Damiano Iovino, Panorama 10/10/2013, 10 ottobre 2013
L’ITALIANO CHE VINCE TUTTE LE OLIMPIADI
[Marco Balich]
Se uno si presenta a un’intervista con una giacca rossa, o è un poliziotto canadese o è un controllore di Italo treno, oppure ha un ego smisurato. Marco Balich non è un agente della Royal Canadian mounted police e non fa il ferroviere, però è un creatore di eventi, uno dei migliori al mondo, l’italiano che ha rotto il monopolio anglosassone in un mondo dorato. Oggi è fra i pochissimi che possono vantare di avere diretto lo show televisivo più seguito al mondo, le cerimonie di apertura e chiusura dei Giochi olimpici. Quasi 3 miliardi di persone incollate al televisore, il doppio di quelle che seguono le finali del Campionato mondiale di calcio.
Balich ha esordito nel 2006 con le cerimonie delle XX Olimpiadi invernali, a Torino, e nel 2016 guiderà quelle di Rio de Janeiro in Brasile. Ama le sfide sin da ragazzo, quando a 17 anni decise di fare un anno di liceo a Chicago, in un’epoca in cui erano pochi ad avere il coraggio di lasciare casa per il mondo nuovo. «Una follia» ammette Balich «la stessa con la quale decisi di fare la regia delle cerimonie di Torino: sono un produttore, avevo creato uno staff con i migliori sul mercato, ci mancava un regista e allora ho deciso di farlo io». Non è un ego smisurato questo? Del resto cosa vi aspettate da uno che sa trovare 60 mila paia di scarpe rosse in un giorno, o fa muovere su un prato migliaia di volontari per creare una gigantesca immagine che lascia a bocca aperta miliardi di telespettatori? C’è qualcosa di Winston Churchill nello slogan «Vi prometto lacrime, pelle d’oca ed emozioni» con cui Balich presenta la sua attività, dichiarando che «la passione fa parte del dna italiano».
Veneziano di 52 anni, padre avvocato, madre inglese, docente di lingue all’Università di Ca’ Foscari, Balich ha cominciato per caso la sua carriera nel mondo dello spettacolo. «Era l’84, stavo per laurearmi in legge a Bologna, quando un amico mi propose di seguire il tour italiano dei Simple Minds. Non mi sono più fermato» racconta nella sede della Filmmaster events di cui è presidente, in un ufficio all’ombra dei nuovi grattacieli di Milano. «Lasciati i libri ho seguito 72 tour lavorando per Fran Tomasi, che con David Zard si divideva i gruppi più importanti. Ero un ragazzino, giravo in Mercedes, vivevo la “vida loca” delle rock star. Non c’era internet e i gruppi non salivano sul palco se prima non consegnavi la loro quota della serata» dice ricordando un episodio. «A un concerto milanese andai a prendere l’incasso: il cassiere era un nano, in piedi su una sedia davanti a un tavolo ricoperto di contanti già divisi in mazzette. A un certo punto tirò fuori un pistolone e lo poggiò tra i soldi. Non sapevo se fosse un film o un girone dantesco; era tutta scena, ma fino a qualche mese prima io ero solo un studentello». Dopo quelli che definisce «5 anni di rumba», Balich conclude la sua carriera di promoter con il concerto dei Pink Floyd a Venezia. «Venne fuori uno scandalo pazzesco, 300 mila persone da tutto il mondo, motociclisti vestiti di cuoio che dormivano nel campo sotto casa mia, la vicina che urlava che le avevano rubato i gerani per fumarseli... Era il 1989, a novembre cadde il Muro di Berlino; il mondo cambiava e io ho deciso di cambiare lavoro». Così è approdato alla Filmmaster: «Lavorare in una casa di produzione vuol dire mettere insieme il meglio di tante discipline» sottolinea Balich, che negli anni Novanta diventa uno dei protagonisti dell’industria dei videoclip.
Dopo una breve esperienza in tv, «dove non abbiamo fatto strada perché non abbiamo padrini politici», Balich entra nel mondo olimpico con la cerimonia della consegna della bandiera alla fine delle Olimpiadi di Salt Lake City 2002. «Ho sempre amato i Giochi, perché sono uno dei pochi eventi nei quali posso seguire in tv le gare di scherma, il mio sport preferito» spiega Balich, che dopo quell’esperienza ha candidato la Filmmaster events per Torino 2006. «Quell’evento ha segnato la svolta» racconta ancora pieno di entusiasmo. «Abbiamo dimostrato che possiamo valere quanto e più degli stranieri. L’anno scorso abbiamo curato l’evento per il lancio mondiale della nuova Golf in Costa Smeralda: un riconoscimento così, in questo momento, per noi vale un Oscar e una certificazione di qualità internazionale».
Alla Filmmaster events, controllata dalla Filmmaster group di cui Balich è socio, lavorano 52 persone, età media dai 30 ai 33 anni. Le persone di fiducia di Balich sono Lidia Castelli, «che si occupa del bello», e Alfredo Accattino, «che si occupa dei contenuti ». «Insieme cerchiamo il meglio per i nostri eventi» spiega Balich. «Gente come Mark Fisher, che progetta i palchi per i concerti degli U2 e dei Rolling Stones, e Doug Jack, che crea coreografie dove fa muovere con eleganza migliaia di persone. Abbiamo curato 13 cerimonie, sono andate tutte molto bene. Siamo stati fortunati e questo ci ha dato grande sicurezza».
Le cerimonie di apertura e chiusura delle Olimpiadi di Rio 2016 sono la prossima grande sfida. Ma per ogni evento la procedura è simile: «Vado sul posto con la mia squadra, poi ci riuniamo con il gruppo creativo, ognuno porta ciò che sa di quella nazione. Io lancio il tema e il tono della cerimonia, gli esperti traducono le mie idee in progetti realizzabili. Se propongo una danza di indigeni vestiti di led, la costumista studierà gli abiti che indosseranno, il musicista sceglierà le musiche e il coreografo creerà una danza contemporanea che però rispetti le tradizioni tribali: da questo mix esce un evento indimenticabile».
Le cerimonie olimpiche sono da sempre definite «il più grande tv show del mondo», seguito dal più piccolo villaggio africano fino a Buckingham Palace. A quelle estive assistono 2,8 miliardi di persone, a quelle invernali 2 miliardi, mentre la finale dei Mondiali di calcio è vista da 1 miliardo e mezzo di telespettatori e la consegna degli Oscar da 180 milioni di persone. Eventi di questo genere possono arrivare a costare 250 milioni di euro. Una cifra esagerata? Balich non è d’accordo: «Il Messico per la cerimonia del bicentenario ha investito 40 milioni di euro: a chi dice che sono troppi soldi contesto che un aereo da caccia come l’F35 costa 120 milioni. Vale di più celebrare l’identità di un paese o comprare 10 carri armati?».
Un po’ d’anima romantica è rimasta: per lui che fa muovere migliaia di persone, le più importanti sono i figli. «Viaggio molto, ma appena posso li accompagno a scuola. Poi, mollato l’ultimo in classe, scappo in motorino a Linate per acchiappare il mio aereo».