga meglio, dall’Arabia Saudita al Qatar. Essere un miliziano vuole dire incassare uno stipendio pagato con il budget statale, un assegno integrato spesso con i traffici illeciti. Armi, clandestini africani, pe etrolio, zucchero. Si dice che siano quasi 200 mila i membri delle varie brigate. Un numero sulla carta. Il denaro, secondo un vecchio costume, è consegnato in base alle liste presentate dai leader che, ovviamente, gonfiano i reparti.
A rendere tutto più fumoso i cambi di sigla, i salti di campo, i zig-zag dei signori della guerra. Famosa la «Brigata Scudo», presente in numerose città e subordinata al ministero della Difesa. E’ divisa in tre comandi regionali, raccoglie militari di provenienza diversa. Dipende dalla Difesa anche la «Sala operativa dei rivoluzionari di Libia», il reparto coinvolto nel sequestro del premier Zeidan. Al suo interno pesano molto gli ex esponenti del «Gilc», il movimento jihadista contiguo in passato ai qaedisti. Tra questi Shaaban Massoud, alias Abu Obeida al Jarrah. Nelle file della «Sala» sono confluiti numerosi miliziani provenienti dalla «Scudo» dopo contrasti interni. Le tensioni concedono opportunità, aprono spazi a tutti. L’ex premier Mahmoud Jibril conta sull’appoggio della Brigata «Qaaqa», dove si sono raccolti — secondo molti — soldati della tribù Werfalla molto vicini al deposto regime.
Sempre a Tripoli agiscono la «Brigata di lotta anticrimine» e il «Consiglio Militare» per molto tempo guidato da Abdel Hakim Belhaj, di ispirazione islamista. Nel quartiere dell’aeroporto e sul Jebel Nafousa, fanno sentire la loro voce gli ex guerriglieri di Zintan. I servizi occidentali li tengono d’occhio in quanto ritengono abbiano venduto materiale bellico ad «Al Qaeda nella Terra del Maghreb» e al famigerato guercio, il terrorista algerino Mukhtar El Mukhtar. I miliziani hanno poi in mano il figlio del dittatore, Seif Islam, prigioniero simbolo e leva per manovre politiche.
Spostandoci a Misurata, città segnata dal conflitto e oggi base di molti trafficanti di migranti africani, troviamo gli «Al Faroug». Gli uomini della Brigata risultano legati ai mercanti dei nuovi schiavi e badano ai loro affari. Ben più importante la «Sadun al Sawayli». Ha diviso le proprie forze tra Misurata e la capitale acquistando una certa autonomia rispetto alle autorità.
Tumultuosa la realtà nella Cirenaica sfregiata, quotidianamente, dagli attentati contro esponenti militari. Bengasi è un posto pericoloso. Per tutti, dai locali ai rappresentanti occidentali. In questo settore opera la «Brigata dei martiri del 17 febbraio», formalmente integrata nella Difesa. Quasi 3 mila soldati ai quali sono state spesso affidate missioni per riportare l’ordine. L’unità si è distinta anche per l’invio dei volontari in Siria al fianco degli insorti.
Ha fatto notizia di recente il «Consiglio militare di Cirenaica» capitanato da un libico d’origine ciadiana, Ibrahim Giadhran. Poche settimane fa è emerso che il boss ha ricevuto 30 milioni di dollari dalla Commissione Energia. Una tangente per togliere il blocco ai porti della regione orientale. Episodio che spiega bene come funzionino le cose in un’area così importante. Tra Derna e Bengasi si muovono alcune formazioni estremiste venute alla ribalta dopo l’uccisione dell’ambasciatore americano Christ Stevens a Bengasi. «Ansar al Sharia» di Sufian Bin Qummu, un passato nelle file di Al Qaeda e reinventatosi guardiano dei costumi. Avrebbe organizzato campi d’addestramento per islamisti. Poi ci sono la «Brigata dei martiri di Libia», sospettata di una lunga serie di omicidi, e la «Abu Salim» diretta da un veterano dell’Afghanistan, Salem Derbi.
Il proliferare delle milizie ha finito per aumentare l’insicurezza. E molte regioni del paese sono terra di nessuno. Nel profondo sud della Libia è cronica la rivolta di clan locali. Il triangolo al confine con Tunisia e Algeria è un santuario per i terroristi. Il 24 settembre gli americani hanno rivelato che equipaggiamenti sofisticati per milioni di dollari forniti dagli Usa alla Libia sono spariti. Parliamo di fucili, veicoli blindati, visori notturni. Un furto clamoroso. Con un’annotazione finale. Il quotidiano algerino Al Watan ha scritto che Al Libi, l’ex membro di Al Qaeda rapito dagli americani, sarebbe un agente doppio. Una talpa infiltrata per spiare gli estremisti. Provocazione o verità?