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 2013  ottobre 10 Giovedì calendario

LO SCIVOLONE DI MARINO SUL NUOVO CAPO DEI VIGILI


AVEVA scelto come nuovo capo dei vigili di Roma un ufficiale dei carabinieri che ha tre lauree ed è dunque ideale per un ufficio studi ma, come ha stabilito l’Avvocatura costringendolo poi a dimettersi, non ha sufficienti titoli di comando. E con questo suo ultimo pasticcio Ignazio Marino ha esaurito il credito che gli era dovuto perché è di sinistra e perché ha sconfitto Alemanno.

IN UN solo colpo infatti il sindaco ha ridicolizzato l’arma dei carabinieri, il corpo dei vigili urbani, il diritto amministrativo, la sapienza giuridica del capo di gabinetto, e per finire anche la parola curriculum sulla quale pedala più che sulla sua stucchevole bicicletta.
Venerdì scorso Marino ha dunque presentato alla stampa il colonnello dei carabinieri Oreste Liporace, scelto «tra 99 curricula» per «la straordinaria preparazione scolastica». E si capisce che a un amante dell’America come il sindaco ex chirurgo, che ha operato a Pittsburgh e a Filadelfia, un capo dei vigili urbani con tre lauree, un master, un diploma di consgliere giuridico e un’abilitazione come commercialista, deve essere sembrato una specie di Clint Eastwood colto, uno sceriffo di pensiero e un professore di azione.
Convinti dunque di avere trovato l’incrocio tra Norberto Bobbio e il generale Dalla Chiesa, il sindaco e i suoi uffici (tutti plurilaureati?) non si sono accorti che Liporace è colonnello dal gennaio scorso e dunque è dirigente solo da nove mesi e non dai cinque anni richiesti dal regolamento e specificati dallo stesso Marino nel suo avviso pubblico, nella sua richiesta di curricula, che sono l’ossessione sua e dei grillini.
Ebbene, nonostante tutto, il nostro primo pensiero è stato: non impicchiamo il sindaco ai dettagli e agli eccessi della burocrazia. Tanto più che un ufficiale dei carabinieri poteva davvero essere una buona scelta per mettere ordine nel corpo dei 6.300 pizzardoni romani che non sono solo la faccia bonaria di Roma, l’autorità comprensiva che non fa mai paura, ma sono anche considerati, e magari a torto, come i campioni della piccola corruzione e del ricatto al mondo del commercio e dell’edilizia, sicuramente inefficienti nella gestione del traffico, spesso sbracati... E si capisce che c’è molto pregiudizio, ma certo è duro immaginare il pizzardone come il piccolo eroe urbano che calma le risse, come la divisa sempre amica, anche se tutto è possibile dopo averli visti arrancare in bicicletta dietro la bici del sindaco, fisicamente costretti nel ruolo ancillare di ciclo-moschettieri per la foto sui giornali. E vale la pena ricordare che la Panda rossa del sindaco, che abita in centro, è stata fotografata nel parcheggio del Senato, dove non doveva più stare.
Comunque è davvero bizzarro pensare a un carabiniere nella pelle di un vigile romano. E basta notare che nel cinema italiano, nonostante le barzellette, il carabiniere è stato reso famoso dall’eleganza di Vittorio De Sica mentre il vigile romano deve tutto alla goffaggine di Alberto Sordi. E infatti nel film Pane amore e gelosia quando il sindaco di Sorrento annunzia alla cittadinanza che «il maresciallo dei carabinieri in congedo Carotenuto cavaliere Antonio è il nuovo comandante delle guardie municipali», Vittorio De Sica si tormenta per avere abbandonato la sua bella divisa carica di storia e avere indossato quella ben più modesta del vigile. E si vergogna al punto da farsi alla fine disegnare una uniforme tutta per lui. E quando la sua perpetua in armi Tina Pica, “carabiniera” per affinità elettiva, gli dà del «vigile! », si mette a caccia di eufemismi e la corregge: «Metropolitano, prego».
Certo, Vittorio De Sica non passava, come legittimamente accadrebbe a Liporace, da un stipendio lordo annuo di circa 70mila euro a uno di 190mila.
Per la verità ci aspettavamo che il sindaco chiedesse scusa e ritirasse la candidatura di Liporace invece di sfidare i vigili urbani e legittimare le loro proteste sindacali, sino alla lettera giustamente indignata che gli hanno indirizzato ben 25 dirigenti. E certo l’Arma dei carabinieri non c’entra nulla, ma è sicuro che hanno fatto un richiamino ufficioso al colonnello che rimane un carabiniere, anche se aveva chiesto e non ancora ottenuto l’aspettativa dal ministero della difesa. E non si tratta qui di disciplina ma di opportunità e di eleganza militari. Si possono dare infatti le dimissioni anche da cariche non ancora ricoperte, basta dire «ringrazio, ma non mi presto».
E invece per troppo tempo Liporace si è intestardito: «Non mi ritiro, ognuno si prenda le sue responsabilità ». E mettendo a frutto i suoi blasonati diplomi si è applicato nel distinguere tra avviso e bando, ha spiegato che nessuno è parte offesa perché non c’è un secondo classificato visto che non c’è graduatoria, e che non si sarebbe dimesso visto che non lo avevano ancora nominato, anche se per la verità aveva già ordinato la tinteggiatura dell’ufficio dove aveva fatto scaricare gli scatoloni del trasloco con le carte, le foto di famiglia e le sue cose più care. Solo ieri, alle nove e venti di sera, si è arreso all’evidenza: «Tolgo la mia disponibilità a ricoprire l’incarico».
Di sicuro hanno ragione i carabinieri che, a differenza di Marino, sanno leggere i curricula e pensano che l’abbondanza di dottrina, che è una rara magnificenza se la si sa impiegare, in genere corrisponda ad una mancanza operativa. Liporace ha comandato una compagnia impegnativa a Castellamare di Stabia e poi ha maturato i suoi meriti a Castelgandolfo e negli uffici del ministero della Difesa e del comando generale dell’arma. Marino, che davvero non lo conosceva prima, lo aveva scelto tra 99 candidati tra i quali comandanti ed ex comandanti dei vigili urbani di Firenze, Torino, Forlì, il vicequestore Raffaele Clemente, l’ex pubblico ministero Carlo Lasperanza...
È dunque tempo di mettere in fila tutti i pasticci di demagogia di Marino, comprese le 75 assunzioni nello staff e nell’ufficio stampa e proprio mentre Rosario Crocetta in Sicilia licenziava i suoi 86 giornalisti. Marino giri pure in bicicletta se gli piace, ma sia meno goffo nella battaglia contro la minaccia del fallimento economico, cominci a fare qualcosa contro la sporcizia e il degrado del centro storico sempre più pittoresco terzo mondo, contro i finti centurioni e la mafia della cartellonistica abusiva che di nuovo ha invaso Roma come dimostrano ogni giorno le immagini messe in rete da www.romafaschifo.it. E si ricordi della manutenzione ordinaria e della povera gente che sempre più dorme per strada dentro i cartoni. L’inverno sta arrivando anche per lui: dopo aver svelato il sindaco macchietta sullo spalaneve potrebbe innevare di ridicolo anche il sindaco che pedala sui curricula.