Aurelio Magistà, la Repubblica 10/10/2013, 10 ottobre 2013
ALLA RICERCA DEL CAFFÈ PERFETTO
Gli italiani esperti di caffè? Vero e falso. Clamorosamente falso perché fino a pochi anni fa solo pochi appassionati sapevano la differenza tra Arabica e Robusta, o conoscevano le varietà di caffè. Del resto, con i nostri 5-6 chili annui pro capite, non siamo certo tra i primi consumatori: considerato che al vertice ci sono i finlandesi con circa 12 chili, e molti altri paesi ci superano. Clamorosamente vero perché le macchine che hanno ottimizzato la preparazione del caffè sono tutte italiane, e quindi il nostro è un primato tecnologico che pone al vertice la macchina da bar: in tutto il mondo il modello di riferimento resta quella inventata dal barista milanese Achille Gaggia nel 1938.
Poi la macchina da bar è stata declinata nella versione da casa, che negli ultimi anni è diventata un vero e proprio boom, fino a oscurare lo storico successo internazionale della moka. All’inizio le macchine domestiche erano ingombranti, lente, complicate da usare e il risultato era mediocre. Adesso sono straordinariamente migliorate. Pochi sanno che tutte, sostanzialmente, fanno riferimento a un unico standard, una serie di fattori che perfezionati e assommati nel modo migliore compongono la formula del caffè perfetto. «La perfezione non si raggiunge mai», spiega Marcello Arcangeli, chimico per formazione e massimo esperto di Lavazza, «ma l’evoluzione delle macchine, cominciata da Luigi Bezzera e da Achille Gaggia, è diventata così veloce che ci avviciniamo sempre di più. Il momento chiave di questa evoluzione è stato il salto dal passaggio gravitazionale dell’acqua a quello a pressione. Nel caffè con il filtro all’americana l’acqua viene fatta passare per gravità nella miscela». Un procedimento analogo, anche se migliorato, è quello compiuto con la napo-letana, in cui l’infusione per gravità avviene all’interno di un sistema chiuso, che riesce a mantenere più elevata la temperatura. «Poi le ricerche ci hanno portato a una macchina da bar in cui il caffè è estratto facendo passare l’acqua attraverso la miscela a una pressione molto elevata: le professionali da bar intorno alle 9 atmosfere, quelle da casa, che usano tecnologie diverse anche fino a 15 atmosfere». Per le macchine domestiche l’espresso da bar resta l’ideale da raggiungere. Per evolversi hanno dovuto migliorare riducendo il tempo di riscaldamento e superando altri difetti. «Ogni mattina», spiega Arcangeli, «il barista fa alcuni caffè a vuoto, di avviamento. Era impensabile che a casa si facesse lo stesso. Un altro problema era rappresentato dalla mancanza di esperienza: la macinatura, la quantità di caffè, la pressatura sono dettagli fondamentali che il barista impara con il tempo. Le prime macchine domestiche richiedevano questo tipo di competenza, che però quasi nessuno aveva. Senza contare i problemi di pulizia». La soluzione è arrivata con le cialde di carta e, poi, con le capsule. «Le capsule risolvono tutti questi problemi: qualità, quantità, macinatura e pressatura sono predeterminate ». Inoltre, il caffè resta sigillato fino all’uso, preservando umidità e aromi. Basta caricare e premere un bottone.
A questo punto si tratta di dettagli, per quanto importanti, e di varianti. Illy, per esempio, che con le sue macchine domestiche offre un caffè straordinario, con una tecnologia coperta da cinque brevetti che ha voluto definire Iperespresso: «Il caffè», spiegano dalla casa, «passa attraverso due fasi: l’iperinfusione e l’emulsione. La doppia articolazione assicura un’estrazione ottimale di tutti gli aromi del caffè». Il perfezionamento delle tecnologie e il boom delle macchine domestiche ha aperto orizzonti impensati, fino a fare del caffè una vera e propria moda. Lavazza e illy propongono capsule con diversi varietà, miscele e aromi, ma il vero maestro è Nespresso. Che ha saputo creare un nuovo bisogno diventando quello che potremmo definire un “sarto” del caffè. «Partendo dal desiderio di offrire un espresso di qualità anche a casa », spiega il direttore marketing Floriane Novello, «siamo cresciuti insieme ai nostri clienti. Abbiamo capito che lo stesso caffè è diverso per ciascuno, perché il gusto è soggettivo, e addirittura cambia durante la giornata o in abbinamento ai diversi cibi. Ne abbiamo tratto le conseguenze, ampliando continuamente l’offerta. Lo scorso anno avevamo 16 grand cru. Adesso 21, e continuiamo ad ascoltare i nostri clienti». Un filo diretto a doppio scambio: Nespresso sonda i gusti dei consumatori e modifica continuamente l’offerta. I consumatori diventano sempre più consapevoli e competenti. E il caffè finisce per diventare un fenomeno-moda, con gusti limited edition che entrano tra quelli standard solo a grande richiesta, e negozi, chiamati non a caso boutique, dove luci soffuse e atmosfere ovattate sono identiche agli showroom di Prada ed Hermès: chi entra si sente davvero un po’ speciale. Proprio come il caffè che, finalmente, possiamo bere anche restando a casa.