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 2013  ottobre 10 Giovedì calendario

SORDI “MAMMÀ DISSE: ’NDO VAI SENZA DI ME?”


Alberto Sordi, lei ha interpretato un certo tipo di connazionale furbacchione, opportunista, qualche volte vigliacchetto, pronto a tutto pur di sopravvivere. Una scelta sua o dei registi?
Quello che ho fatto l’ho tutto programmato. Dopo il successo dello Sceicco bianco e I vitelloni di Federico Fellini, ho capito che il pubblico gradiva che si rispecchiasse la realtà, voleva vedere l’interpretazione di personaggi veri.
Lei è convinto che gli italiani siamo proprio così come li ha interpretati?
A me è capitato di interpretare personaggi che avevo conosciuto, rispecchiavano la realtà della vita italiana all’epoca in cui facevo i film. Io li avevo visti così, qualche altro li avrà visti in un’altra maniera. Biagi, le racconto un episodio. È grazie al neorealismo di Vittorio De Sica che ho potuto proporre al pubblico personaggi che prima non sarebbero mai stati accettati, perché l’attore doveva tradizionalmente parlare un linguaggio da attore. Io, invece, parlavo il linguaggio della gente. La mia maestra di dizione a Milano mi disse: “Lei non diventerà mai un attore, se non si metterà in testa di parlare la lingua dell’attore”. Proposi a De Sica un mio soggetto che conteneva un personaggio che facevo alla radio, quello del boy scout e dei “Compagnucci della parrocchietta”: “Mamma mia, che impressione!”. Lui decise di produrlo e lo sceneggiammo insieme con Cesare Zavattini. Il film andò molto bene. Allora mi dissi: “Se il pubblico accetta le mie proposte, io inizio una carriera che non finirà mai.”
Cosa ha rappresentato De Sica nella sua carriera?
Devo tutto a lui. De Sica è nella mia mente. Ho la sensazione, quando penso a lui, di aver appena attaccato la cornetta del telefono.
In teatro lei faceva il giovanotto che voleva essere scritturato da Wanda Osiris: aveva il bolerino d’argento?
Dicevo: “Mi permetta Wanda Osiris, io sono giovane, canto, ballo e recito pure. Ho il frak, la giacca bianca e il bolero…”
C’è un segreto per fare ridere?
Sì, fare le cose sul serio.
Crede che gli italiani in questi ultimi anni siano cambiati?
Tutto è diverso da quaranta, cinquanta anni fa: il modo di vivere, lo stesso comportamento si è modificato. Oggi si vive seguendo i dettami di questo sfrenato consumismo che la televisione propone. Tutti quanti credono di dover vivere in quel modo lì. Questo non permette più di fare riflessioni e di commentare: “Mah!”, di fronte a ciò che accade.
C’è chi è orgoglioso di essere italiano e chi, invece, non ne vorrebbe sapere. Lei come si sente?
Orgoglioso. L’Italia è il Paese più bello del mondo, è vero che gli italiani a volte si comportano da “furbi”, ma gli altri non hanno l’intelligenza, la fantasia e le capacità degli italiani. Quando ci dedichiamo a un lavoro che ci piace siamo straordinari. Gli americani che vengono a fare il cinema in Italia, si stupiscono sempre. Tutto ciò che è costruzione, una struttura da improvvisare, che per loro è un problema, e pensano, pensano, i nostri macchinisti la risolvono con due pezzi di legno e poco altra roba: “Ecco dotto’, fatto” e gli americani: “Già fatto?”.
Chi è il personaggio storico che le piace di più?
Garibaldi, perché mi fa molto ridere.
Scusi, perché Garibaldi la fa ridere?
Per come si vestiva, più che una divisa militare sembrava che indossasse un costume. Mi diverte come è stato rappresentato nei dipinti: mette molta allegria. L’ho sempre considerato un personaggio leggendario che ha contribuito all’unità d’Italia, anzi l’Italia l’ha fatta lui. Poi non so se ha fatto bene o male, se era giusto o sbagliato unificarla. A questo proposito, l’ho sempre pensato come un detective privato che ha preso delle iniziative senza che nessuno glielo chiedesse.
I francesi hanno come motto: “Libertà, uguaglianza, fraternità”; gli americani: “Crediamo in Dio”; gli inglesi: “Dio salvi la regina”. Longanesi propose: “Tengo famiglia…”. Lei avrebbe qualche altra idea?
“Tengo mamma”, perché siamo un Paese di mammoni.
Chi è un politico che le piace?
Giulio Andreotti, perché è sempre dalla parte di Roma. Lo feci recitare in un mio film: Il Tassinaro, nella parte di se stesso. Sale sul mio taxi e parliamo della Roma che ha vinto lo scudetto, poi dei problemi dei giovani laureati che non trovano lavoro, mi permetto, da uomo che vive sulla strada, di dargli qualche consiglio.
E uno che non le va?
Tutta la politica non mi va. Lo dico anche ad Andreotti nel film: “Onorevole ci sono tanti suoi colleghi che dicono: ‘Famo, famo’, poi non fanno niente”.
Lei è molto religioso.
Sì, credo senza discutere. Ho ricevuto un’educazione cattolica dai miei genitori, soprattutto da mia madre, che voleva che frequentassi l’Azione Cattolica e che stessi vicino alla chiesa. Quindi credo fermamente.
Qual è il peccato più grave?
È difficile da dire se è un peccato o no, ma per me è la bugia, anche se in certi casi, soprattutto quando si parla di donne, se uno si pente e racconta la verità rischia di creare complicazioni più gravi della stessa bugia.
Lei ne ha dette molte di bugie di quel genere?
Sempre. Non ho mai detto di avere avuto una relazione con una donna. Mai in vita mia! Solo Cristo poteva permettersi di non dire bugie. Un gentiluomo quando gli fanno una certa domanda deve rispondere con una bugia.
Cosa sono state le donne per lei?
Tutto. Alle donne devo la vita, perché io sono stato molto corteggiato. Giovanissimo entrai in una grande compagnia di rivista di Guido Riccioli e Nanda Primavera, ero già un bel giovane. Facevo il ballerino di fila con quarantadue ballerine che venivano da tutto il mondo, più dieci soubrette. Vivevo in un Eden popolato da donne bellissime. Biagi, ho bruciato tutte le tappe della sessualità. Sono sempre stato circondato da donne. Forse non mi sono sposato perché non ho mai avuto la necessità di avere una compagnia.
Lei è stato amato da una grande attrice, Andreina Pagnani. Neanche con lei ha mai pensato al matrimonio?
Per la verità oltre ad essere una grande attrice era una grande signora, molto importante per me. Non ha fatto mai cenno al matrimonio, si figuri se io proponevo ad Andreina Pagnani di sposarla. Sono stato sempre sincero con le donne con cui ho avuto una relazione. Nei rapporti tra uomo e donna ho precorso i tempi.
Il tempo è passato: lei ha dei rimpianti?
Ho il rimpianto di non essere più giovane.
Come riesce ad essere sempre allegro?
Nascondendo la tristezza. L’unica volta che recito non davanti alla macchina da presa lo faccio quando non voglio manifestare tristezza. Lo faccio per non coinvolgere gli altri. Ho capito con gli anni che agli altri non importa nulla delle mie tristezze, è tutto di facciata. Per questo non mi confido mai e dico sempre: “Tutto bene, tutto bene”. Ho imparato a tenere dentro di me il dolore.
Sordi, lei per la Rai ha interpretato magistralmente la parte don Abbondio nei Promessi sposi. Don Abbondio è un peccatore, pecca di paura.
Biagi, la paura non è un peccato. La paura è lo stato d’animo di una persona normale. Perché è normale aver paura. Anzi, io credo più a quelli che hanno paura che a quelli che sono coraggiosissimi e che ti spingono, magari, a fare qualche follia.
Lei l’ha avuta qualche Perpetua nella vita?
Io sono stato cullato dalle perpetue perché sono rimasto sempre nella mia famiglia originale, con molte donne: due sorelle e mia madre. Non ho mai lasciato casa anche quando, giovanissimo, avevo sedici anni, cominciai a fare teatro. Mi chiesero dove abitavo, e io risposi “A Trastevere, con i genitori”. “Coi genitori? Che stai a casa con mamma e papà? Ma come un attore sta a casa con mamma e papà!”. Allora una sera, mentre si cenava tutti quanti insieme, mia madre stava servendo la minestra io dissi: “Adesso sono attore e dovrei andare a vivere da solo!”. Cominciai a mangiare in attesa di sentire che cosa ne pensavano loro. Non mi rispose nessuno. Si passò al secondo e quando mia madre mi venne vicino, io le dissi: “Mamma hai capito, devo andare a vivere da solo!”. “Sì ho capito, ma ’ndo vai?”. Io cominciai a mangiare a testa bassa e mi chiesi: “’Ndo vado?”.